Il grande abbraccio della Polonia a chi cerca riparo dalla guerra
Francesca Sabatinelli e Luca Collodi – Città del Vaticano
Il flusso è iniziato subito, sin dalle prime ore successive all’inizio della guerra, il 24 febbraio. È stato durante la notte che i primi profughi si sono affacciati alla Casa del Pellegrino a Lagiewniki, attaccata al Santuario della Divina Misericordia, in Polonia. Padre Tomasz Szopa, rettore del Santuario di San Giovanni Paolo II a Cracovia, racconta a Radio Vaticana - Vatican News come sin dall’inizio risultò chiaro che, come accade in ogni guerra, anche da questa certamente sarebbe fuggita la popolazione. Di qui la scelta di aprire la Casa del Pellegrino, un’accoglienza spontanea, spiega, che però è divenuta una risposta molto generosa da parte dei fedeli che ogni domenica vanno a messa nel Santuario. In molti si sono offerti di aiutare, una instancabile solidarietà che va avanti ormai da due settimane, durante le quali sono state sostenute oltre 200 persone. Una accoglienza che purtroppo, racconta ancora, per ragioni logistiche, è limitata nel tempo, non può prolungarsi per più di qualche giorno, ma è da qui che poi si può partire alla volta di luoghi sicuri, dove spesso già risiedono le famiglie.
L’appello dei vescovi polacchi
L’enorme mobilitazione a favore di chi fugge dal conflitto da parte del popolo polacco, è emersa anche durante la 39.ma sessione plenaria della Conferenza episcopale polacca, che si è conclusa ieri a Varsavia e che tra i punti principali ha visto soprattutto la risposta da dare alla crisi umanitaria. I presuli hanno valutato l’azione di aiuto fin qui intrapresa dalle strutture della Chiesa, sia da Caritas Polska che dalle Caritas diocesane, da altre organizzazioni cattoliche e da comunità parrocchiali e religiose. Nel loro comunicato finale i presuli parlano delle “numerose raccolte di fondi per sostenere i rifugiati che giungono in Polonia”, così come delle “donazioni da inviare nell'Ucraina dilaniata dalla guerra”. Molti dei civili in fuga riescono a trovare riparo presso le famiglie polacche, nei centri diocesani e parrocchiali e nelle comunità religiose. A tutti va la “grande gratitudine” dei vescovi che, allo stesso tempo, mettono in luce la necessità di un aiuto organizzato e a lungo termine per tutti coloro che decideranno di restare in Polonia. “La guerra - ricorda la Conferenza episcopale - non è un metodo per risolvere i problemi, ma è sempre una catastrofe nella quale vengono uccise persone innocenti e viene distrutta la dignità umana”. Per questo, i presuli invitano "a porre fine alle ostilità il prima possibile e ad adoperarsi per raggiungere una pace giusta", esprimendo anche sostegno alla missiva che l'arcivescovo Stanisław Gądecki, capo dell'episcopato polacco, ha indirizzato a Kyril, il Patriarca ortodosso di Mosca e di tutta la Russia, in cui si chiede di “fare appello al presidente della Russia per fermare la guerra con il popolo ucraino”.
La missione di Caritas italiana
Si è intanto conclusa, ieri, la missione della delegazione di Caritas italiana che, in cinque giorni, ha portato il direttore don Marco Pagniello, monsignor Benoni Ambarus, vescovo ausiliare della diocesi di Roma, ed Elisa Batazzi, del Dicastero per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale, nei tre Paesi più coinvolti dall’accoglienza dei profughi: Romania, Moldavia e Polonia, ai confine con l’Ucraina, e che ha raggiunto notevoli risultati, come i due voli umanitari che la prossima settimana martedì 22 e mercoledì 23 marzo, porteranno a Roma 400 profughi ucraini vulnerabili. Un traguardo importantissimo, in un momento in cui, secondo dati Onu, il numero dei profughi fuggiti dall’Ucraina dall’inizio della guerra è già arrivato a tre milioni. “Non c’è tempo da perdere per mettere al sicuro tante persone”, aveva dichiarato all’inizio della missione don Pagniello.
Il dramma dei minori non accompagnati
A Varsavia, la delegazione, di concerto con Caritas polonia, ha anche cercato di organizzare l’arrivo in sicurezza in Italia di circa seimila bambini degli orfanotrofi ucraini, attualmente senza né mezzi né persone per accudirli. In totale, in Ucraina, si pala di circa 170 mila minori non accompagnati, il 20% dei quali con disabilità, molti dei quali, al momento dell’arrivo alla frontiera, prelevati da terzi o da organizzazioni, spesso spariscono senza lasciare traccia.
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