Orionini, invocare Maria per liberarci dalla guerra
Antonella Palermo - Città del Vaticano
Era il 4 giugno 1944: Roma, ancora piena di militanti fascisti e sotto scacco dei nazisti, diventava città aperta e veniva liberata dagli americani. L'epilogo di una fase incandescente che era stata segnata dal timore di una violazione di questo territorio con morte e distruzione. Pio XII aveva invitato i cristiani a pregare la Madonna perché la città venisse risparmiata dal conflitto mondiale. Fra questi c’erano stati anche amici e allievi di Don Orione: avevano promosso un voto popolare per scongiurare il pericolo. Dall'evoluzione dei fatti, si può dedurre che fu esaudito.
La liberazione di Roma nel '44 e quel voto a Maria
A rievocare quella porzione di storia d'Italia e di Roma, intrecciata con la devozione mariana e con il fervore mostrato dagli orionini per i quali quella data oggi rappresenta un anniversario importante, è Don Flavio Peloso, parroco a Santa Maria Mater Dei, a Roma, settimo successore di Don Orione.
Anche l’allora Sostituto della Segreteria di Stato, Giovanni Battista Montini, caldeggiò l'iniziativa - spiega Don Flavio - per cui si raccolsero firme per tutte le vie e piazze di Roma fino ad ottenerne un milione e 100mila. Furono fatte pervenire al Papa il quale, commosso per questa così ampia adesione, incaricò il decano dei parroci di Roma di pronunciare il voto che fu fatto nella chiesa di Sant’Ignazio dove era custodito ed esposto il quadro della Madonna del Divino Amore. In effetti, la liberazione di Roma avvenne - come ci riportano le cronache - senza colpo ferire, senza nessuna ostilità. Gli eserciti alleati che entravano da sud verso il centro della capitale e l’esercito tedesco che usciva dalla città verso nord. "Il modo in cui questa scena avvenne fece pensare che effettivamente la Madonna aveva esaudito le preghiere", osserva ancora Don Flavio.
Gli orionini accolsero orfani e mutilatini della guerra
La devozione mariana è una delle cifre distintive della spiritualità e della storia di don Orione, tanto che "un voto simile era stato pronunciato per la fine della prima Guerra mondiale, a Tortona, nella città dove viveva e si è sviluppata la Congregazione", ricorda Don Flavio. Consisteva nel promettere conversione e in due segni concreti: un’opera di culto e un’opera di carità. A metà luglio arrivò dal Vicariato, che era stato interessato dai comandi degli alleati per dare soluzione al problema inquietante, l'invito a darsi da fare per i tanti orfani adolescenti, a volte feriti. Furono offerti i due grandi edifici degli orionini a Montemario destinati alla gioventù fascista e che erano rimasti vuoti. "Accettammo per questa disponibilità - racconta Don Peloso - e già in settembre entrarono in funzione gli stabili per i mutilatini e i ragazzi che avevano perso i genitori".
La costruzione della statua della Madonna
L’opera di culto venne dopo. "Erano momenti di emergenza e ristrettezze economiche. C’era una torretta prospiciente sulla città che fungeva da serbatoio per l’acquedotto - riprende il parroco - e fu prospettava l’idea di collocarvi sopra una grande statua, come fu fatto a Tortona. Ci si rivolse ad Arrigo Minervi, scultore ebreo molto insigne all'epoca, che peraltro era stato protetto nei nostri istituti. Amici e allievi dell’Opera - sottolinea il religioso - di nuovo a fare il giro delle piazze romane per raccogliere il rame che serviva per costruirla. E’ una statua che raccoglie la preghiera, il voto dei romani e il loro povero obolo".
La preghiera alla Madonna come ricorso sicuro ed efficace
Inevitabile pensare alla guerra di oggi in Ucraina i cui echi arrivano ovunque nel mondo, e alle tante guerre ancora in corso in varie parti del pianeta. Ancora impresso nella memoria di tanti l'atto di consacrazione al cuore immacolato di Maria di Russia e Ucraina compiuto da Papa Francesco lo scorso marzo. "La preghiera alla Madonna è sempre stata nella storia della Chiesa un ricorso sicuro ed efficace - commenta don Flavio - prima per disporre gli animi e poi per aprire porte alla Provvidenza, nel congiungere volontà sulla via della pace. Per cui anche in questo tempo questa ‘arma pacifica’ apre i cuori quaggiù. Tutto concorre al bene di coloro che amano il Signore".
La vicinanza degli orionini ai fragili in Ucraina
"Così come allora, oggi coi profughi di Ucraina noi accogliamo nelle case della Congregazione 400 profughi, in gran parte mamme e bambini", spiega Peloso, precisando che si prendono cura anche di una trentina di disabili, alcuni gravi. Ottanta bambini, sempre tramite l’opera di ponte di carità degli orionini a Leopoli, hanno potuto essere accompagnati e accolti all’ospedale Zurlo di Trieste, molti hanno problemi oncologici. "Si è mosso questo cuore senza confini che davvero fa unità tra est e ovest dell’Europa e fraternità nel mondo", racconta. A collaborare anche la diocesi di Taranto, Siena, Ascoli Piceno. "E’ bello. Esperienze che formano quel manto che la Madonna della Divina Provvidenza stende ancora".
Don Orione, lo stratega della carità
La famiglia orionina - che peraltro è riunita in Capitolo generale dal 31 maggio al 22 giugno sul tema "Gettiamoci nel fuoco dei tempi nuovi. Per Evangelizzare il mondo mediante la Profezia della Carità, nuova nello stile, nella forma e nelle frontiere" - si sta preparando alla rievocazione di quel 4 giugno dopo un mese di maggio interamente dedicato alla preghiera del rosario fino a domani. Domani si svolgerà la processione, partendo dalla parrocchia Mater Dei fino a Montemario, ai pressi della madonnina. Sarà presente anche monsignor Vittorio Francesco Viola, già vescovo di Tortona e ora segretario della Congregazione per il culto divino e la disciplina dei sacramenti. Con la celebrazione della Messa si concluderanno queste giornate, un tempo che farà meditare e riscoprire il bene operato da Don Orione, nato 150 anni fa. La sintesi del suo carisma don Flavio la affida a San Giovanni Paolo II, il quale lo definiva: una geniale espressione della carità cristiana, lo stratega della carità. "Che è poi la strategia di Gesù, che con la carità ha compatito il mondo. Poiché solo la carità salverà il mondo", conclude Peloso.
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