La diocesi di Napoli avvia il Sinodo: pronti ad un ascolto "coraggioso" di tutti
Gabriella Ceraso - Città del Vaticano
Ascoltare e condividere per portare a tutti la gioia del Vangelo: questo è il senso del percorso sinodale che a livello universale è stato aperto dal Papa, il 9 e il 10 ottobre scorso, mentre a livello diocesano è stato avviato a partire da domenica 17 ottobre con modalità di consultazione specifiche su tutto il territorio. A Napoli la celebrazione iniziale con l'arcivescovo monsignor Domenico Battaglia è prevista per oggi. Non dunque un evento ma un processo che si concluderà con la fase continentale nel 2023 dopo aver coinvolto tutto il popolo di Dio capillarmente. Questa la novità sostanziale che interpella tutti i battezzati credenti e la Chiesa in sè come spiega don Gennaro Matino, pro vicario generale dell’Arcidiocesi di Napoli incaricato per il Sinodo dall'arcivescovo Domenico Battaglia. Sarà "una sfida" per il territorio partenopeo, un esercizio di corresponsabilità di cui don Gennaro non nasconde le difficoltà ma rilancia due parole "testimonianza" e "martirio":
Don Gennaro, che ne pensa innanzitutto di questa novità sorprendente di organizzazione territoriale del Sinodo voluto dal Papa?
Io credo che Papa Francesco abbia individuato in maniera chiara qual è il percorso di una Chiesa, popolo di Dio, così come ce la racconta la Lumen Gentium del Vaticano II. Ed è per questo che, volendo riproporre in maniera chiara e forte, il messaggio conciliare, Papa Francesco parte proprio dalla necessità di coinvolgere il popolo, che è l’essenza della Chiesa, perché partecipi, perché si renda protagonista del suo destino. È una rivoluzione che aveva annunciato, prefigurato, sognato già il Concilio Vaticano II ma che poi nel tempo in qualche modo, si era un po' raffreddata. E siccome i tempi sono maturi per dare significato sempre di più alla presenza della Chiesa in contesti temporali e spaziali nuovi, e allora è bene che la Chiesa si interroghi e interroghi la sua base.
A proposito di interrogare: il percorso sarà proprio un lasciar emergere la voce dei credenti, il modo in cui loro vedono la Chiesa e le tematiche che vorrebbero trattare. Sarà un esercizio di corresponsabilità. Come lo avete pensato per l'Arcidiocesi di Napoli?
Con la guida dell'arcivescovo Battaglia abbiamo voluto dare seguito all'appello del Papa in comunione con i vescovi e le altre comunità locali, italiane e del mondo. E quindi inizieremo il nostro percorso sinodale. Lo abbiamo immaginato in due parti come si può evincere dal documento preparatorio al Sinodo. E cioè quella prima fase che è richiesta alla chiesa locale - che va da domenica 17 ottobre fino a Pasqua del 2022 - in comunione e ascolto, per organizzare il nostro contributo alle esigenze della sinodalità e per tentare di riscoprire la responsabilità che ciascuno ha di essere e costruire la comunità. Camminare insieme e recuperare appunto il significato profondo di essere popolo di Dio. Ma poi, dalla Domenica in Albis del 2022, entreremo anche nel nostro Sinodo diocesano, il trentunesimo, che ci porterà a riorganizzare l'essere Chiesa sul territorio, per dare seguito al percorso sinodale nel ripensamento generale di tutta la pastorale della chiesa locale. Vorrei però aggiungere che questa chiamata del Sinodo è in primis rivolta ai battezzati e ai credenti, ma l’obiettivo è anche coinvolgere tutti coloro che vogliono condividere con noi un tratto di strada con l’umiltà dell'ascolto e non certo con la presunzione di convertire. Coloro cioè che desiderano essere insieme a noi compagni di viaggio di una stessa avventura.
Per un territorio come quello dell'Arcidiocesi di Napoli, difficile a volte complesso nelle sue realtà sociali, lo abbiamo visto di recente nelle parole forti rivolte dal vostro arcivescovo alla criminalità organizzata. Come parlare e soprattutto come porsi in ascolto di tutti?
