Beata suor Lucia Ripamonti, anima "venduta alla carità"
Amedeo Lomonaco – Città del Vaticano
Carità, gentilezza e amore. Sono questi i tratti distintivi della vita di Suor Lucia Ripamonti, proclamata beata nella cattedrale di Santa Maria Assunta e Santi Pietro e Paolo a Brescia durante la Messa presieduta dal cardinale Marcello Semeraro, prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi, in veste di delegato del Papa.
Nata ad Acquate il 26 maggio 1909, in una famiglia di modeste condizioni, ha trascorso interamente la sua vita consacrata, esercitata mediante tanti umili servizi, nella casa madre dell’Istituto delle Ancelle della Carità a Brescia, dove oggi sono venerate le sue spoglie. Le sue ultime parole, prima della morte avvenuta il 4 luglio del 1954, sono state: “Ho sempre tenuto gli occhi fissi in Dio!”.
Il cardinale Semeraro: suor Lucia metteva in pratica l'umiltà
Suor Lucia, ha detto il cardinale Semeraro nell’omelia ricordando cosa alcune persone dicevano di lei, “era impastata di umiltà”. La stesa beata ripeteva che “la cosa migliore per un’anima è fare ciò che Dio vuole da lei, infatti il suo edificio spirituale è sostenuto dal profondo e solido fondamento dell’umiltà”.
Suor Lucia non lo diceva soltanto, ma lo metteva in pratica e su questo punto, come peraltro sull’esercizio eroico delle virtù, la voce delle testimonianze è unanime: era contenta di essere ‘coadiutrice’, perché così poteva vivere nel nascondimento. Ed è così che, pur offrendo alla comunità un servizio davvero efficace, la nostra beata visse nel silenzio e nella semplicità evangelica trovando in tutto, anche nei rimproveri e nelle correzioni, un mezzo per umiliarsi e così progredire nella santità.
Una vita "all'ultimo posto"
Nell’omelia, il cardinale Semeraro ha poi ricordato un passo del Vangelo: “Prendete su di voi il mio giogo: il mio giogo infatti è dolce e il mio peso leggero”. “La beata Lucia Ripamonti – ha spiegato il porporato – questo giogo lo ha preso su di sé: accogliendo generosamente la chiamata del Signore alla vita consacrata, dove scelse per sé il servire e il restare all’ultimo posto”.
Donandosi a Dio al punto che di lei è stato detto che "fu venduta alla Carità"; abbandonandosi alla sua volontà e questo soprattutto nei giorni della malattia; praticando l’obbedienza con fedeltà e serenità; mettendosi a disposizione del prossimo sino a dimenticarsi di sé e questo perché “se vogliamo davvero rendere leggiero il giogo di Cristo, non useremo certo il mezzo di portarlo male o di scuoterlo dalle nostre spalle. Se lo desideriamo, così come Egli lo ha definito, soave e lieve, e cioè fonte di energia, fiducia, vita, dobbiamo portarlo con lealtà, coerenza, comprensione, vale a dire con tutto il cuore”.
La santità non lascia mai indifferenti
“La beatificazione di suor Lucia – ha sottolineato il vescovo di Brescia, monsignor Pierantonio Tremolada in vista della beatificazione della suora delle Ancelle della Carità – è motivo di grande gioia per la Chiesa. La santità, come ho scritto nella Lettera pastorale Il bello del vivere, è l’altro nome della vita quando la si guarda con gli occhi di Dio... La santità non lascia mai indifferenti. Ha una propria irresistibile forza di attrazione, un suo fascino. Suor Lucia ha speso la sua vita nella carità, una carità che trovava la sua fonte nell’Eucaristia e nella preghiera quotidiana. Si è distinta per il suo servizio umile, prima in famiglia e poi in comunità”.
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