I vescovi della Colombia: più presenza dello Stato a Buenaventura
Anna Poce – Città del Vaticano
“Abbiamo bisogno della presenza dello Stato, che ci sia l'Esercito Nazionale, che sia presente in modo permanente; poi che insieme alle forze pubbliche, arrivino gli investimenti sociali, lo sviluppo, che migliorino le scuole, i trasporti, che ci sia aiuto per gli agricoltori che coltivano riso, cacao e altri tipi di colture legali, che vengano sostenuti”. Questo l’appello che monsignor Rubén Darío Jaramillo Montoya, vescovo di Buenaventura, città portuale sulla costa pacifica colombiana – si legge sulla pagina web dell’episcopato -, ha rivolto al governo, raccontando al Dipartimento delle Comunicazioni della Conferenza episcopale colombiana ciò che sta accadendo nel territorio della sua diocesi. Il presule ha sottolineato quanto è ingiusto che siano i narcotrafficanti a sostenere i contadini con le sementi, con l'assistenza tecnica, con l'economia, affinché possano piantare la coca. “Non è giusto – ha affermato - che i narcotrafficanti svolgano questo ruolo e non lo faccia il governo in questi territori".
Violenza, sfollamento e confinamento in aumento a Buenaventura
Non si ferma, dunque, la violenza a Buenaventura, uno dei principali porti marittimi della Colombia, diventato anche uno degli epicentri degli scontri tra gruppi armati illegali presenti nel comune, che cercano il controllo sociale e territoriale delle aree urbane e rurali. Scontri che hanno generato sfollamenti, confinamenti, reclutamenti forzati, minacce e omicidi di leader sociali. Continuando il suo racconto, monsignor Jaramillo Montoya ha riferito come l’Esercito di Liberazione Nazionale (ELN), rivolgendosi alla comunità della Vereda San Isidro, l’abbia invitata ad andarsene, per sfuggire ai molti combattimenti che avrebbero messo in pericolo la vita dei cittadini. Per questo motivo, dunque – ha continuato il presule – la gente è partita e una settimana prima della Domenica delle Palme circa 200 sfollati sono arrivati al Coliseo Cubierto El Cristal a Buenaventura. Le persone in difficoltà sono state aiutate dalla Pastorale Sociale diocesana, che ha offerto loro cibo e beni di prima necessità. Le comunità di Bajo Calima, nel comune di Buenaventura – ha aggiunto il vescovo - sono stanche di vivere nella costante paura e ansia per i continui scontri e per questo ci sono interi villaggi di 400 o 500 abitanti oggi praticamente vuoti. Nei paesi della zona non c'è più nessuno oppure la popolazione vive confinata. A questo si aggiunge anche la violenza urbana, generata dalla disputa per il territorio tra i gruppi Chotas e Espartanos, “che – ha spiegato il presule - sono gruppi criminali locali, che si occupano del trasporto di cocaina, estorcono denaro, rubano e intimidiscono la comunità". Essi “controllano tutto in città e quello che esce dalla città”: gestiscono tutti i prodotti e obbligano al pagamento di una tassa. Nessuno può vendere tranne quelli che pagano l'ingiusto balzello.
Appello al governo
Dinanzi a questa difficile situazione, monsignor Jaramillo Montoya ha, dunque, chiesto la presenza dello Stato nella regione. "Non è possibile che questi territori siano al di fuori dell'ordine nazionale – ha concluso - e che lì l'autorità venga esercitata solo da gruppi illegali".
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