Il Giappone prega per la pace. Lembo: ogni vittima di guerra è una sconfitta per l'umanità
Gabriella Ceraso - Città del Vaticano
"La pace è possibile, la pace è un dovere". Un Messaggio che ha nel titolo le parole di Papa Francesco e calato in una fase "critica "della vita, quello scritto dall'arcivescovo di Tokyo monsignor Tarcisio Isao Kikuchi alla comunità cattolica giapponese. L' occasione sono i Dieci giorni di preghiera per la pace in corso, come ogni anno, dal 6 agosto, giorno dell'esplosione atomica su Hiroshima, fino al 15 agosto, data della resa del Giappone alle potenze alleate nel conflitto. L'iniziativa coinvolge tutti i cristiani del Paese, chiamati ad unirsi in un solo cuore e ad una sola voce nell’invocare il dono della pace. "Giorni molto importanti per la chiesa cattolica e la società civile nella quale la Chiesa è piantata come un seme", afferma il superiore del Pime in Giappone padre Andrea Lembo, commentando le parole scritte dall'arcivescovo di Tokyo.
Nel Messaggio, il presule parla di una pace "calpestata e trascurata", di un anno in cui non è prevalsa "l'armonia" ma lo scontro, non la solidarietà ma l'esclusione e la violenza. Monsignor Kikuchi guarda all'invasione dell'Ucraina come ad un "atto violento", una grande minaccia che "ignora i desideri di tanti che aspirano alla pace". Se la "vita è vissuta in un mutuo sostegno" - riflette nel testo l'arcivescovo - non ci può essere guerra, ma quando la violenza strappa vite umane non è facile parlare di compassione e sempre più forte si fa la voce della "paura e della rabbia". Monsignor Kikuchi quindi ripropone l’accorato appello lanciato dal Papa nel Messaggio Urbi ed Orbi di quest'anno: “Per favore, per favore, non abituiamoci alla guerra. Impegniamoci tutti a implorare la pace, dai nostri balconi e nelle nostre strade! Pace! Che i leader delle nazioni ascoltino la richiesta di pace della gente”. E a queste parole fa seguire la sua richiesta per questi dieci giorni:"Alziamo la voce e agiamo per proclamare la solidarietà che crea la pace".
Myanmar, Ucraina e Taiwan, nelle intenzioni di preghiera
Riparte proprio da queste parole padre Andrea Lembo, che con noi parla del particolare contesto di quest'anno per l'iniziativa di preghiera, rivolta a tre situazioni difficili: il Myanmar perchè - spiega - "la chiesa in Giappone e la diocesi di Tokyo soprattutto, è legata alla chiesa in Myanmar come chiesa sorella e quanto accade lì risuona molto nelle nostre comunità cristiane". Poi c'è la guerra tra Russia e Ucraina che - dice -"ha sconvolto anche questa parte del mondo"; e infine la crisi di "questi giorni tra Cina e Taiwan".
Sbagliato abituarsi alle guerre e sbagliato pensare alle guerre come qualcosa di locale, ripete padre Lembo : "l'idea - afferma - che molte guerre vengano viste dal punto di vista economico, finanziario, degli assetti mondiali non è il modo di ragionare dei cristiani. Ogni guerra tocca la vita delle persone, delle famiglie e ogni persona che muore è l'umanità che muore, ogni vita persa è una perdita per l'intera umanità. Questa è la dimensione fondamentale in cui porsi, vivere e pensare".
La pace è un cammino comune che deve partire dai cuori
Quanto accaduto ultimamente con Taiwan mostra quanto una scintilla possa far crollare un equilibrio costruito a lungo. "La costruzione della pace - è il pensiero di padre Lembo - richiede tempo, sforzo comune, un cammino di crescita, di discernimento e di volontà da parte di tanti", purtroppo "distruggere questo cammino è questione di un attimo".
Poi lo sguardo va al Giappone che vive - fa notare padre Lembo - "un momento di grande incertezza". il missionario bergamasco cita l'assassinio dell'ex premier Shinzo Abe nel luglio scorso e poi le tensioni geopolitiche. "Abbiamo assetti che vengono meno, per ragioni storiche, e le persone se ne rendono conto e si interrogano su quale mondo si potrà lasciare ai giovani. Una domanda centrale oggi. Il Giappone ha appena vissuto le commemorazioni del 6 e del 9 agosto, e la gente si è chiesta e si chiede se si tratta di rivivere il passato o interrogarsi sul presente per "avviare un'azione concreta", perchè "stiamo andando verso un mondo uguale al passato, a quello della seconda guerra mondiale".
Lavoriamo di più perchè la pace sia duratura
Una pace dunque sempre minacciata? In realtà - riflette padre Lembo - "non parliamo di equilibri minacciati ma di equilibri poco costruiti". Quindi "dobbiamo lavorare di più", sul fronte personale, familiare, societario, ecclesiale, perché gli "equilibri diventino certezze". "Come cristiani dobbiamo - è l'appello finale - mettere il seme del pace nel mondo, agire per la pace: le commemorazioni acquisteranno significato solo se operiamo affinché la pace parta da ciascuno di noi".
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