Tigray, l’arcivescovo di Addis Abeba: speranza nei negoziati di pace
Deborah Castellano Lubov e Giancarlo La Vella – Città del Vaticano
Papa Francesco invita continuamente il mondo a guardare alle cosiddette "guerre dimenticate", come quella che sta affliggendo da mesi l’Etiopia. In un'intervista a Radio Vaticana – Vatican News, il cardinale Berhaneyesus Souraphiel, arcivescovo di Addis Abeba, capo della Chiesa cattolica etiope, prendendo spunto dalle parole del Pontefice, parla della crisi umanitaria che sta colpendo la nazione etiope a causa della guerra civile e della carestia. Il porporato prega, affinchè “i negoziati in corso portino ad una pace duratura”.
Assistenza umanitaria subito
E, in effetti, “guerra e fame” rappresentano il drammatico connubio che sta portando l’Etiopia ad una crisi che rischia di essere senza ritorno. Tutto è iniziato il 4 novembre 2020, giorno in cui è scoppiato il conflitto tra Fronte di liberazione del popolo del Tigray (TPLF) ed esercito etiope. Il cardinale Souraphiel parla della grave situazione, anche se – afferma – c’è stato un miglioramento con l'avvio dei negoziati. Di fatto oltre 2 milioni di persone sono sfollate e migliaia sono morte a causa del conflitto, inoltre altri milioni di etiopi hanno un disperato bisogno di assistenza umanitaria.
Preghiera e digiuno guardando alla Pasqua
Il leader della Chiesa cattolica etiope della tradizione alessandrina, i cui fedeli vivono attualmente il periodo quaresimale in vista della Pasqua, il 24 aprile prossimo, racconta come ci si sta preparando alla Settimana Santa e alla Passione, Morte e Resurrezione del Signore. Il popolo partecipa alla Via Crucis, pregando e digiunando in vista della Santa Pasqua da vivere insieme in famiglia, perché, ricorda, “la Pasqua è una festa della famiglia”. Il cardinale ricorda i recenti appelli per la pace e contro la guerra, in cui Papa Francesco ha citato anche l'Etiopia. Nel discorso Urbi et Orbi del Natale 2021, il Santo Padre ha pregato, perché il Signore “aiuti il Paese a ritrovare la via della riconciliazione e della pace attraverso un negoziato schietto, che metta al primo posto i bisogni della gente”. Inoltre il 27 febbraio scorso, dopo l'Angelus, il Papa ha esortato il mondo a ricordare le "guerre dimenticate”. Oltre all’Ucraina, Francesco ha chiesto di non dimenticare “le guerre in altre parti del mondo, come nello Yemen, in Siria e in Etiopia; tacciano tutte le armi! Dio è con gli operatori di pace, non con coloro che usano la violenza”.
Cardinale Berhaneyesus Souraphiel, Papa Francesco ha lanciato numerosi appelli contro le guerre e ha pregato in modo specifico per il vostro Paese, l'Etiopia. Che valore hanno gli appelli del Papa?
Hanno un grande valore. Abbiamo, infatti, ringraziato il Santo Padre per aver ricordato l’Etiopia con i suoi conflitti e guerre interne. Siamo molto grati per la sua preoccupazione e le sue preghiere per la situazione nel nostro Paese.
Come descriverebbe la situazione attuale?
Attualmente, almeno, non ci sono guerre o combattimenti come c’erano stati alcuni mesi fa. Ora va un po' meglio perché ci viene detto che i negoziati stanno proseguendo tra il governo federale e il governo regionale o le autorità politiche, perché per lo più il conflitto ruota attorno a questioni politiche ed economiche. Ci auguriamo che questo negoziato in corso porti a una pace duratura. Tuttavia, ogni volta che ci sono guerre e conflitti, sono i civili che soffrono di più. La gente comune ha patito molto, principalmente nella regione del Tigray, ma il dramma si è diffuso anche fuori dal Tigray, nelle altre regioni vicine come la regione di Amhara e la regione di Afar. Le persone stanno ancora soffrendo in queste aree di sfollamento, fame e distruzione.
