L’eredità di San Benedetto, una luce per l’Europa sfigurata dalla guerra
Amedeo Lomonaco – Città del Vaticano
“L’uomo di Dio che brillò su questa terra con tanti miracoli non rifulse meno per l’eloquenza con cui seppe esporre la sua dottrina”. Con queste parole San Gregorio Magno descrive San Benedetto da Norcia, vissuto nel V e VI secolo d.C. e proclamato patrono d’Europa nel 1964 da Papa Paolo VI. Fondatore del monachesimo occidentale, San Benedetto ha avuto una influenza fondamentale nella cultura europea. La sua Regola è una sintesi della spiritualità orientale e dell’operosità occidentale in cui le direttrici “ora et labora” si affiancano al Vangelo incarnato. Di lavoro e preghiera ha bisogno l’Europa, ferita nel XX secolo da due guerre mondiali e in questo tempo scossa dal conflitto in Ucraina. È quanto sottolinea dom Fabrizio Messina Cicchetti, direttore della biblioteca statale del monumento nazionale di Santa Scolastica aggiungendo che San Benedetto oggi ci direbbe una parola in particolare: pace!
Com'è possibile, nell’attuale scenario europeo sconvolto dalla guerra in Ucraina, percorrere vie di pace seguendo le orme di San Benedetto?
San Benedetto quando inizia il suo percorso, attraverso una ricerca di Dio molto personale, lo fa salendo a Subiaco e cercando il Signore. Questo avviene per lui in una prima esperienza di tipo eremitica. Come ci ricorda San Gregorio Magno, Benedetto vive solo con sé stesso sotto lo sguardo di Dio. È una ricerca di Dio che è quindi una ricerca di pace. Una ricerca di pace per sé che ben presto Benedetto sarà chiamato ad offrire ai suoi discepoli. È uno stile di vita quello che Benedetto inaugura, o meglio prosegue, nel solco del Vangelo. Benedetto sul monte incontra Cristo, così come i discepoli lo hanno visto trasfigurato. E in quella luce ascolta la voce del Padre che dice: “Questo è il mio Figlio”. La vera ricerca di pace per l’Europa, per l’Ucraina, per la Russia e per tutti i Paesi coinvolti in questa inutile strage è esattamente quella di ritrovare in Cristo la fonte della pace, della luce. Così come ha fatto San Benedetto. Una pace che non è solo intima, personale. Ma è una pace che si può realmente donare agli altri perché è la pace di Cristo. Lui stesso lo ha detto: “Vi lascio la mia pace”, non come la dà il mondo.
Per trovare vie di pace l’Europa ha bisogno di riscoprire la propria identità, le proprie radici. Ha anche bisogno di essere riedificata con due pilastri dell’opera benedettina, la preghiera e il lavoro. Queste pietre miliari possono aiutare l’Europa ad uscire dalle sue situazioni di buio?
Credo di si, perché l’esperienza di San Benedetto, anche se lontana da noi diversi secoli, è attuale: laddove c’è una identità fortemente ancorata al Vangelo, che riconosce in Cristo Colui che va seguito e imitato, questo non può che generare pace. Non può che generare una consapevolezza di un discepolato che necessariamente vive di preghiera, cioè di incontro con il Signore. Una preghiera condivisa che diventa anche incontro con i fratelli e un camminare insieme con Cristo. Preghiera e lavoro sono capisaldi della Regola di San Benedetto ma sono anche i capisaldi di una società, di un Paese che vuole davvero ritrovare la propria libertà, la propria identità, vivendo sotto lo sguardo del Vangelo una era nuova di pace e di serenità.
I numerosi monasteri sorti sulla scia del carisma di San Benedetto sono una delle eredità del patrono d’Europa. Questi spazi oranti, sparsi in tutto il mondo, sono oggi delle fiaccole in cui si riflettono le più autentiche speranze di riconciliazione…
Nel corso dei secoli il monachesimo benedettino si è diffuso dapprima nel Continente europeo e poi in tutto il mondo. Oggi l’Ordine è presente, attraverso i suoi monasteri, in tutti e cinque i continenti. I monasteri sono sicuramente la garanzia di una presenza di uomini e di donne impegnati a creare comunione. Sono luoghi di preghiera e di lavoro ma, soprattutto, sono luoghi di comunione. Benedetto prescrive nella Regola l’accoglienza: i monasteri sono infatti luoghi aperti all’accoglienza. Tutti abbiamo la possibilità di fare nei monasteri una esperienza condivisa di preghiera, di lavoro, di ricerca di Dio.
Quale sarebbe oggi, in questi giorni così difficili, il messaggio di San Benedetto? Cosa ci direbbe?
Credo che San Benedetto, definito “pacis nuntius” (annunciatore di pace) da Papa Paolo VI quando viene proclamato patrono d’Europa, ci rivolgerebbe questa parola: pace! Non è una parola scontata, non un concetto astratto ma una verità da perseguire e da vivere. La pace che Benedetto ci porta è la pace di Cristo. È la pace per cui Cristo ha dato la sua vita. Se non apriamo le porte a Cristo, resteremo senza pace.
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