Rapimenti sistematici a Cabo Delgado: la denuncia di alcuni missionari
Anna Poce – Città del Vaticano
Una religiosa in missione a Cabo Delgado, che ha chiesto di rimanere anonima per motivi di sicurezza, ha parlato ad Aiuto alla Chiesa che Soffre del “rapimento sistematico di persone nei villaggi e nei campi, soprattutto di donne e madri con i propri figli". Secondo la testimonianza, la città di Macomia, capitale del distretto della provincia di Cabo Delgado, "è sotto una fortissima tensione", e "molti villaggi nelle zone circostanti sono stati attaccati". Gruppi armati bruciano le case, rapiscono e uccidono le persone e l’insicurezza nella popolazione è grande. La religiosa ha spiegato come questi attacchi nel nord del Paese, iniziati nell'ottobre 2017, si siano fatti sempre più violenti. Il problema - ha riferito - è ora "più grave", perché all'inizio di "questo assurdo conflitto", la gente poteva partire e "rifugiarsi nelle proprie case rurali o in luoghi scelti come sicuri". Invece, "ora, gli insorti inseguono la gente nelle loro fattorie”, privandoli del cibo necessario per la sussistenza e a volte uccidendoli in modo crudele. Padre Eduardo Paixão, missionario del Sacro Cuore, attualmente responsabile dell'area missionaria di Meluco, nella diocesi di Pemba, parla di una ripresa delle violenze dopo un periodo di relativa calma durante la fine dell'anno.
Centinaia di famiglie in fuga
“Il 30 e il 31 dicembre – ha raccontato il sacerdote brasiliano ad ACS - sono iniziati gli attacchi al villaggio di Nangololo, a Imbada, per poi diffondersi durante la prima settimana del 2022 nei villaggi di Mariri, che è vicino a Muària, e dove c'era una grande scuola, la scuola più grande del distretto di Meluco”. Il missionario ha parlato di un clima di grande insicurezza e, di conseguenza, dell’aumento del numero di famiglie in fuga, tanto che “questa settimana, a Chiure, in uno dei campi per sfollati – ha concluso -, sono arrivate più di 290 famiglie”. Secondo ACS, dall'inizio degli attacchi armati nell'ottobre 2017, sono morte più di 3.000 persone e sarebbero circa 800.000 gli sfollati interni. Una situazione difficile che “ha reso il Mozambico un Paese prioritario per la Fondazione ACS nel continente africano, soprattutto per quanto riguarda il sostegno ai rifugiati”.
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