Ucraina, perché il primo aiuto è nel soddisfare il bisogno di scappare
Andrea De Angelis - Città del Vaticano
Nei volti dei bambini si vede tutta l'atrocità della guerra. Davanti al fragore delle bombe, agli spari delle armi ci si domanda, ancora una volta, il motivo di tanto odio che genera morte, divisione. A pagare il prezzo più alto sono le creature più deboli, quelle che vediamo sempre più spesso nelle prime pagine dei quotidiani e sul web. Gli stessi sguardi che Alberto Capannini e Gianpiero Cofano, della Comunità Papa Giovanni XXIII, hanno incrociato a Leopoli, per circa una settimana, prima di rientrare in Italia. Hanno raccolto le richieste di aiuto, che sono soprattutto in merito alla possibilità di fuggire, ma con la speranza di tornare, un giorno, a casa. Il prima possibile.
Accanto ai bambini
"Molte persone sono confuse, stordite. Il dolore è troppo grande. Spesso non ricordano neanche da quanto tempo hanno lasciato la loro casa, talvolta sono giovani uomini, che presto saranno chiamati ad arruolarsi perché i maggiorenni fino a 60 anni sono sottoposti alla leva obbligatoria". Inizia da loro il racconto di Alberto Capannini, membro della Comunità e con una lunga esperienza in zone di conflitto. Ad esempio in Libano, dove ha vissuto il dramma di migliaia di rifugiati, in gran parte minori.
"Nei campi profughi il 60% sono proprio bambini. Uno dei motivi per cui la guerra è inaccettabile consiste nel fatto che basandosi sulla forza, i più deboli la perdono. I minori, le donne, chi fa parte delle minoranze". Capannini si interroga allora sui miliardi spesi per le armi. "Abbiamo tolto soldi all'istruzione, all'integrazione per costruire armamenti che ora impediscono alla Nato di intervenire, onde evitare il rischio di un conflitto nucleare". "Gli allarmi antiaereo si sentono da giorni, le persone temono il peggio, si preparano ad una possibile invasione", rivela, sottolineando come siano sempre più i check point e le persone armate per le ronde. In che modo aiutare questa gente? "Organizzando la loro fuga, rispondendo al bisogno di scappare. Poi è evidente - conclude - che la domanda più profonda è una sola, la richiesta di pace".
Non tutti riescono a fuggire
"Come in ogni guerra, ci sono i poveri dei poveri che non riescono a superare il confine. Persone di altre nazionalità, ma anche famiglie rom che ho visto in preda alla disperazione". Gianpiero Cofano, segretario generale della Comunità, conclude così la narrazione della settimana trascorsa a Leopoli.
C'è un'immagine che non riesce a dimenticare, quella degli zainetti sulle spalle dei bambini. "Portano con sè quel poco che sono in grado di reggere sulle spalle, vederli con gli zaini della scuola fa pensare e sperare che loro possono immaginare si tratti di un viaggio breve, per un periodo", spiega con la voce rotta dall'emozione. "Ci sono anziani scappati dagli ospedali, vi lascio immaginare con quale sforzo", prosegue, ribadendo come ognuno lasci la propria casa portando con le braccia quel poco che è in grado di trasportare. Un dramma che si inserisce in un contesto di emergenza sanitaria legata alla pandemia. "Ovviamente chi scappa dalla guerra non pensa ad indossare la mascherina, ma i Paesi che accolgono si stanno già predisponendo per fronteggiare anche questo tipo di problema", conclude Cofano, sottolineando come anche il freddo sia un ulteriore ostacolo per la popolazione. Si fugge, non dimentichiamolo, sotto la neve.
Grazie per aver letto questo articolo. Se vuoi restare aggiornato ti invitiamo a iscriverti alla newsletter cliccando qui