Vorrei innanzitutto citare le risorse della nostra Chiesa, la sua bellezza. Siamo in un territorio bello, ricco di esperienze, di eroi, di santi, di preti in prima linea, di laici coraggiosi credenti o meno, che vivono con entusiasmo e con sofferenza la passione di questa terra. Certo questa terra è piena di contraddizioni: è bellissima e allo stesso tempo presenta nevralgiche condizioni di malattia. Ed è per questo che l’appello del Sinodo sarà quello di rimettere al centro i temi fondamentali della speranza, della fede, l’entusiasmo della nostra carità, per essere pronti a dare ragione della nostra fede, ma anche per dialogare con tutti gli uomini di buona volontà che sognano di costruire insieme una realtà umana diversa. D'altronde Papa Francesco nella Laudato si’ immagina questo dialogo orizzontale, così come deve essere il Sinodo, un dialogo orizzontale perché gli uomini, prendendo coscienza del loro essere, trasformano il loro contesto e il loro tempo. Sappiamo che esiste una parte di questa nostra terra che è compromessa dal male e bene fa il nostro vescovo ad evidenziarlo. Ma lo evidenzia non solo nel grido agli operatori del male a convertirsi, ma anche nella prossimità agli esclusi, agli scartati, mettendoli al primo posto come protagonisti di questa avventura. Quali parole usare dunque? Sicuramente le parole più significative oggi sono “ascolto” e “dialogo” con tutti, anche con chi non si sente convocato perché, forse, diverso per opinione e per stile di vita. Parlo per esempio di chi fa esperienza della criminalità. Ma anche per loro c'è un ascolto e un dialogo per poi lanciare una sfida significativa, perché parola e dialogo poi si intrecciano con il “coraggio”. Questo è un nuovo termine che come Chiesa vogliamo recuperare: il “coraggio della profezia” e la “testimonianza del martirio”, perché in questo nostro tempo abbiamo bisogno anche di lanciare una sfida di significato.
Il Papa chiede in questo percorso sinodale anche alla Chiesa di smuovere le sue abitudini ecclesiali, quelle acquisite, cercando mete e strade nuove. Non blindarsi quindi nelle certezze, non chiudere i cuori, non avere una fede meccanica. Sarà per voi una sfida a livello territoriale e come chiesa diocesana?
Questa è la sfida perché, al di là delle parole che si possono dire, al di là delle riunioni che si possono fare, poi bisogna sognare una nuova possibilità di essere presenti nella realtà. Già Papa Francesco in due momenti decisivi aveva lanciato questa sfida e sono passati anni. Lo aveva fatto a Verona, quando nel Convegno ecclesiale chiedeva alla Chiesa italiana di ripensare se stessa, e poi nell’Evangelii gaudium quando il Papa dice che sogna una Chiesa che sappia mettersi in discussione, che rimetta in discussione le strutture, i proprio orari, i modi di pensare e di organizzare il proprio quotidiano. Ed è meraviglioso questo: è da qui che parte la sfida della Chiesa in uscita. La Chiesa non può essere un museo e noi non possiamo essere i custodi del museo da visitare. La Verità è vita, è coinvolgente e va annunciata dai tetti: per questo il Papa ha voluto questo sinodo proprio sulla sinodalità. Occorre ripensare se stessi come popolo per riorganizzare un nuovo modo di essere Chiesa.
Il primo appuntamento che attende la diocesi di Napoli nel percorso sinodale quale sarà?
Noi abbiamo scelto come inizio di celebrazione del Sinodo diocesano, non domenica 17 come in molte altre città, ma lunedì 18 per ricordare - come dice il nostro arcivescovo - che bisogna recuperare una “ferialità della Fede” e non consegnare tutto alla celebrazione domenicale. Dunque iniziamo oggi e cominceremo con una Commissione di studio che è stata scelta dall’arcivescovo per creare tutti i presupposti perché il Sinodo funzioni e cioè un regolamento, dei percorsi, dei processi, dei documenti. Poi, di volta in volta, incontreremo tutte le realtà ecclesiali e avremo un confronto anche con i non credenti, con le diverse confessioni religiose, con i vari mondi del sociale - che sia il lavoro, la scuola, il mondo dello spettacolo, dello sport e quant'altro - per far emergere due cose fondamentali, quale sarà il titolo del nostro Sinodo diocesano e quale l’icona che lo rappresenterà. Tutto emergerà da questa prima fase di ascolto che convergerà poi nel Sinodo e nel ripensamento globale del nostro essere Chiesa locale.
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