Una suora ucraina: imploriamo la pace, si spara sugli innocenti
Fabio Colagrande – Città del Vaticano
Hanno abbandonato il loro convento a Kiev per questioni di sicurezza e ora vivono accanto ai profughi e ai bisognosi. Danno conforto spirituale e psicologico, ma anche materiale, alla popolazione, preparano il cibo per i soldati. Sono otto religiose della congregazione della Sacra Famiglia abitualmente residenti nella capitale ucraina. Sono andate via lo scorso 24 febbraio allo scoppio della guerra. "Qui vengono uccisi innocenti, si spara sui convogli di aiuti, il dolore è enorme, troviamo la pace solo nella preghiera", racconta, una di loro, suor Ksenofonta, ai microfoni di Radio Vaticana /Vaticannews.
Quando avete lasciato la città?
Abbiamo lasciato la città quando è iniziata la guerra. Il 24 febbraio, alle cinque di mattina l’aggressore ha dichiarato la guerra con i bombardamenti e le prime esplosioni sono state vicino alla capitale. Io non volevo credere che fosse vero, che fosse l'inizio. Anche se la guerra qui dura dal 2014 e in questi anni sono già morte migliaia di persone.
Che servizio svolgevate abitualmente a Kiev?
Le suore della nostra comunità sono molto creative e normalmente svolgono diversi servizi. Due di noi lavorano nell'ufficio della Curia patriarcale, una lavora in radio e in televisione, un’altra ancora dipinge icone e le altre sono impegnate nella catechesi dei bambini, dei giovani e degli adulti.
Ora che tipo di aiuto fornite?
Abbiamo lasciato tutto e oggi ci dedichiamo ad aiutare i rifugiati e i bisognosi nei nostri monasteri. Diamo diverse forme di aiuto: quello spirituale, ma anche psicologico. Poi accogliamo le famiglie con i bambini che vengono a vivere temporaneamente con noi, in attesa di una sistemazione futura. Preghiamo con loro. Una coppia ha ricevuto il sacramento del matrimonio, un’altra si è accostata al sacramento della riconciliazione dopo tanto tempo. Poi, le nostre suore, insieme alla gente, tessono le reti mimetiche per i soldati e preparano cibo per loro. Ci dedichiamo a supportare le persone che sono stanche, esauste da questa guerra. Ma soprattutto, preghiamo per la pace e la fine della guerra. Abbiamo una preghiera continua, durante il giorno e poi anche la notte.
Come reagiscono le persone alla guerra?
La gente reagisce alla guerra in maniera diversa, ma tutti sono contrari al conflitto e sono preoccupati per il futuro che ci attende. Le mamme proteggono i loro bambini dagli attacchi nemici. Qui vengono uccise persone innocenti, si spara contro i convogli che trasportano gli aiuti umanitari, si lanciano bombe negli asili. Il dolore del cuore e dell’anima è enorme. Nella preghiera cerchiamo la pace e l’abbraccio di Dio.
Di cosa c’è bisogno in questo momento?
In questo momento c’è bisogno soprattutto di assistenza sanitaria e di supporto piscologico, ma le persone chiedono innanzitutto la pace. Ciascuno ha bisogni diversi, ma qui servono soprattutto aiuti materiali perché la gente ha perso tutto. Molti sono fuggiti dalle loro case senza niente, solo con i loro bambini.
Quali sono le vostre speranze?
Noi preghiamo e speriamo che la pace arrivi presto. So che oggi è la Giornata internazionale della donna, ma ovviamente per noi qui, in questo momento, non è così importante. Ognuna di noi è impegnata ad aiutare la popolazione. Io sono venuta in una chiesa per aiutare altre donne che preparano il cibo per i soldati. Abbiamo troppo da fare per pensare a una ricorrenza come questa.
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