Istituzioni inclusive e sviluppo economico
Domenico Rossignoli
I processi democratici dell’epoca moderna, innestandosi, specie in Occidente, sui modelli di sviluppo capitalista e liberista, hanno favorito anche lo sviluppo economico di molti Paesi, facilitando l’uscita dalla povertà di ampie fasce di popolazione nel mondo. Tuttavia, questo processo potenzialmente virtuoso presenta oggi non pochi limiti e problemi perché i processi di sviluppo economico, proprio nei sistemi che hanno favorito lo sviluppo delle democrazie, si stanno rivelando sempre meno inclusivi e potenzialmente “corrosivi” degli stessi processi democratici. Pur riconoscendo i meriti del mercato e della democrazia Centesimus Annus, 34 e 46), già Paolo VI ricordava la necessità di ancorare il funzionamento del mercato a finalità morali per assicurare e al tempo stesso circoscriverne l’ambito di autonomia (Paolo VI, Octogesima adveniens, 41) e più recentemente Francesco ha esortato a riflettere responsabilmente “sul senso dell’economia e sulla sua finalità, per correggere le sue disfunzioni e distorsioni” (Laudato Si’, 194). Senza questo orientamento, il mercato può produrre ineguaglianza, finisce per escludere anziché includere, fino a produrre un sistema economico che anziché generare opportunità di sostentamento, sviluppo e vita, finisce per uccidere (Evangeli Gaudium, 53). Fondato sulla centralità della dignità della persona umana e ancorato al principio della destinazione universale dei beni, lo sviluppo economico può allora procedere senza escludere nessuno, come ribadisce Francesco in Fratelli Tutti, 120, facendo propria un’esortazione di Giovanni Paolo II.
Il connubio virtuoso tra democrazia e mercato può svolgere efficacemente questo ruolo se entrambi gli ambiti, quello politico e quello economico, favoriscono l’inclusione della più ampia platea possibile di individui, idealmente tutti quelli che fanno parte di un determinato contesto politico istituzionale. In particolare, come ricorda la Chiesa, “diventa imprescindibile l’esigenza di favorire la partecipazione soprattutto dei più svantaggiati” (Compendio di Dottrina Sociale della Chiesa, 189). Diviene evidente, perciò, che se la partecipazione alla vita comunitaria è il “pilastro” dell’ordinamento democratico, insieme allo stato di diritto e alla retta concezione della vita umana (Centesimus Annus, 46), essa assicura e favorisce anche la partecipazione ai benefici della vita economica. Laddove la prima viene meno, anche la seconda finisce per entrare in crisi. Tutto ciò rimane vero anche in un contesto di grandi cambiamenti: la Dottrina Sociale della Chiesa, infatti, rimarca la centralità della persona umana in ogni disegno istituzionale, a prescindere dal livello, nazionale o sovranazionale.
*Docente di Istituzioni di economia politica
Potete ascoltare qui la serie di podcast sulla Dottrina sociale della Chiesa. La puntata è di Domenico Rossignoli, curatore della voce “Istituzioni inclusive e sviluppo economico" del Dizionario di Dottrina sociale.
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