Giubileo delle Maestre Pie Filippini: a scuola per una formazione integrale
Antonella Palermo - Città del Vaticano
Le Suore Maestre Pie Filippini festeggiano quest'anno il 350° anniversario della nascita della fondatrice Santa Lucia Filippini. Il Giubileo è stato aperto il 16 gennaio a Montefiascone (VT) con l’apertura della Porta Santa seguita dalla solenne celebrazione eucaristica presieduta dal vescovo Lino Fumagalli di Viterbo. La Casa Provinciale a Roma, in via delle Fornaci 161, celebra questa ricorrenza con un triduo di preparazione e la celebrazione della Messa il 12 maggio nella parrocchiale di Santa Maria delle Fornaci presieduta da monsignor Fabio Fabene.
Illuminare le intelligenze e sollevare i cuori
Lucia Filippini nasceva il 13 gennaio 1672. Rimase orfana giovanissima. Dopo l’incontro a Tarquinia con il cardinale Marcantonio Barbarigo, Lucia è stata affidata da lui al monastero di santa Chiara in Montefiascone per continuare la formazione. Fu questa la sua palestra: illuminare le intelligenze e sollevare i cuori era il suo proposito. Rinnovare la società dell’epoca con l’apertura delle scuole per fanciulle era il sogno del Barbarigo. E’ stata Rosa Venerini a dare inizio a queste scuole nella diocesi di Montefiascone e quando lei dovette ritornare a Viterbo, il cardinale affidò le scuole alla giovane ventenne Lucia Filippini. Alla scomparsa di Rosa Venerini, Lucia sola ne continuò l’opera. Aprì diverse scuole a Montefiascone, estese gli istituti a Roma e in altri centri d’Italia, e ne costituì numerosi anche all’estero, in particolare in Nord America, dove tuttora lavorano con grande frutto. Morì il 25 marzo del 1732. Il 22 giugno 1930, la canonizzazione.
Il carisma di dare dignità alle donne attraverso l'istruzione
L'epoca in cui nacque l'Istituto era segnato da una marcata esclusione sociale della donna relegata in un ruolo "seppellito", come arriva a dire una delle maestre. "Nato per aiutare le fanciulle e le donne a prendersi la propria dignità", l'Istituto delle Maestre Pie Filippini vuole operare nell'ambito dell'insegnamento con lo stile della fondatrice: docile, mite soprattutto verso le ragazze povere. Preghiera, canto e lavoro manuale erano le inclinazioni a cui formava Lucia - ricordano le insegnanti - e predicava esercizi spirituali alle donne. "Una tradizione continuata fino ad oggi in modo diverso. Ci impegniamo anche a formare laici che si sentono aiutati ad affrontare i problemi della società con più fortezza".
"Dolcezza e mansuetudine, fermezza e benevolenza"
Dal 1929 in via delle Fornaci c'è una delle scuole materne, un tempo comprendeva anche le elementari. "Si lavora molto bene nonostante il numero degli alunni si va riducendo", spiega la direttrice. Accoglie anche diversi bambini di famiglie straniere. La sfida è stata atrtaversare il periodo più critico della pandemia che "ha inciso molto sui bambini, hanno sofferto" ma ora stanno bene, sono contenti e tranquilli. "Abbiamo adeguato gli ambienti ma soprattutto abbiamo cercato di capire meglio la condizione in cui si sono ritrovati per cercare di riempire quel vuoto con amore e dedizione facendo raccontare il disagio che hanno avvertito quando si sono sentiti lontani dalla scuola", dice ancora. E ci tiene a sottolineare che questa è la loro casa. "Con le famiglie c’è spirito di collaborazione, apertura e dialogo - osserva - e il nostro stile educativo è improntato a "spirito di dolcezza e mansuetudine unito a fermezza e benevolenza", così come quello della fondatrice. L'importante, ribadisce, è aiutarli a crescere in tutta la loro personalità, "aiutarli ad educare la volontà, cosa che oggi è molto difficile". L’educazione integrale della persona, cercando di tirar fuori il meglio da loro fin dalla tenera età.
Educare alla relazione
La Maestra ricorda - in un tempo assediato dai social, dal bullismo, da un parziale offuscamento del ruolo dell'agenzia scolastica nella società contemporanea ma anche da fenomeni di forte dispersione - che la scuola resta una necessità assoluta. "In Italia vedo un protagonismo e individualismo accentuato. Manca la capacità di aprirsi agli altri. La scuola serve a questo, invece, non solo a trasmettere competenze". E la direttrice conclude: "Cerchiamo prima di tutto di apprezzare i ragazzi nelle sue peculiarità, facciamo capire loro quanto valgono ai nostri occhi. I bimbi hanno bisogno di questo, di fidarsi, di sapere che la scuole li ama e li stima. Ci vuole umanità, comprensione per poter tirar fuori dall’alunno il buon bagaglio che porta con sé".
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