L’Ucid al Festival della Dottrina Sociale: il Pnrr porti lavoro
Alessandro Guarasci - Città del Vaticano
“Come giovani abbiamo deciso di declinare un tema su cui stiamo insistendo un po' in tutti i consessi, sul concetto di sussidiarietà generazionale. Noi l'abbiamo chiamata in questo modo”. Benedetto Delle Site è il presidente dei giovani dell’Ucid, l’Unione cristiana imprenditori e dirigenti, al Festival della Dottrina Sociale della Chiesa parlerà delle nuove generazioni di imprenditori, di responsabilità sociale, di come rilanciare il diritto a un lavoro dignitoso ma, soprattutto, di come far sì che i soldi arrivati all’Italia dalla Ue si trasformino in sviluppo per tutti. L’Ucid esiste dal 1947 ed ha visto avvicendarsi alla presidenza importanti personalità. Da Francesco Merloni a Giancarlo Abete, da Riccardo Ghidella all’attuale presidente Gian Luca Galletti. Nel suo Statuto c’è il netto richiamo alla Dottrina Sociale della Chiesa per uno scopo importante: evangelizzare il mondo dell’economia.
Per effetto del Pnrr, il Piano nazionale di ripresa e resilienza, che vale più di 200 miliardi. “Fino al 2026 le politiche pubbliche saranno caratterizzate dall'impiego di fondi che generano anche debito pubblico, debito che ovviamente graverà in modo particolare sulla nostra e sulle successive generazioni – spiega Delle Site - oggi è necessaria una sussidiarietà anche rispetto alle generazioni e le scelte pubbliche impatteranno soprattutto sui giovani, secondo il principio di sussidiarietà. Su questo abbiamo chiamato a dialogare il ministro Abodi, ministro per lo sport e i giovani del nuovo governo. Intendiamo confrontarci su questo tema assieme anche ai giovani delle altre organizzazioni di categoria”.
Un problema, soprattutto per i giovani, anche per i giovani imprenditori è la discontinuità del lavoro, la precarizzazione che purtroppo non sembra conoscere fine. E, tra l'altro, il rischio è che questa aumenti se l'Italia e tutta l’Europa entreranno in recessione. Che cosa possiamo fare per dare un futuro ai tanti giovani italiani?
Noi dell'Ucid giovani abbiamo un progetto concreto, che va nel dettaglio, un progetto avviato da tempo. Da imprenditori abbiamo visto che il problema non è tanto la mancanza di lavoro. Mi spiego meglio: abbiamo le nostre aziende che cercano disperatamente dei profili e purtroppo non riescono a identificarne. I giovani che fuoriescono dal nostro sistema di formazione e di istruzione, secondo questa analisi, non rispondono a quei profili che il mondo economico produttivo cerca. Il progetto che abbiamo creato si chiama Virtus Lab, attualmente è svolto in sinergia con la fondazione Antonio Emanuele Augurusa. La nostra iniziativa ha l’obiettivo di creare quei profili che oggi le aziende ricercano e va a individuare i giovani, anche nelle regioni del Sud dove manca il lavoro, li porta nelle aziende che chiedono queste competenze e li forma. Noi abbiamo visto che con questo metodo il 100% delle persone che entra in questo percorso, poi viene inserito a livello lavorativo. Bisogna aggiustare il rapporto tra offerta e domanda di lavoro.
La Dottrina Sociale ci ricorda il valore del lavoro. Ma sempre più spesso riscontriamo le paghe troppo basse in alcuni settori. C’è chi anche chi guadagna non più di 5-6 euro l’ora. Insomma, il lavoro povero…
Questo è vero, ed è sicuramente una piaga. Noi però dobbiamo considerare due aspetti, ovvero dobbiamo fare un ragionamento che guarda al lavoratore, quindi al diritto del lavoratore di realizzarsi come persona attraverso il lavoro, il Papa ne parla sempre.
E allora che cosa c’è che non va?
Dobbiamo anche capire la difficoltà nell'attuale sistema normativo-economico per un imprenditore di continuare a investire. C'è un problema oggettivo di costo del lavoro, c'è un problema oggettivo di burocrazia, e poi c'è il tema del dumping di cui ancora si parla poco. Bisogna cercare di aiutare quelle imprese che appunto si distinguono per standard qualitativi, anche rispetto alle assunzioni. I costi oggi sono esosi e, alla fine, finiscono per favorire non gli imprenditori seri, che hanno una coscienza, ma quelli che Papa Francesco chiama gli speculatori. Noi dobbiamo sostenere i buoni imprenditori, non dobbiamo continuare con delle regole che alla fine finiscono per favorire chi specula.
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