Il nuovo libro di Vincenzo Corrado: stare sui social con stile cristiano
Alessandro Gisotti
I social media sono ormai una dimensione importante nella vita di buona parte dell’umanità, specialmente delle nuove generazioni. Sono “parte di noi” e non più solo un elemento accessorio della nostra esistenza. Tuttavia, quanto conosciamo veramente questo “nuovo continente”? Digitale, certo, ma non per questo meno reale di quelli presenti sulle mappe geografiche. E quale contributo possono offrire i cristiani per rendere più umano, più fraterno, questo spazio di connessioni e di relazioni? Sono alcuni degli interrogativi da cui muove la riflessione di Vincenzo Corrado affidata al suo nuovo libro “Social Media: Uso o Ab-Uso. Una comunicazione dal cuore cristiano”. (Libreria Editrice Vaticana, pp. 92 10 Euro). Nel volume, il direttore dell’Ufficio Nazionale per le Comunicazioni Sociali della CEI si confronta con alcuni degli snodi più rilevanti legati alla comunicazione digitale sottolineando fin dalle prime pagine che i social network vanno compresi in una dimensione vitale.
“L’esistenza umana, infatti – scrive Corrado – si svolge in questo ambiente, che non è qualcosa di altro, ma appartiene alla nostra stessa umanità, a tal punto che ogni uso e abuso ha una valenza fortemente esistenziale”. Al centro del volume, osserva nella prefazione il sociologo Riccardo Prandini, è “lo stile di vita cristiana” che, secondo l’autore del libro, dovrebbe “fare la differenza” nel come vengono usati, anzi abitati i social media. Corrado “dialoga” con i due Papi, Benedetto XVI e Francesco, che si sono confrontati con la rivoluzione dei social media riprendendo alcuni passaggi particolarmente significativi dei loro Messaggi per le Giornate Mondiali delle Comunicazioni Sociali. Inoltre condivide (e commenta) alcuni spunti di riflessione sul tema sollevati da mass mediologi, filosofi, antropologi e personalità ecclesiali. Un capitolo è dedicato ad un utile ed efficace decalogo, che supera la separazione che per anni ha contraddistinto il dibattito pubblico tra online e offline. Ormai il primo mondo trabocca nel secondo e “l’esperienza di vita è unica, in strada e in Rete”. Non a caso, si è fatto strada il concetto e il neologismo onlife.
Data questa fondamentale premessa, l’ex direttore dell’agenzia SIR invita il lettore a non approcciarsi ai social con le logiche degli influencer, a puntare alla edificazione della comunità più che alla divisione in tifoserie. Ancora, sottolinea l’importanza del linguaggio e della ricchezza della propria identità, originalità e spiritualità che vanno custodite e valorizzate anche nell’agorà digitale. Gli ultimi due “comandamenti” di questo decalogo sono dedicati all’educazione e alla formazione perché, sottolinea Corrado, “abitare i social significa studiarli”. D’altro canto, soggiunge, “comunicare è anche formare: le coscienze, le esperienze, le generazioni, le menti”. La parte conclusiva del volume è dedicata in special modo all’aspetto pastorale e allo stile missionario che i cristiani sono chiamati a testimoniare nella Rete. La “Chiesa in uscita” di cui parla il Papa deve essere modello (e pungolo) anche per l’impegno dei fedeli nel dare linfa alle piattaforme tecnologiche, perché siano reti di persone e non di fili, spazi comunitari e non strumenti di separazione. Per l’autore del libro, bisogna “prendere atto che l’uso dei nuovi media è ormai imprescindibile per la Pastorale e l’opera di evangelizzazione”. Al cuore della questione - ancor più in un tempo segnato dalla pandemia e dal conseguente “distanziamento sociale” - c’è il tema della persona e delle relazioni. “La relazionalità della fede – annota Vincenzo Corrado – è accoglienza del dono della vita come unità nella storia della salvezza”. Dono che si può generare anche nelle reti sociali se abbiamo la forza e la creatività, in sintesi uno “stile cristiano”, per promuovere una comunicazione che conduce all’incontro con l’altro.
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