Don Vittorione, un libro sul ristoratore che rinunciò ai "primi" per sfamare gli ultimi
Edoardo Giribaldi – Città del Vaticano
“Un personaggio con una predestinazione, mi sono permesso di dire, alla santità”. Lo scrittore Gianni Spartà introduce così la figura di don Vittorio Pastori, più conosciuto come Don Vittorione l’Africano, definito, nel sottotitolo dell’omonimo libro edito da Pietro Macchione Editore che racconta la storia della sua vita, “il ristoratore che rinunciò a servire primi per andare a sfamare gli ultimi”. L’opera, il cui ricavato sarà interamente devoluto all’associazione umanitaria Africa Mission-Cooperazione e Sviluppo, fondata dallo stesso Pastori insieme a monsignor Enrico Manfredini, propone anche una breve presentazione a cura di Papa Francesco, il quale invita il lettore a “lasciarsi ferire dalla testimonianza di Don Vittorione”.
L'aiuto al prossimo
Classe 1926 ed originario di Varese, la vita di don Pastori si dimostra fin dai primi anni caratterizzata da una salda fede cristiana e da un’insaziabile tendenza volta ad aiutare chiunque si trovi in condizioni di difficoltà. Spartà racconta come la sua prima messa venga celebrata “di fronte all’altare dell’Addolorata nella Basilica di San Vittore a Varese dove lui, a 10 anni, aveva chiesto la grazia di diventare sacerdote".
Farfalle trafitte da uno spillo
Nel corso della guerra, invece, don Vittorione collabora con sacerdoti e partigiani cattolici che aiutavano gli ebrei perseguitati a rifugiarsi in Svizzera. Un compito non facile e che purtroppo, come raccolto dalla testimonianza di Lilliana Segre nel libro, non sempre si riusciva portare a termine. “Ricordo un corridoio con delle panche – racconta la senatrice a vita e superstite dell’Olocausto – e c’erano al muro delle stampe di farfalle di montagna trafitte da uno spillo. Il simbolo della nostra situazione”.
L'incontro con Monsignor Manfredini
Terminata la guerra, Pastori si mette al servizio dell’Opera di Pontificia Assistenza che - come racconta lo scrittore a Vatican News - “ai tempi salvava dalla resa dei conti i figli dei gerarchi fascisti e nazisti nelle colonie”. La svolta, però, arriverà dopo l’incontro con monsignor Enrico Manfredini a Varese. “Un personaggio di grande rilievo, tanto che Papa Paolo VI scelse lui insieme ad altri tre sacerdoti semplici per partecipare ai lavori del Concilio”. Capacità carismatiche che verranno poi trasmesse al suo “formidabile ambasciatore per opere missionarie”: don Vittorione, appunto.
Dalla televisione all'Uganda
Prima di intraprendere l’opera missionaria, però, nelle tante fasi della sua vita don Pastori è anche un rinomato ristoratore. La popolarità acquisita a Varese si allarga a livello nazionale, e il missionario si ritrova più volte ospite nei programmi di Enzo Tortora, Mike Buongiorno e Raffaella Carrà. “La fede fu la scintilla che gli fece cambiare vita”, afferma Spartà. Don Vittorione decide infatti di mollare tutto e partire per la Karamoja, una delle regioni più povere dell’Uganda.
Ampliarsi per fare spazio ai talenti
“Era un uomo che alla fine della sua vita pesava 250 kg”, racconta l’autore del libro. “Avrebbe potuto legittimamente essere riconosciuto come invalido, e invece lui decide di sacrificarsi, compiendo 147 viaggi in Uganda ben sapendo che questo avrebbe comportato il sacrificio della sua vita”. Una concreta capacità di “ampliarsi per fare spazio ai talenti da vivere”, parafrasando i pensieri di Sant’Agostino, che prevaleva su un disturbo fisico talvolta definito un “cilicio”.
Pozzi, cibo e arredi
I numeri delle missioni di don Vittorio Pastori sono impressionanti: “1500 pozzi scavati nella savana, migliaia di tonnellate di pasta, riso, cibo, scatolame e arredi per le case – sottolinea Spartà – spediti anche con l’aiuto del governo italiano, allora presieduto da Andreotti, che mise a disposizione i mezzi dell’Aeronautica Militare”. Il tutto in un contesto, quello dell’Uganda tra gli anni ’70 e ’80, tutt’altro che semplice. “Colpi di stato uno dietro l’altro, guerriglia, stragi di civili, prigionieri che prima di essere deportati vengono accecati”, sono solo alcuni degli orrori a cui il sacerdote è chiamato a fare fronte.
"Hanno bisogno di me"
L’ultimo viaggio avviene nel 1994, contro il parere dei medici. Don Vittorio viene caricato e scaricato dall’aereo con un montacarichi. “Un’immagine avvilente, che però lui affronta perché laggiù, lui dice, ‘hanno bisogno di me, mi aspettano’”, racconta lo scrittore.
Portare frutto sulla Terra
Una storia, quella di don Vittorione l'Africano, che è necessario scoprire e conoscere. “Sottolineo ancora una volta l’invito del Papa a lasciarsi ferire, e non semplicemente coinvolgere. Questa è infatti una storia che parla delle ferite, delle disuguaglianze sociali che ancora sono presenti nel nostro pianeta”, conclude Spartà. “Se l’epopea di questi cavalieri della civiltà cristiana resta cristallizzata nell’alto dei cieli accade poco, mentre invece occorre che questi fatti, queste virtù eroiche siano conosciute e portino frutto sulla terra”.
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