Pietro da Morrone e la sua spiritualità ancora viva nelle monache benedettine celestine
Tiziana Campisi – Città del Vaticano
Il suo nome era Pietro Angelerio, non si conosce la data esatta della sua nascita, ma si ritiene di poterla collocare tra il 1209 e il 1215. A rivendicarne i natali sono diverse città, tra cui Isernia e Sant’Angelo Limosano. La sua era una famiglia di modesti contadini, lui il penultimo di dodici figli. Attratto dalle austerità della vita monastica, decise di indossare l’abito dei benedettini nell’abbazia di Santa Maria di Faifoli. Poco più che ventenne si indirizzò ad una vita più eremitica, scelse la Maiella e si fermò in una grotta sul monte Palleno.
Eremita nella Maiella e sul monte Morrone
La sua presenza e il suo esempio di vita non passarono inosservati, in tanti volevano conoscerlo, parlargli, confessarsi con lui, e fu proprio la gente a pregarlo di farsi sacerdote. Pietro iniziò allora il suo iter studiorum a Fossacesia e poi raggiunse Roma, dove intorno al 1237 fu ordinato presbitero. Per continuare la sua esperienza eremitica, subito dopo si trasferì sul monte Morrone, da cui l’appellativo con il quale venne poi chiamato. Ebbe fama di santità, si raccontava di conversioni, prodigi e guarigioni. Ma Pietro preferiva la vita solitaria e per questo tornò nella Maiella, alla ricerca di luoghi sempre più impervi in cui stabilirsi. Cominciarono ad imitarlo diversi giovani e intorno a lui nacque una comunità di eremiti. Pian piano l’organizzazione cenobitica crebbe e nel 1264 Pietro costituì, con l'approvazione di Urbano IV, gli Eremiti di San Damiano, detti in seguito celestini, che scelsero la regola benedettina interpretata con molta severità. A capo dell'ordine religioso si spostò in diverse comunità.
L’incontro con Gregorio X
Nel 1274, venuto a sapere che al Concilio di Lione si volevano limitare i nuovi ordini religiosi, temendo che l'ordine monastico da lui fondato venisse soppresso, Pietro decise di recarsi in Francia. Fu ricevuto da Gregorio X che confermò la sua congregazione. Grande era infatti la fama di santità che lo accompagnava, tanto che il Papa gli chiese di celebrare una messa davanti a tutti i padri conciliari. La famiglia religiosa fondata dal monaco eremita arrivò a contare 36 comunità, popolate da circa 600 monaci e oblati. Pietro, però, sempre attratto dalla solitudine, nel 1284 si ritirò, ancora una volta sulla Maiella, ma continuò a ricevere quanti desideravano il suo consiglio.
L’elezione sul soglio pontificio
Morto nel 1292 Niccolò IV, la Santa Sede rimase vacante per 27 mesi. Il collegio cardinalizio, riunitosi in diverse sedi a Roma, non trovò un accordo su nessun candidato e in seguito a un’epidemia di peste il conclave fu sciolto. Trascorse più di un anno prima che potesse nuovamente riunirsi. Il 18 ottobre 1293 venne convocato a Perugia. Ma intanto Pietro da Morrone aveva predetto "gravi castighi" alla Chiesa se non si fosse provveduto a sceglierne subito il suo pastore supremo. Fu così che il suo nome circolò tra i cardinali e poiché il monaco eremita era figura assai nota e tutti parlavano di lui con molto rispetto, i porporati vollero affidargli il governo della Chiesa e il 5 luglio 1294 lo elessero Papa. Una delegazione fu dunque mandata sulle montagne della Maiella per comunicare la decisione del conclave al Morrone, già ottantenne. Questi, dopo aver pregato a lungo, accettò e in sella a un asino raggiunse la città di L'Aquila, dove aveva convocato il Sacro Collegio. E qui, nella chiesa di Santa Maria di Collemaggio, fu incoronato Pontefice il 29 agosto 1294 con il nome di Celestino V. Per l'occasione il nuovo Papa volle la rappacificazione delle fazioni cittadine e ingiunse al re Carlo II D’Angiò, che annoverava L’Aquila tra i suoi domini, di perdonare gli aquilani ribelli.
