La buona pratica di un’agricoltura sostenibile che crea lavoro
Giada Aquilino – Città del Vaticano
Uno sguardo “che afferma la realtà come dono” e non come “qualcosa da depredare, da sfruttare all'osso” per poi essere distrutta. Monsignor Filippo Santoro, arcivescovo di Taranto, evoca lo sguardo contemplativo di San Francesco d'Assisi richiamato nell’enciclica Laudato si’ come “punto di partenza” della 49.ma Settimana Sociale dei cattolici italiani, che si muoverà pure nel solco tracciato dalla Fratelli tutti: dal 21 al 24 ottobre prossimi infatti oltre 140 vescovi, 670 delegati di 218 diocesi, esperti, esponenti del mondo politico, civile e culturale dialogheranno sul tema: “Il pianeta che speriamo. Ambiente, lavoro, futuro. #tuttoèconnesso”, con l’obiettivo di riflettere su un nuovo modello di sviluppo e sull’avvio di una transizione ispirata dalla prospettiva dell’ecologia integrale.
Lavoro e ambiente
Il presidente del comitato scientifico organizzatore delle Settimane Sociali, incontrato nei giorni scorsi a Bari in occasione del Forum dell’Informazione cattolica per la custodia del creato organizzato da Greenaccord, ricorda come l’ultima edizione delle Settimane Sociali, svoltasi prima dell’emergenza pandemica nel 2017 a Cagliari, avesse come tema: “Il lavoro che vogliamo”.
“Lavoro e ambiente - spiega a Vatican News - sono due temi strettamente connessi, sono i due grandi temi che viviamo particolarmente in maniera sofferta a Taranto, per la questione dell'ex Ilva e per un inquinamento ambientale che ha prodotto molte morti, di bambini, di adulti, con il conseguente problema anche lavorativo”. È arrivato il momento, evidenzia, in cui è necessario
“mettere un fine, dire basta, stop alla devastazione ambientale: questo è essenziale e in altri Paesi è già stato possibile realizzarlo”, anche con industrie siderurgiche “vicine alla città”. “Ci sono grandi possibilità legate - evidenzia - all'innovazione tecnologica: sostituire il ciclo del carbone con fonti alternative, come il gas, l’idrogeno. E con i fondi del Recovery Plan tutto questo è possibile” ed è “vitale sia per la cura della salute, che è il primo bene, sia per la cura del lavoro, che serve per mantenere la vita”.
Realtà virtuose in primo piano
Per l’appuntamento di Taranto, che vuole essere un cammino di popolo come indica l’Instrumentum Laboris, si sono confrontate tutte le comunità ecclesiali italiane: monsignor Santoro parla di “un grande lavoro sinodale nella preparazione”, con la collaborazione dei giovani di Economy of Francesco, convegni, incontri in cui sono state affrontate tra l’altro le fragilità del territorio, le questioni della legalità e delle agromafie, l’aspetto della transizione ecologica, il contributo delle imprese e del lavoro, l’obiettivo del bene comune. Sono state pure censite e mappate numerose ‘buone pratiche’ imprenditoriali, amministrative, comunitarie e personali, per fotografare l’impegno concreto già in atto. “Alcune di queste, quelle più vicine al capoluogo ionico, saranno visitate”, spiega don Antonio Panico, vicario episcopale dell’arcidiocesi di Taranto per la società e la custodia del creato, tra i curatori della prossima Settimana Sociale.
“Sono delle realtà virtuose che - prosegue il sacerdote - presentano ricchezza da un punto di vista della biodiversità, del recupero di ciò che di bello c'è in quel territorio, magari in alcuni casi anche con la bellezza del veder impiegate tante persone in un territorio che comunque soffre la carenza di lavoro”: i dati Istat per il 2020 parlano di un tasso di disoccupazione al 14% in Puglia. Si tratta di realtà cioè che fanno “vedere come la sostenibilità in tutte le sue declinazioni abbia prodotto occupazione e anche un po' di ricchezza”, aggiunge. Si va dalla riqualificazione del Mar Piccolo di Taranto ad un quartiere reso più efficiente dal punto di vista energetico a Martina Franca, da un’azienda di Ginosa che produce fertilizzanti in modo naturale ad un’escursione nei 12 chilometri di incisione erosiva della gravina di Laterza. E non solo. Tra le visite in programma, anche quella alla Masseria Fruttirossi di Castellaneta.
Don Antionio ne parla come di una “modalità nuova di produrre, in modo assolutamente ecocompatibile”, ispirata anche da lunghe riflessioni sulla Laudato si’ di Papa Francesco. Trecentocinquanta ettari di terreno: una cinquantina con una piantagione di avocado, ulivi e bacche di goji, il resto interamente destinato alla coltivazione di melagrane.
“Ci occupiamo dell'intera filiera”, racconta Dario De Lisi, responsabile commerciale e marketing della Masseria Fruttirossi: “la produzione in campo, seguendone tutti i passaggi agronomici, dalla messa a dimora della pianta fino alla gestione in campo del frutteto, la raccolta e poi - grazie ai magazzini e agli impianti di lavorazione - il prodotto viene lavorato a poche ore dal
raccolto in diverse modalità. Serviamo sia il mercato del frutto fresco, sia i processi di trasformazione attraverso la spremitura, ricavandone succhi puri di melagrana al 100%”.
Una produzione sostenibile
Anni di lavoro a partire dal 2014 e investimenti importanti, per una produzione che oggi è “assolutamente naturale”, provata dalla certificazione Friend of the Earth - Residuo zero. “Le nostre produzioni - precisa De Lisi - non hanno residui di sostanze chimiche e portiamo avanti processi sostenibili, partendo dal campo dove riusciamo a realizzare un risparmio idrico abbastanza importante, poiché gestiamo in maniera automatizzata le irrigazioni con un sistema che avvia l’irrigazione soltanto nel momento in cui è necessario, cioè quando la pianta effettivamente ne ha bisogno”. “Il concetto di filiera corta che seguiamo è già di per sé un’espressione di sostenibilità poiché - aggiunge - la frutta viene lavorata nello stesso areale della racconta, quindi c’è un basso impatto ambientale in termini di emissioni di CO2, in quanto il trasporto è praticamente inesistente”.
Si punta anche all’autosufficienza energetica, con un impianto fotovoltaico da 750 kW montato sulle coperture dei magazzini. Durante le fasi di estrazione del succo dalle melagrane, inoltre, “tutto ciò che ne deriva a seguito della spremitura non viene trattato o smaltito come un rifiuto, ma viene valorizzato attraverso un impianto di lombricompostaggio: in sostanza, i lombrichi mangiano questi residui di lavorazione e, in maniera naturale, per la digestione di questi residui, si ottiene un humus che poi utilizziamo per la concimazione”.
Agricoltura, reddito e posti di lavoro
Alla Settimana Sociale, sottolinea don Panico, “vogliamo poter essere propositori anche di qualche buona prassi”. Per l’azienda di Castellaneta, va avanti De Lisi, la sostenibilità può essere coniugata in senso “ambientale, economico e di conseguenza anche sociale”, mettendo in evidenza come si operi in un territorio, in special modo quello tarantino, “dove la grande industria, anche pesante, l'ha sempre fatta un po' da padrone: quindi, quando si parla di economia verde, si può indicare un’agricoltura sana e sostenibile capace di creare reddito e posti di lavoro”.
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