Venezuela, i vescovi: astenersi dal voto non potrà generare un cambiamento
Alina Tufani – Città del Vaticano
Ancora una volta, i vescovi venezuelani hanno rilasciato una dichiarazione sulle elezioni regionali di domenica prossima, 21 novembre, nel Paese, che - affermano -generano indifferenza, rifiuto o disperazione in una “nazione ferita” nelle sue strutture e istituzioni. Ferita a causa “di un modello politico autoreferenziale, con una vocazione totalitaria” e “moralmente inaccettabile” per il suo mancato rispetto dei diritti umani, la distruzione della struttura produttiva e un “impoverimento senza precedenti del Paese”.
Elezioni regionali
Quasi 21 milioni di venezuelani sono chiamati alle urne per rinnovare tutte le cariche esecutive e legislative nelle 23 entità federali, così come nei 335 comuni. Per la prima volta dal 2017, una grossa parte dell’opposizione si presenterà a queste elezioni, nonostante le divisioni. Le Forze armate nazionali bolivariane (FANB) si sono già schierate per sostenere le elezioni regionali. Una missione di osservazione elettorale dell’Unione Europea sarà pure presente (l’ultima volta fu nel 2006). Le nuove macchine per il voto sono già state installate, e da ottobre i venezuelani hanno potuto “familiarizzare” con esse attraverso corsi e tutorial nelle strade e su internet.
Oltre le elezioni
In un comunicato della Commissione Permanente della Conferenza episcopale del Venezuela (Cev), dal titolo “Oltre le elezioni regionali”, i vescovi vedono nell’“imposizione di un sistema comunale, proclamato da alcuni membri del governo”, un futuro indebolimento o eliminazione delle funzioni dei governatorati, degli uffici dei sindaci e di altre espressioni del potere locale, “con lo scopo di stabilire un potere egemonico da basi sociali non elette”.
Non fermarsi alla diatriba e al conflitto
Di fronte all’astensionismo dei cittadini, dovuto alla mancanza di fiducia e alle fratture nei partiti dell’opposizione, i vescovi invitano a “non fermarsi alla diatriba e al conflitto, ma ad affrontarli e lavorare per superarli” per il bene comune. “L’obiettivo di un processo elettorale oggi, quindi, non è solo quello di scegliere un gruppo di autorità, ma di inviare un segnale inequivocabile di determinazione e impegno per la rifondazione della vita, della libertà, della giustizia e della pace per 30 milioni di persone”, dicono i vescovi. Ciò esige “nuove leadership sociali che dovranno proporre nuove alternative al progetto centralizzatore del governo” e richiede “una nuova e buona politica dove la cosa più importante è l’interesse per le persone, specialmente le più vulnerabili”. “La semplice astensione, senza la consapevolezza e la volontà di cambiare, non porterà ai cambiamenti necessari, tanto meno un voto cieco che non tiene conto dell’analisi di ogni realtà vissuta inquadrata nella drammatica situazione strutturale e istituzionale della nazione”, sottolineano i presuli. E concludono: “Se ognuno darà il meglio di sé, costruiremo, dal calore delle nostre case, dalla solidarietà delle nostre comunità e dalle tradizioni delle nostre regioni, le basi per l’auspicata ricostruzione nazionale affinché il Venezuela sia la ‘casa comune’ di tutti: di quelli che la pensano diversamente, di quelli di noi che sono qui e di quelli che sono all’estero desiderosi di tornare”.
Una sfida di credibilità
Monsignor José Luis Azuaje, arcivescovo di Maracaibo e presidente della Cev, commenta con Vatican News il documento e, in particolare, le condizioni che hanno portato alle elezioni di domenica e alle loro prospettive.
Il messaggio parla dell’“apatia” che queste elezioni hanno suscitato nei cittadini, la frattura dell’opposizione e la sfiducia sulla trasparenza. Com’è stato il cammino verso queste elezioni?
È stata una strada molto tortuosa. Soprattutto da parte dell’opposizione per quanto riguarda l’accordo sui candidati unitari. È stata una salita faticosa. E vediamo oggi che, in diverse candidature di governatore e sindaco, ci sono due o tre membri dell’opposizione, mentre il governo ha solo un candidato del partito. L’altro aspetto è la mancanza di credibilità del corpo elettorale, perché da molti anni il governo esecutivo sostiene tutti gli altri poteri. Recentemente, poi, c’è stata la nomina dei nuovi rettori del Consiglio Nazionale Elettorale, quindi questo è un momento per vedere il comportamento nell’ambito dei processi, dei risultati, dei meccanismi, dell’imparzialità che dovrebbe essere presente in questo organo. Credo che tutte queste cose non aiutino la gente ad avere fede e fiducia. Inoltre, il lavoro che il governo ha fatto, attraverso diversi organismi, per cercare di dividere l’opposizione, per creare un’opposizione di suo gradimento, a modo suo, è riuscito anche a farlo. Quindi, guardare queste elezioni da questi punti di vista implica sempre una sfida fondamentale che ci mette davanti a un atteggiamento di credibilità o non credibilità, ma dobbiamo continuare e vedere il risultato del 21 novembre.
I vescovi invitano a votare, a non astenersi, a non lasciare il voto nullo e a non pensare individualmente. Tuttavia, nello stesso messaggio, si parla di un modello politico a vocazione totalitaria, che ha portato il Paese all’impoverimento morale ed economico. In questo contesto, cosa significa andare a votare in questo momento?
La posizione che abbiamo preso è molto rispettosa, tanto per chi dice: “Non ho motivo di andare a votare”, quanto per chi vuole votare. Spetta ad ogni cittadino, in questa situazione, cioè la situazione di conflitto e, soprattutto, la rottura della realtà sociale, politica, economica e giuridica del nostro Paese, prendere la decisione di partecipare o meno, ma - diciamo noi vescovi – bisogna avere la consapevolezza che qualunque sia la decisione, essa avrà un grande impatto sul futuro della comunità, della regione e del Venezuela. Per questo motivo, è necessario vedere il processo elettorale secondo una dinamica di trasformazione, di possibilità, di apertura di una finestra di opportunità per nuove leadership regionali e locali, ma con un nuovo atteggiamento. Un atteggiamento non di revanscismo, ma di ricerca della fraternità. Un atteggiamento non di scarto, ma di inclusione. Ora vedremo se questi candidati sono capaci di fare questo, perché è urgente per il Paese, per non entrare ancora una volta in una diatriba bellicosa, una diatriba di scontro, ma per cercare una soluzione pacifica e democratica a questa situazione di ingovernabilità del Paese attraverso il dialogo e il negoziato.
Il messaggio è intitolato “Oltre le elezioni regionali”. È come proiettarsi verso un futuro più speranzoso, con delle vie d’uscita. Quali sono le aspettative dei vescovi?
Abbiamo sempre fiducia. E credo che i venezuelani abbiano mantenuto un atteggiamento di speranza durante questi ventun’anni. Credo che sia chiaro che possiamo davvero trasformare il Venezuela imparando da questa realtà molto dura della povertà, della disintegrazione di tutto nella sfera politica, economica e finanziaria della nostra nazione e, soprattutto, della rottura dei diritti che hanno i venezuelani, specialmente i diritti umani. Credo che possiamo andare avanti con grande fiducia in Dio e, come diciamo noi vescovi nel comunicato, “dobbiamo innanzitutto raddoppiare la nostra speranza umana e cristiana nella dignità e nel potenziale di ogni singolo venezuelano e nella bontà e misericordia di Dio nostro Padre”.
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