Il breve pontificato e la morte
Tra i primi atti ufficiali di Celestino vi fu la cosiddetta Bolla del Perdono, la Inter sanctorum solemnia del 29 settembre 1294, con la quale concesse l'indulgenza plenaria a tutti coloro che confessati e pentiti dei propri peccati si fossero recati a Santa Maria di Collemaggio dai vespri del 28 agosto al tramonto del 29. Presto però, ignaro di latino, digiuno di scienze teologiche e giuridiche, privo di esperienza politica e diplomatica, Celestino si rese conto di non essere all'altezza del compito che gli era stato affidato e dopo circa 4 mesi dalla sua incoronazione, il 13 dicembre 1294, decise di rinunciare al papato. Ai cardinali riuniti in concistoro spiegò che la sua scelta era dovuta “per causa di umiltà, di perfetta vita e preservazione di coscienza, per debolezza di salute e difetto di scienza, per ricuperare la pace e la consolazione dell'antico vivere”. Il nuovo Papa fu Bonifacio VIII, che temendo uno scisma da parte dei cardinali a lui contrari, dispose che Celestino fosse tenuto sotto controllo. Questi, volendo tornare alla sua vita eremitica, tentò di rifugiarsi sul Morrone e poi di fuggire in Grecia, ma venne raggiunto a Vieste e fu condotto a Fumone, dove morì il 19 maggio del 1296. Venne canonizzato nel 1313 da Clemente V.
Le monache benedettine celestine
Nel corso dei secoli alla Congregazione dei celestini si sono legati dei monasteri benedettini femminili che ne hanno assunto le costituzioni, ma mentre l’ordine religioso maschile è scomparso del tutto agli inizi del XIX secolo, ci sono ancora claustrali che seguono le orme di Celestino V. Sono le benedettine celestine. Tra i loro monasteri quello di San Basilio a L’Aquila, fondato nel 1320, dove vive una comunità di 8 religiose. L'antico convento e la sua annessa chiesetta, danneggiati dal terremoto del 2009, sono rimasti in piedi e, recentemente restaurati, possono essere di nuovo ammirati. Le monache, che hanno anche dato vita a due missioni a Bangui, nella Repubblica Centrafricana, e a Manila, nelle Filippine, sono rimaste per 11 anni in un container del loro orto pur di non allontanarsi dal loro storico monastero. Le monache benedettine celestine sono le ultime eredi della spiritualità di Celestino V, che viene espressa, spiega la badessa, madre Margherita Santarelli, nella preghiera, nel lavoro, nel silenzio e nel raccoglimento.
“San Celestino era povero e distaccato da tutto, noi cerchiamo di dare questo esempio - aggiunge la religiosa -. Lui non aveva ambizioni, ha persino rinunciato al papato e ha ripreso la veste da monaco”. All’uomo contemporaneo Celestino insegna il distacco dalle cose del mondo, ci dice la badessa del monastero San Basilio, la rinuncia ai beni materiali, alle ricchezze, agli onori. Insegna che bisogna cercare prima di tutto il Regno dei Cieli. “Per noi consacrate significa scegliere e seguire Cristo, per l’uomo di oggi non rincorrere il potere ma cercare il perdono, l’amore fraterno e vivere distaccato da tutto”. Madre Margherita ci racconta anche del particolare legame di Celestino V con lo Spirito Santo, del suo raccogliersi in preghiera per averne consiglio, e delle sue premure per la Chiesa. “Ha pensato sempre al bene della Chiesa, al bene dei fedeli - afferma -. Anche la Perdonanza che ha donato a L’Aquila, l’ha lasciata per il popolo, per offrire un aiuto spirituale. Non pensava di lasciare ricchezze, ma doni spirituali”
Le reliquie di Celestino V
Nel monastero San Basilio sono custodite le vesti di Celestino V. Il terremoto che nel 2009 ha colpito L’Aquila, ha danneggiato anche la Basilica di Collemaggio, dove da secoli erano conservate le spoglie di Pietro da Morrone. In seguito alla ristrutturazione, è stata fatta anche la ricognizione dell’urna contenente i resti di Celestino che è stato poi rivestito da Papa. Alle monache celestine sono state consegnate la pianeta, la mitria, le pantofole, i guanti, il pallio, che appartenevano al monastero. Ma le religiose custodiscono anche la tunica, lo scapolare e la maschera di cera sostituita da una nuova maschera in argento.
Papa Francesco a L’Aquila
Per le monache benedettine celestine l’apertura della Perdonanza celestiniana da parte di Papa Francesco è un’occasione per trasmettere al mondo la grazia del perdono e dell’amore. C’è entusiasmo tra le religiose per l’arrivo di Francesco, il 28 agosto. Il Papa aprirà, nella Basilica di Collemaggio, la Porta Santa dando il via al perdono di Celestino V, e “questa Perdonanza sarà rafforzata dalla sua presenza”, invitando, ancora una volta alla riconciliazione e all'amore fraterno.
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