Don Gnavi: cristiani uniti nella preghiera e per la pace in Ucraina
Amedeo Lomonaco – Città del Vaticano
La Giornata di preghiera e digiuno per la pace indetta da Papa Francesco nel Mercoledì delle Ceneri, primo giorno di Quaresima, è anche un’esortazione rivolta a tutti i cristiani ad essere uniti in una catena orante e nella solidarietà. È quanto sottolinea don Marco Gnavi, incaricato dell’Ufficio per ecumenismo, dialogo interreligioso e nuovi culti della Diocesi di Roma, aggiungendo che agli sforzi per la pace in Ucraina è legato il futuro dell’Europa intera. "Dobbiamo pregare per tutti: pregare per tutti significa anche chiedere il cessate il fuoco, la conversione nei progetti di male".
Quale ruolo possono avere i leader religiosi in un momento in cui la politica e la diplomazia non sembrano riuscire a trovare soluzioni definitive all’orrore della guerra in Ucraina?
Io credo che bisogna raccogliere l’appello a pregare per la pace, implorare il dialogo, chiedere di far cessare il conflitto. Io credo che i cristiani, di fronte all’avanzare della guerra, sentano anche la responsabilità delle divisioni. Bisogna opporre il bene dell’unità al male. L’unità non è un fatto scontato. Lo abbiamo visto dolorosamente anche in questo tempo, non solo in Ucraina. Credo anche che tutti i cristiani delle diverse confessioni debbano sostenere l’accoglienza e l’accompagnamento di questa ondata enorme di sfollati e di profughi che sono in cerca di salvezza. Sono giorni cruciali. Si deve accendere la lampada della preghiera. Una preghiera agonica, cioè di lotta contro la morte perché l’avanzata della morte di tutto ciò che è stato costruito è un fatto gravissimo.
La via da intraprendere è dunque soprattutto quella del dialogo e della preghiera…
Papa Francesco ieri, Mercoledì delle Ceneri, ha indicato il digiuno e la preghiera. Il tempo di Quaresima ci deve preparare a combattere contro questo virus della guerra. Si deve imparare dalle madri che temono, pregano per la sorte dei loro figli vivendo empaticamente, in una compassione profonda per tutti quelli che sono minacciati da una violenza inaudita. Dobbiamo pregare per tutti: pregare per tutti significa anche chiedere il "cessate il fuoco", la conversione nei progetti di male. Significa dare lo spazio al dialogo e sostenere quei barlumi di speranza che devono essere vivi: non ci si può rassegnare a questo obbrobrio, a questo scempio che è la guerra. Ci siamo troppo abituati alla guerra quando la sentivamo lontana. Oggi i cristiani devono cercare di preservare il cuore, la mente, gli atteggiamenti e la cultura da questo virus. Non credo ci siano risposte facili: dobbiamo vivere sapendo che dalla pace dipende il futuro di tutta l’Europa e anche di parte del mondo. È dunque un dovere irrinunciabile, una responsabilità grave. Non possiamo sentirci al sicuro solo perché lontani poche centinaia di chilometri. Dobbiamo partecipare al dolore e alla speranza di questo popolo ferito sapendo che in Ucraina ci sono ucraini, russi, famiglie. C’è il futuro dell’Europa intera.
Come può in particolare la voce dell’ecumenismo aiutare a percorrere strade di fratellanza tra popoli fratelli, quello ucraino e quello russo, oggi scossi da una guerra fratricida?
Papa Francesco nell’enciclica Fratelli tutti ha indicato l’orizzonte reale: è realistica solo la pace, il resto è follia. Per questo i confini fra noi e l’ucraina sono solo quelli della compassione e dell’empatia. Non sono quelli geografici. Questo dramma dell’Ucraina coinvolge tutti, così come la responsabilità di ridare speranza all’Europa intera. La protezione della preghiera non è poca cosa: noi crediamo anche nel Dio dell’impossibile e per questo non dobbiamo desistere e dobbiamo accompagnare Papa Francesco. Dobbiamo accompagnare il Papa che ha allertato il mondo intero, non solo i cristiani, sull’obbrobrio della guerra e sulla necessità della pace.
Quindi accompagnare Papa Francesco, pregare per la pace, pregare per il popolo ucraino. E pregare per il popolo russo…
Sì, e poi allargare le braccia a tutti coloro che chiedono di essere salvati. A tutti coloro che hanno lasciato la loro terra e cercano rifugio. Saranno tantissimi. Vivremo una emergenza che deve trasformarsi in solidarietà, in generosità. E fare dei nostri beni, delle nostre case, della nostra libertà un’occasione di soccorso per gli altri.
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