Due anni fa moriva don Roberto Malgesini, il prete degli ultimi
Roberta Barbi – Città del Vaticano
Si alzava presto ogni mattina, don Roberto, e tra i suoi primi pensieri c’era quello di portare la colazione calda ai tanti che dormivano per strada. A Como lo conoscevano tutti e tutti gli volevano bene, soprattutto gli "invisibili", quelli che lui quotidianamente confortava e ascoltava. “Un prete felice di esserlo”, ricorda chi lo ha conosciuto di persona ed è stato toccato dalla sua carezza, e così lo ha definito anche il vescovo di Como, il cardinale Oscar Cantoni.
Ucciso dalla paura
É la mattina del 15 settembre 2020 quando don Roberto viene ucciso davanti alla sua parrocchia, a coltellate, per mano di uno di quei disperati che quotidianamente aiutava, una persona migrante con problemi psichici che si era messo in testa che il sacerdote l’avrebbe rispedito al suo Paese e alla povertà. È stato un assassinio dettato dalla paura, che ha proiettato nel cuore di tutti don Roberto come esempio di dedizione, un martire della speranza. Uno di quei “servi fedeli di Dio che non fanno parlare di sé, ma vivono così: servendo”, ha affermato Papa Francesco nella sua omelia per la Messa in occasione della Giornata Mondiale dei Poveri, il 15 novembre 2020.
“Vai e prendi loro per mano”
Era questo il motto di don Roberto e ora è diventato il titolo di un libro a lui dedicato. L’autore è uno di quegli ultimi che don Roberto aveva a cuore, Zef Karaci, detenuto del carcere del Bassone, dove per dieci anni il sacerdote ha visitato coloro che la società considera i dimenticati dei dimenticati. Un incontro, quello con don Roberto, che a Zef cambia la vita: la speranza che il sacerdote donava e con la quale viveva, la sua gioia e la sua tenerezza, parlano adesso dalle pagine della sua storia.
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