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Suor Anna, salesiana ucraina, fa giocare i ragazzi profughi in Polonia

Il racconto di un campo scuola per minori tra i 6 e i 12 anni, ospitati prima in una casa famiglia a Khmelnytskyi, in Ucraina, ora in un centro accoglienza a Garczyn. Loro hanno vissuto solo i primi giorni del conflitto - spiega - ma hanno subito diversi traumi nel tempo. Abbiamo pregato per la pace, loro vogliono tornare nella loro terra. "La guerra è disumanità, ora capisco di più come vivono i popoli che la subiscono"

Antonella Palermo - Città del Vaticano

Suor Anna Zainchkovska è nata a Odessa, dove si trovava al momento dell'invasione russa. Era arrivata per qualche giorno a visitare sua mamma. Poi la decisione di portarla in Polonia dove  è rimasta rispondendo alla richiesta delle sue consorelle di un aiuto per i profughi ucraini nel Paese confinante. Così, dopo un breve rientro a Leopoli e Kyiv, dove svolgeva la sua missione, è ancora in Polonia e racconta ai nostri microfoni l'esperienza accanto a un gruppo di ragazzi per i quali ha guidato un campo estivo. 

Ascolta l'intervista con Suor Anna

I ragazzi hanno ancora voglia di giocare

"Hanno ancora voglia di giocare": dice suor Anna riferendosi alle attività svolte per una decina di giorni, fino alla scorsa settimana, con 120 ragazzi dai 6 ai 12 anni a Garcen, vicino a Gadnck, in Polonia. Le loro storie erano già storie di disagio, con famiglie alle spalle problematiche (alcool, patologie psichiatriche, molestie...) tanto che non vivevano nei loro nuclei di origine bensì in una casa famiglia. Passati pochi giorni dall'inizio della guerra, sono stati trasferiti in un centro di accoglienza polacco dove suor Anna, insieme a undici animatori polacchi e ucraini sfollati, si è data da fare per creare una dimensione di affetto, e far sì che da vite dove il dolore si stratifica, possa venir fuori una generazione consapevole, matura, ispirata ai valori del bene comune, del rispetto, della pacifica convivenza. 

Coloriamo la vita

"E' stato molto bello stare con loro. Il direttore di questo Centro polacco ci aveva detto che alcuni ragazzi vivono danni psicologici, sono inclini a rubare, non hanno cura delle cose. E allora abbiamo lavorato sul tema 'Coloriamo la vita'. Ogni giorno - racconta la religiosa - riflettevamo su un colore abbinato a un valore: amore, responsabilità. Veramente ho sentito quanto i bambini abbiano bisogno di stima, attenzione, amore. Si sono molto affezionati a noi. Ci ascoltavano, obbedivano e non volevano lasciarci andare quando il campo è finito. Ci raccontavano le loro storie. Tristi". Suor Anna sottolinea che il primo quando sono arrivati là, i ragazzi non erano abituati nemmeno a lavarsi i denti, erano trascurati. E che piano piano hanno cominciato a imparare le regole dello stare insieme senza prevaricazioni. "Hanno giocato tanto e non vedono l’ora di tornare in Ucraina. Sono molto patrioti. Siamo riusciti a trovare un canale di comunicazione con questi bambini difficili. Abbiamo pregato ogni giorno per la pace, per il nostro esercito", dice Suor Anna. "Anche la loro voce di piccoli si è unita. In questo centro sono accolti molto bene".

"Adesso capisco di più i popoli che vivono in guerra"

"Questi ragazzi non hanno vissuto i bombardamenti, ma sono ugualmente colpiti emotivamente dall’aggressione, dall’invasione russa della loro terra", spiega suor Anna. "Qui ora ricevono anche diversi regali, si mostrano amorevoli ma vogliono tornare in quella che considerano la loro casa, l'Ucraina. La guerra è dolore, paura, un male grande. E’ disumanità, questo per me è la guerra. Adesso che è capitato alla mia terra mi sento più vicina ai popoli che vivono da tempo questo male. La guerra mi insegna che non si può contare sull’uomo. Sì, i politici ci possono aiutare a difenderci da un aggressore. Ma ormai sono senza forza. Si deve contare su Dio che solo può vincere il male. Bisogna confidare nel Signore che cambi i cuori", confida ancora la salesiana.

Suor Anna con i bambini ucraini del campo scuola
Suor Anna con i bambini ucraini del campo scuola

E ricorda che tra gli animatori ce n'erano due non credenti e che anche loro hanno ammesso la forza della preghiera: "Parlavamo di Dio. Loro adesso vogliono entrare in chiesa, vogliono confessarsi, pregare. E’ una bella testimonianza e un buon frutto. Preghiamo che i nostri confini vengano preservati", prosegue suor Anna che si augura che ci sia in futuro anche un rinnovamento della società della politica, senza corruzione. In qualche modo riprende ciò che il Papa ha espresso ieri dopo l'Angelus domenicale, a proposito della sfida che pone la guerra affinché ci siano statisti saggi. "La guerra - dice, alludendo ovviamente a un paradosso - può cambiare le menti".

"Voglio tornare nelle nostre scuole in Ucraina. Che il futuro sia più bello"

"Siamo molto riconoscenti al Papa che ricorda sempre l’Ucraina", conclude. Il suo sguardo non si ferma alla sua terra ma si allarga a tutti i Paesi in guerra. A fine a luglio tornerà a Kiev perché sente il bisogno di stare accanto alle famiglie che stanno tornando piano piano. "Siamo impegnate con l’apertura delle classi scolastiche, molti ci dicono che vogliono mandare i loro figli da noi. Quindi voglio tornare sebbene sotto l’insicurezza, non si sa dove e cadrà una bomba, ma voglio tornare". La scuola è quella dedicata a San Giovanni Paolo II, costruita di recente. Lì ha intenziore di organizzare anche gruppi di sostegno spirituale-psicologico per i genitori e figli. Che torni la vita tra le macerie. 

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04 luglio 2022, 10:51