Sandra Sabattini: Guido, il fidanzato di allora, “lei è un dono per la Chiesa"
Benedetta Capelli – Città del Vaticano
Sandra era immersa in una relazione limpida e intensa con Dio. Viveva ogni istante con profonda gioia. Gustava tutto l'universo, scoprendone ogni bellezza assieme a Lui. Lei viveva tesa verso l'Infinito, la Luce, il Mistero, l'Amore.
Sembra quasi di sentire l’accento romagnolo di don Oreste Benzi, servo di Dio e fondatore della Comunità Papa Giovanni XXIII. Quell’accento che lo caratterizzava e quello sguardo profondo e profetico che in quella ragazzina di 12 anni, che incrociò per la prima volta a Rimini, vide già su di lei il disegno di Dio. C’era lui dentro l’ambulanza che portava Sandra Sabattini in ospedale dopo essere stata travolta da un’auto. C’era lui a celebrare il suo funerale e nell’omelia disse che Sandra aveva compiuto ciò che il Signore le aveva chiesto. Quel “tutto è compiuto” che Gesù sussurrò sulla croce, don Benzi lo riporta anche ai genitori di Sandra, Pino e Agnese. “Avete svolto la vostra missione perché – dice - l’avete riconsegnata al Signore, lo scopo della vita infatti è essere in Dio”.
La vita vera è con Dio
Sandra, che era nata il 19 agosto 1961 a Riccione da una famiglia cattolica praticante, fin da piccola aveva coltivato un rapporto di amore e amicizia con Gesù, complice anche la vita in canonica a Rimini, nella parrocchia di San Girolamo, retta dallo zio don Giuseppe, fratello della mamma. La sua fede come un germoglio comincia a crescere, ad alimentarsi della preghiera e dell’adorazione, a diventare a sua volta nutrimento per i fratelli più dimenticati. Ad accompagnarla nel cammino intrapreso sono i fogli sui quali scrive appunti e pensieri che diventeranno, dopo la morte, il suo lascito più grande.
C’è bisogno di santi
L’incontro con don Oreste è la fioritura di quel germoglio. Nella Comunità Giovanni XXIII si spende nel servizio per i disabili e per i tossicodipendenti mentre prosegue gli studi e all’università, non senza un lungo discernimento, sceglie di iscriversi a medicina. A 21 anni scrive:
Se veramente amo, come sopportare che un terzo dell’umanità muoia di fame? Mentre io conservo la mia sicurezza o la mia stabilità economica? Facendo così sarò una buona cristiana ma non una santa! Oggi c’è l’inflazione di buoni cristiani mentre il mondo ha bisogno di santi!
“Non è mia questa vita”
Nel 1979 Sandra conosce Guido, si prendono per mano e continuano a vivere la realtà della Comunità, senza isolarsi ma trasferendo nel fidanzamento la disponibilità e l’amore per gli altri, tanto da far dire a Sandra che ciò che vive per lui, lo vive anche per il prossimo, “sono due cose compenetrate, allo stesso livello, anche se con qualche diversità”. E’ insieme a Guido e all’amico Elio quando avviene l’incidente ad Igea Marina, il 29 aprile 1984, ottava di Pasqua. Scende dall’auto e una macchina travolge lei e il suo amico, Sandra è in condizioni gravissime. Trasferita all’ospedale Bellaria di Bologna, muore dopo tre giorni di coma.
Il 27 aprile 1984 sul suo diario appuntava:
Io e Sandra…
Guido Rossi, il fidanzato di allora, in prossimità della sua beatificazione, racconta così l'esperienza vissuta con Sandra:
Guido, come è ripresa la tua vita dopo la perdita di Sandra?
La mia vita è stata segnata da Sandra sia con la sua vita che con la sua morte. Dopo un periodo non privo di difficoltà, ma sicuramente bello e profondo, mi sono ritrovato improvvisamente come con due case in rovina, quella della sua famiglia e la mia, mentre tutto il resto rimaneva in piedi… Mi hanno aiutato moltissimo e ancora sono vivi il legame e l’affetto della sua famiglia. Mi hanno sostenuto tanto i sacerdoti e i fratelli della Comunità Papa Giovanni.
Manca poco alla beatificazione di Sandra, la fidanzata, come la chiamava don Benzi. Tu le sei stato accanto anche il giorno dell’incidente, negli ultimi suoi momenti. Cosa è accaduto dopo? Chi è oggi Guido?
Rispondo alle domande solo per il pensiero che Sandra è della Chiesa. Sono sposato e il Signore ci ha fatto il dono di due figli meravigliosi. Ho sentito la vocazione al diaconato, che mia moglie, con grandissima generosità, ha assecondato.
Come accogli e cosa senti in questo momento importante per la Chiesa e per la Comunità Giovanni XXIII?
Penso ai grandi doni e alla grande misericordia del Signore che non ci lascia mai soli anche quando pensiamo di camminare da soli, mentre è lui che ci porta in braccio, come era scritto su una porta di una chiesa di Gubbio che visitai con Sandra. Penso a don Oreste e associo questo momento alla sua grandissima gioia quando la Comunità Papa Giovanni XXIII ha avuto il riconoscimento pontificio. Don Oreste amava ripetere la frase del Salmo: “il tuo volto Signore io cerco”. Ecco ora Sandra vede il Suo volto.
Vivendole accanto, hai avvertito la sua santità? L’hai definita “un dono e un modello” ma hai anche confessato che a volte provavi fastidio per questa sua completa dedizione agli altri…
Ho provato difficoltà, non fastidio, a stare al suo passo. Ma posso testimoniare la sua ricerca di coinvolgermi o meglio di scegliere assieme, e questa sua chiarezza nel ricercare sempre non il fare, ma la volontà del Signore. Mi colpiva il suo modo gioioso e profondo di guardare la vita e il suo affidarsi nei fatti al Signore.
Rileggendo quello che scriveva, ripensando negli anni al vissuto con lei, ritieni che ci siano alcuni suoi aspetti che ti hanno condizionato o cambiato? Penso al tuo rapporto con Dio e con la fede…
E’ stata una esperienza umana bella, perché mi ha mostrato come saper ringraziare dei doni ricevuti, è stata una esperienza di fede vissuta perché lei ha cercato di insegnarmi come offrire con fiducia questi doni.
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