Molte infrastrutture sono state distrutte, comprese scuole, strutture sanitarie e ponti…
Questi devono essere ricostruiti. Ho visto in alcune zone in cui ai bambini viene chiesto di andare a scuola solo per evitare che rimangano sempre a casa. Sebbene siano stati in grado di tornare in classe, hanno tuttavia trovato gli edifici distrutti. Stanno quindi seduti per terra, su pietre o tronchi di legno per seguire le lezioni. Lo stare insieme per gli studenti è molto importante. Ma la sofferenza della gente è continua. Il Programma Alimentare Mondiale delle Nazioni Unite, la Croce Rossa Internazionale e molte altre istituzioni, tra cui la Chiesa cattolica attraverso la Caritas, gli ortodossi, i musulmani e i protestanti, stanno cercando di salvare trasporti, cibo e medicine, se possibile. Ci auguriamo che gli aiuti non vengano a mancare per evitare che la fame diventi carestia.
La situazione umanitaria nel Tigray, secondo molti rapporti, sta peggiorando sempre di più. Ha un appello da fare?
La situazione umanitaria nel Tigray sta peggiorando sempre di più, perché il passaggio nei corridoi umanitari attraverso i quali le Nazioni Unite o il governo o altre agenzie stanno cercando di portare cibo nel Paese, a volte viene bloccato e non sappiamo da chi. A causa di ciò, la sofferenza della gente sta aumentando. Quello che abbiamo fatto come Conferenza episcopale cattolica dell'Etiopia è lanciare appelli alla nostra rete cattolica nel mondo, specialmente attraverso Caritas Internationalis. Solo due settimane fa abbiamo chiesto denaro per aiutare queste persone, non solo nel Tigray, ma anche nelle regioni vicine. Anche la siccità è peggiorata a causa del cambiamento climatico. Abbiamo insomma una grande crisi umanitaria in cui le persone hanno bisogno di assistenza.
Come vede anche l'appello di Papa Francesco per una tregua pasquale nella guerra in corso in Ucraina?
Siamo davvero dispiaciuti che sia scoppiata la guerra tra Russia e Ucraina. Dopo quasi 75 anni dalla seconda guerra mondiale, ho pensato che non ci sarebbe stata più la guerra in Europa. Ci fa molto male vedere il conflitto in Ucraina e la sofferenza della gente. Dai notiziari apprendiamo che oltre 4 milioni di persone sono andati via dal proprio Paese. Sappiamo cosa significa essere rifugiati, perché l'Etiopia è uno dei pochi Paesi africani che si prende cura dei rifugiati. Abbiamo circa mezzo milione di rifugiati somali, circa 300 mila rifugiati eritrei e circa 430 mila rifugiati dal Sud Sudan. Abbiamo anche dei profughi siriani giunti ad Addis Abeba. Non so come siano arrivati qui, ma le persone si spostano ovunque. Speriamo che la guerra in Ucraina non si intensifichi perché la guerra distrugge. In televisione vediamo immagini, non solo dell'Ucraina, ma anche dell'Iraq e della Siria, del Libano e dello Yemen. Il Santo Padre ha costantemente messo in guardia sulla terza guerra mondiale, che sta accadendo a pezzi, qua e là. Questo deve essere preso sul serio e fermarsi il prima possibile. L'appello del Papa per una tregua pasquale è molto, molto attuale. Esso ha bisogno non solo della voce del Santo Padre, ma anche di tutti i cristiani, perché la Russia e l'Ucraina sono nazioni cristiane. Anche in Yemen adesso, a causa del digiuno del Ramadan, i musulmani hanno smesso di combattere per un mese. Appoggio pienamente l'appello di Papa Francesco per la tregua pasquale.
Cardinale Souraphiel, il lieve miglioramento in Etiopia a cui accennava mentre sono in corso le trattative, è stato favorito dalle parole del Papa durante il discorso Urbi et Orbi di Natale e, più recentemente, del 27 febbraio durante il discorso dell'Angelus?
Sì. La leadership ortodossa e protestante, così come i musulmani nel Paese, hanno un grande rispetto per il Santo Padre. Qui in Etiopia, la gente comune continua a pregare per la pace. Direi che la gente sta pregando per la pace e per l'unità. Viviamo insieme da secoli. L'Etiopia non dovrebbe essere vista come un Paese di conflitto o di guerra, come accade solo negli ultimi 40 o 50 anni a causa di interessi politici diversi. Abbiamo molte sfide qui in Etiopia, ma credo e confido nelle preghiere delle persone che sono state unite per secoli, che si sono sposate e hanno vissuto come etiopi. Speriamo di avere delle soluzioni in modo che le persone tornino ad essere una cosa sola e ad essere unite. Lo preghiamo come cristiani sotto lo sguardo di nostro Signore Gesù Cristo che è morto sulla croce per tutti noi.
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