San Filippo Neri e la sua Roma
Maria Milvia Morciano - Città del Vaticano
Nato a Firenze nel 1515, San Filippo venne a Roma all’età di diciannove anni come pellegrino e non se ne andò più. Non era romano ma lo diventò, tanto che nelle biografie sono riportate alcune sue espressioni in romanesco, poi diventate proverbiali, come la più celebre “State bboni se potete...!”.
Pellegrino Urbano
Fu un vero “pellegrino urbano” attraverso le vie di Roma e dormiva anche per strada, negli androni, spingendosi fino alle periferie, sulle tracce degli antichi cristiani e degli Apostoli, dove visitava chiese e catacombe fermandosi in preghiera e contemplazione.
Lungo il suo cammino aveva sempre parole di conforto e allegria per tutti e prestava aiuto ai poveri e agli ammalati. In particolare appare tra i membri dell’ospedale di San Giacomo in Augusta, detto "degli Incurabili”, lo stesso dei santi Camillo de Lellis, Gaetano da Thiene e Felice da Cantalice, in via Antonio Canova, una traversa di via del Corso.
Le Sette chiese
A lui, infatti, si deve l’uso di riprendere e ripercorrere la visita alle “Sette chiese” di tradizione medioevale. Una iniziativa nata in modo spontaneo, nel 1552, e legata al periodo quaresimale, prima con pochi amici e i ragazzi dell’oratorio, poi con una vera folla di persone. Un vero percorso di trekking urbano: si partiva dalla chiesa di San Girolamo per giungere a San Pietro a passare la notte. Il giorno dopo si faceva tappa a San Paolo Fuori le Mura per proseguire a San Giovanni in Laterano, alla basilica di San Lorenzo, a Santa Maria Maggiore, alla basilica di Santa Croce in Gerusalemme e infine alla basilica di San Sebastiano dove, nelle catacombe, nel giorno di Pentecoste del 1544, il suo cuore fu colpito da “un’effusione dello Spirito Santo” come lui stesso raccontava.
In ricordo del suo passaggio lungo la via che prende nome appunto dalle visite alle “Sette chiese”, in piazza Eurosia 3, la sua figura è sull’arco di un portale, mentre accanto alla chiesa a lui dedicata, di San Filippo Neri in Eurosia, vi è un murale datato al 1996 e firmato da Salvatore Russo, con Filippo circondato da bambini, giovani e viandanti.
Il primo Oratorio
Insieme al suo confessore Persiano Rosa, nel 1548, Filippo dà vita alla Confraternita della SS. Trinità presso la chiesa di San Girolamo della Carità, nei pressi di piazza Farnese, all’inizio di via Monserrato. La presenza del santo si sente viva nell’Oratorio ancora visitabile.
Filippo nel 1554 fa costruire nei locali sopra la chiesa, prima adibiti a granaio, l’Oratorio. In una sala cinquecentesca si susseguono i ritratti dei personaggi più legati a Filippo, e da qui si va alle sue camere. La stanza dove dormiva è molto piccola e oggi sul perimetro del letto vi è un altare risalente al 1638, allestito dopo la canonizzazione, avvenuta 12 marzo 1622.
La chiesa di San Girolamo sorge sulla domus di una matrona, santa Paola, che nel 382 aveva ospitato Girolamo, chiamato a Roma da papa Damaso.
La chiesa attuale risale alla ricostruzione dopo l’incendio del 1631 e vede l’opera fastosa del pieno barocco romano di molti artisti come Domenico Castelli, Carlo Rainaldi e ancora del Domenichino, Agostino Carracci. A Filippo Juvarra si deve la Cappella Antamoro, unica opera romana dell’architetto messinese, dedicata a Filippo Neri, con la statua del santo scolpita da Pierre II Le Gros il Giovane.
Ma è il crocifisso in legno della metà del XV secolo, nella cappella Speziali, che commuove: secondo la tradizione è qui che Filippo celebrava la santa Messa e un giorno il Cristo gli parlò.
San Giovanni dei Fiorentini
Ben presto l'Oratorio non basta più a contenere la comunità sempre più ampia. Nel 1564 Filippo assume la rettoria di San Giovanni dei Fiorentini, in via Giulia. La basilica di San Giovanni è barocca ma conserva una severità formale e i colori grigi tipici di Firenze. Ricchissima di opere, conserva una traccia di Filippo, povera ma fondamentale: una semplice croce in legno orlata da un lineare intarsio dorato, situata nella cappella Torrigiani lungo la navata destra.
Santa Maria in Vallicella
Nel 1575, Papa Gregorio XIII con la bolla Copiosus in misericordia Deus istituisce la Congregazione dell’Oratorio. A Filippo viene affidata la chiesa parrocchiale di Santa Maria in Vallicella che fu subito ricostruita e per questo chiamata anche Chiesa Nuova. Le origini del luogo ruotano tutte intorno al culto mariano, dato dall’immagine miracolosa della Vergine, posta sull’altare maggiore, al centro di un dipinto con angeli e santi di Pieter Paul Rubens. Al tempo di Filippo, per suo espresso volere la chiesa era più semplice di ora, con l’abside, le volte e la cupola intonacate di bianco e non decorate. Nel tempo la chiesa fu abbellita da opere di importanti artisti. A sinistra del presbiterio, c’è la cappella con la sua tomba, costruita tra il 1600 e il 1606 a spese di un parente, Neri del Nero. Nella teca di cristallo riposa il suo corpo con il volto coperto da una maschera d’argento mentre sull'altare c’era la pala di Guido Reni, ora spostata nel convento, che propone l’iconografia più diffusa di san Filippo: Maria con il Bambino e il santo in adorazione, con l’abito sacerdotale e le braccia aperte in segno di adorazione. Oggi sostituisce l'opera un mosaico a uguale soggetto. Accanto alla chiesa, tra il 1637 il 1640, il Borromini progettò il nuovo Oratorio dei Filippini. Vi si accede dal cortile alle stanze private di san Filippo dove sono conservate sue reliquie, come un frammento del suo cuore, e oggetti del quotidiano.
Le edicole votive
Testimonianza della devozione dei romani per il “santo della gioia” risiede nelle numerose edicole votive sparse lungo le vie e agli angoli delle strade dove più forte è stata la sua presenza e il suo operato. Non è difficile imbattersi nella sua figura assolutamente riconoscibile: il volto severo ma buono, barba e capelli bianchi, abiti sacerdotali. E quasi sempre in adorazione della Vergine con il Figlio o, in angolo della composizione, scuro e discreto, mentre bacia il piedino di Gesù Bambino.
In via del Pellegrino, all’angolo con l’Arco di Santa Margherita, c’è una delle più belle edicole di Roma, realizzata nel 1716 per volontà del cardinale Pietro Ottobuoni, ma altre, di varie epoche, sono in vicolo del Bollo, in via Monserrato, all’angolo con piazza Farnese, in via di Panico all’angolo di vicolo San Celso n. 18, nel vicolo della Campanella ai nn. 27°-28. Infine, sulla facciata della chiesa di Santa Maria Maddalena, la sua statua è in una nicchia a sinistra.
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