Madonnina distrutta nel seminario di Kiev Madonnina distrutta nel seminario di Kiev

Kiev, saccheggiato seminario. Il rettore: non solo i russi, ma anche gente del posto affamata

Bombardato due volte dall'inizio della guerra, il seminario cattolico di Vorzel è stato oggetto di una razzia. Portato via di tutto: dalle pentole al calice con cui Giovanni Paolo II celebrò la Messa nel 2001 in Ucraina. Padre Ruslan Mykhalkiv: "Penso che siamo stati derubati anche da gente che vive in zona. Hanno fame ed è tutto chiuso, qui c'era cibo e si sono sfamati. Questo è giusto, il resto no"

Salvatore Cernuzio – Città del Vaticano

“Sono stati i militari russi, ce lo hanno detto i vicini a cui abbiamo distribuito aiuti. Ma sono state anche le persone del posto. Sono disperate, hanno fame, qua è tutto chiuso, quindi hanno avuto questa idea di venire a prendere il nostro cibo. Meno male… Almeno hanno potuto sfamarsi”. Non c’è traccia di rancore nella voce di padre Ruslan Mykhalkiv, rettore del seminario teologico cattolico di Vorzel, nella regione di Kiev, semi distrutto in due attacchi (“forse missili, forse bombe”, dice) e saccheggiato al suo interno di ogni cosa: dal calice-reliquia di Giovanni Paolo II alle vecchie scarpe del rettore.

Il post del vescovo

La notizia della razzia è circolata grazie a un post su Facebook del vescovo della diocesi cattolica latina di Kiev, monsignor Vitalii Kryvytsky, che ha pubblicato anche alcune foto. In una si vede pure la statua di una Madonna decapitata. Sembrava quasi un gesto dissacratorio, in realtà è un altro, ennesimo, effetto della devastazione che ha travolto l’Ucraina dal 24 febbraio scorso.

La fuga e i bombardamenti

Proprio il giorno dopo l’attacco russo, il rettore ha portato via i seminaristi e anche i residenti del vicino orfanotrofio, due suore e cinque bambini. “Eravamo pronti già da giorni al fatto che potesse succedere qualcosa come poi effettivamente è accaduto”. La zona è stata occupata dall’esercito. Il gruppo si è rifugiato in una località a pochi chilometri, sulla strada che da Kiev porta a Bucha, tristemente nota per quello che il Papa ha definito un "massacro" di civili. In seminario è rimasto solo il padre spirituale, padre Igor, anche parroco del territorio. Il sacerdote si è trattenuto fino a qualche giorno fa, anche dopo un attacco che ha spaccato le finestre e distrutto una piccola casa per gli ospiti a fianco. “Erano missili o bombe, non grosse. Li hanno lanciati il quarto giorno dall’inizio della guerra. Lo so perché il padre spirituale ci ha mandato le foto”.

Rimettere a posto

Poco dopo che anche padre Igor ha lasciato il seminario, un altro attacco di “armi pesanti” ha colpito la struttura, creando il caos internamente ed esternamente. “L’ esercito russo aveva bloccato l’ingresso al territorio – racconta padre Ruslan – siamo potuti rientrare solo giovedì scorso e abbiamo subito scoperto che la porta principale era stata aperta. Ci avevano avvertito volontari e operatori Caritas che erano andati a Bucha e, di ritorno, hanno fatto un salto. Hanno provato a chiudere a tutto, senza però entrare dentro”. Seppur la struttura sia priva di acqua, luce e gas, il rettore e altri sacerdoti hanno accettato di tornare per rimettere a posto. “Quando siamo tornati abbiamo trovato di nuovo tutto spalancato e, dentro, abbiamo capito che non c’erano stati solo i bombardamenti”.

Rubato tutto

Dal seminario è stato portato via di tutto: pentole, router, lavatrici, computer, condizionatori, piccoli attrezzi. “Anche le cose non preziose ma che sembrano preziose… Hanno rubato tanti oggetti liturgici e il calice d’argento che Giovanni Paolo II aveva usato in una Messa durante la visita apostolica in Ucraina nel 2001. Per noi era una sorta di reliquia, la usavamo nelle grandi feste. Il vescovo ha parlato anche delle mie scarpe che usavo per andare a correre, ma veramente è l’ultimo dei pensieri. Anche ai seminaristi hanno rubato scarpe e vestiti”.

"Avevano fame..."

La dispensa è stata svuotata: “Avevamo qualcosa per vivere, patate, pasta, altre conserve. Non c’era più nulla”, dice il rettore. “E meno male”, ripete. In che senso?  “Sappiamo che sono stati i russi a saccheggiare il seminario perché ce l’ha detto la gente a cui abbiamo portato del cibo. Ci raccontavano che hanno usato una tecnica particolare per aprire il cancello e schiacciare le porte. Ma penso che siamo stati derubati anche dalle persone che vivono qui. Lo facevano anche prima alcuni disperati che rubavano piccoli utensili da cucina. Adesso hanno preso tutto il cibo. Va bene… Qua c’era da mangiare e la gente aveva fame. Tutto è chiuso, dove potevano prendere le cose? Hanno avuto questa idea, che magari non è proprio secondo coscienza, ma bisogna capire il contesto della guerra, dell’occupazione. Sapevano che potevano sfamarsi. È giusto…”.

O meglio, chiarisce il rettore, “questo è giusto, il resto no”.

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11 aprile 2022, 16:30