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Suor Claudia con il cardinale Parolin Suor Claudia con il cardinale Parolin 

Suor Claudia: "In missione a Kinshasa accanto a quelli che gli altri rifiutano”

La religiosa delle Sorelle dei Poveri, bergamasca ma dagli anni ’90 nella Repubblica Democratica del Congo, racconta il servizio svolto per malati, anziani, orfani, malnutriti. Oppure per neonati abbandonati, come avvenuto recentemente con un bimbo lasciato lungo il fiume col cordone ombelicale ancora attaccato. “La società non ci aiuta e mancano i mezzi, ma c’è una Provvidenza che ci guida”

Salvatore Cernuzio – Inviato a Kinshasa

Suor Claudia Nicoli ha la voce di una bambina, ma la tempra di una leonessa. “Un trattore”, la descrivono i sacerdoti di Kinshasa, che la vedono in azione nella capitale congolese dal 1996, quando la religiosa, appartenente alla Congregazione delle Sorelle dei Poveri fondata dal beato Luigi Palazzolo, ha lasciato l’Italia per venire “con gioia” nel Paese africano. Doveva sostituire una delle sei consorelle rimaste uccise dal virus dell’Ebola. Erano andate a Kikwit, a 500 km da Kinshasa, per aiutare i malati, nonostante il parere contrario di tutti. 

Incontrare il Signore servendo i poveri 

Da subito suor Claudia, bergamasca, si è messa in moto per questa popolazione dove l’emergenza è all’ordine del giorno. “Mi è dato ogni giorno di incontrare il Signore servendo i poveri, i malati, e questo per me è un dono grande, la cosa più bella”, dice a Vatican News che la incontra a margine dell’incontro di ieri pomeriggio nella Nunziatura apostolica del cardinale Pietro Parolin con le Congregazioni religiose locali e i loro assistiti. 

Ascolta l'intervista a suor Claudia Nicoli

I "nonni" 

Suor Claudia ha potuto raccontare al segretario di Stato il servizio svolto da lei e le altre suore e ha presentato alcuni “nonni”, gli anziani assistiti nella casa di riposo vicino l’aeroporto che da oltre quarant’anni accoglie "coloro che gli altri rifiutano". C’erano, tra questi, “papa Williem”, cieco, con la moglie “maman Justine”, paralitica, che vivevano in una casa senz’acqua con lui che chiedeva l’elemosina tutto il giorno e che ogni tanto si ricordava di spostare la moglie in una stanza, dove rimaneva ferma tutto il giorno, facendo anche i bisogni nello stesso posto. 

"Maman" Bernadette

In Nunziatura c’era pure “maman Bernadette”, anche lei paralizzata alle gambe. “È arrivata da noi giovanissima, magrissima, piena di piaghe da decubito”, spiega suor Claudia, “per mancanza di soldi, non riceveva più cure”. Oggi la donna di anni ne ha 55 ed è cambiata nel corpo e nell’anima: “Consiglia i giovani, confeziona abiti cucendo dal suo letto. Guarda quello che ha indosso che bello! Prega sempre per tutti e, per i dieci anni nella nostra casa, ha voluto fare una Messa per ringraziare il Signore della sua storia”. 

Missione

I “nonni” sono solo una delle categorie di poveri che suor Claudia e le sue sorelle assistono quotidianamente. Gli altri sono malati, orfani, bambini malnutriti. “Nella nostra casa di Kinshasa abbiamo un centro ospedaliero, c’è pure una grandissima scuola, una casa di riposo, un centro per la malnutrizione. In tutti questi posti è la nostra missione”.

Il neonato abbandonato lungo il fiume

Di scene ne ha viste tante la religiosa in questi anni, ma una, recente, le è rimasta particolarmente impressa. “C’era un bambino appena nato abbandonato su un sentiero lungo il fiume Ansene. Era quasi morente con il cordone ombelicale attaccato, ma senza nessun nodo. Vivo per miracolo, quindi… La donna che l’ha trovato, una poliziotta, ha detto: ‘Lo portiamo dalle suore perché lì c’è la vita’. Ce lo hanno portato e, appena arrivato, ha pianto. Per noi è stato un pianto di gioia, quel bimbo era vivo. L’abbiamo curato e ora è in una famiglia”.

La società non aiuta, ma la Provvidenza ci guida

Suor Claudia incrina la voce per la commozione mentre racconta questi fatti, poi cambia tono alla domanda su quale sia la difficoltà più grande nel suo servizio: “È avere a che fare con persone che a volte non solo hanno la povertà fisica, ma anche quella morale, un’ignoranza che a volte non permette neppure a loro stessi di rimettersi in piedi”. “Per me – dice - la cosa più bella che possiamo fare è quella di aiutare a rialzarsi. Non sempre è facile perché mancano i mezzi, la società non ci aiuta, però c’è una Provvidenza che ci guida ogni giorno”. 

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04 luglio 2022, 09:00