Palermo, Lorefice tra 800 salme in attesa di sepoltura
Tiziana Campisi – Città del Vaticano
“Dobbiamo curare i nostri cimiteri che custodiscono i corpi dei nostri cari in attesa di questa redenzione, di vita e di pienezza di libertà. Li dobbiamo rendere accoglienti, fruibili, capienti. Nessuna trascuratezza, nessuna devastazione, nessun affare illegale, nessun interesse losco o criminale, deve profanare questi luoghi sacri e le coscienze di quanti hanno diritto a onorare i corpi dei propri defunti”: è il monito che monsignor Corrado Lorefice, arcivescovo di Palermo, ha lanciato ieri, giorno della commemorazione dei defunti, durante la Messa celebrata al Cimitero di Santa Maria dei Rotoli, nel capoluogo siciliano, dove da un anno centinaia di salme, depositate in due tensostrutture, sono in attesa di sepoltura. Monsignor Lorefice ha evidenziato che “Palermo ha bisogno di nuovi spazi cimiteriali dove si possano inumare o cremare” i defunti, “per custodirli dignitosamente, visitarli, commemorarli”.
Il grido di monsignor Lorefice
“Mai più bare ammassate - ha detto il presule - È inconcepibile e soprattutto inspiegabile che l’impianto crematorio si guasti senza poterlo più riattivare”. Dure le parole di monsignor Lorefice che ha denunciato una situazione deplorevole: al Cimitero di Santa Maria dei Rotoli non ci sono più loculi, da mesi lungaggini burocratiche rallentano soluzioni di emergenza e lavori per la realizzazione di nuove sepolture, le 800 bare ospitate sotto i tendoni provvisori cominciano a deteriorarsi e i viali sono maleodoranti. “Non possiamo stare zitti. Questo è inumano. È impensabile che in una città possa accadere che i corpi siano violati, in vita e in morte - ha rilevato l’arcivescovo di Palermo -. Ogni disprezzo dei corpi destruttura, abbrutisce e lacera la città umana. Nessuno può violentare i corpi, nessuno li può sfruttare per brama o per fini di lucro - ha proseguito monsignor Lorefice - a maggior ragione in un cimitero, luogo sacro per eccellenza, di memoria, di riposo e di attesa di vita eterna, di desiderio di comunione e di pace senza fine”.
I cimiteri città-giardino da custodire
L’arcivescovo di Palermo ha rimarcato che “prendersi cura dei corpi, custodirli, è compito primario di quanti sono preposti a servire la convivenza umana e a far crescere il bene comune nella città” e ha aggiunto che “i cimiteri sono città-giardino, accanto o dentro le nostre città, che con solerzia ed arte ci sono stati consegnati dai nostri avi per sostenere la speranza del ‘giardino’ e della vita eterna, della comunione senza fine nella città celeste, in attesa dei cieli nuovi e della terra nuova”.
La lezione della pandemia
Il presule ha poi invitato a fare tesoro di ciò che il mondo sta vivendo in questo momento sollecitando all’ascolto del corpo e dell’anima. “Abbiamo un corpo ma non sappiamo ascoltarlo, non sappiamo abitarlo. Eppure, nel corpo c’è una sapienza antica che la nostra fretta ha disperso e che la pandemia ci ha rimesso davanti - ha osservato -. Come se ci avesse detto di tornare ai corpi, di ascoltare il nostro respiro, di proferire parole che trovino eco nelle profondità delle nostre viscere umane, di riconoscere i corpi, dei fratelli delle sorelle. Di non profanati, di non eliminarli”. Monsignor Lorefice ha infine ricordato che “in questi mesi e anche ora, in tutto il mondo, tanti, tutti stiamo vivendo la tragedia di una morte solitaria, di una distanza terribile dal corpo caro che muore”, e che a Palermo si aggiunge “anche il dramma di una mancata e degna sepoltura” e per questo ha esortato a pregare “perché si ponga fine a questo orrore” e perché l’uomo impari “il rispetto della vita e della morte, la cura dei viventi e dei defunti”.
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