Comece, Crociata: “La pace in Ucraina si ottiene con il dialogo”
Federico Piana - Città del Vaticano
“Non potevamo tacere sulla drammatica situazione che il nostro continente sta vivendo”. Monsignor Mariano Crociata, vescovo di Latina-Terracina-Sezze-Priverno e primo vice-presidente della Comece, la Commissione delle Conferenze Episcopali d’Europa, spiega, in modo preoccupato, che l’accorata dichiarazione finale sulla guerra in Ucraina, resa nota dai vescovi europei al termine della loro assemblea plenaria d’autunno conclusasi lo scorso 14 ottobre, rappresenta un forte appello alla pace e una concreta presa di coscienza, quella, dice il prelato, "di essere una Chiesa in grado di animare il cammino per ottenere la pace legandolo al cammino stesso dell’Europa”.
Nella dichiarazione finale, i vescovi europei sottolineano la necessità di continuare il dialogo per tentare di far cessare la guerra…
Sì, il dialogo è necessario e va ricercato coinvolgendo le due parti in lotta. La seconda cosa necessaria è riconoscere che c’è stata una grave violazione dell’integrità territoriale e del diritto internazionale che vanno assolutamente ripristinati. Non c’è pace senza giustizia.
Nel documento si fa riferimento ai profughi, ai bambini molto spesso senza più genitori, ai deboli, a tutti coloro i quali stanno soffrendo di più in questa guerra. Che cosa pensa che l’Unione Europea possa fare per aiutarli?
Credo che ci sia l’impegno dei singoli Paesi europei, e dell’’Unione Europea in particolare, affinché, soprattutto donne e bambini, vengano accolti e protetti.
E la Chiesa europea cosa sta facendo su questo fronte?
Ha messo in campo uno sforzo poderoso tramite le tante organizzazioni caritative, come la Caritas. Le testimonianze che giungono dai vescovi dei Paesi confinanti con l’Ucraina raccontano di una grande accoglienza, che aumenta sempre ogni giorno sempre di più. Con questa nostra dichiarazione, intendiamo intensificare il confronto con tutti gli organismi dell’Unione Europea con l’obiettivo di continuare ad aiutare l’Ucraina e tutte le nazioni che accolgono i suoi profughi.
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