Il cinema di Tertio Millennio, spazio di dialogo tra fedi sul Caino che è in noi
Alessandro Di Bussolo – Città del Vaticano
Far uscire il dialogo ecumenico e interreligioso dalla nicchia dei teologi e degli esperti, portandolo nella cultura e anche nel cinema. E’ stato questo lo scopo del convegno “Il ritorno di Caino”, che ha aperto la 26.ma edizione del Tertio Millennio Film Fest sullo stesso tema. Il coordinatore del Tavolo del dialogo interreligioso che ha preparato l’incontro e scelto il tema del Festival cinematografico, don Giuliano Savina, direttore dell’Ufficio della Cei per l’Ecumenismo e il Dialogo Interreligioso, ha parlato di “sdoganare” questo dialogo, e Yassine Lafram, presidente dell’Unione delle Comunità Islamiche in Italia (Ucoii), ha invitato a “rendere il dialogo pandemico”, in modo che “non si limiti ai contesti religiosi”, per portarlo “là dove non si parla di dialogo”. Già l’esperienza delle comunità protestanti, ebraiche, islamiche, induiste e buddiste che partecipano al Tavolo è un segno di questa apertura.
Un confronto sul testo sacro della Genesi su Caino e Abele
Segno profetico è stato anche il confronto sul testo sacro della Genesi e del fratricidio di Caino contro Abele “che non ha chiuso, ma aperto al dialogo” secondo don Savina, fautore di un dialogo tra uomini e donne di diverse tradizioni religiose, se queste non si chiudono in sè stesse, ma si aprono all’altro. Ancora Lafram gli ha fatto eco, ricordando che nel Corano è scritto che “Se Dio avesse voluto creare un’unica comunità di fede lo avrebbe fatto, e che Allah ci ha creato diversi ‘affinché vi conosceste’ ”.
Milani: per sant'Ambrogio Caino e Abele "due parti interne a noi"
Il convegno, nella Chiesa Valdese di Roma, è stato aperto dal saluto di monsignor Davide Milani, presidente della Fondazione Ente dello Spettacolo, che organizza il Tertio Millennio Film Fest, dal 14 al 18 novembre, con il patrocinio di tre Dicasteri della Santa Sede, quelli per le Comunicazioni Sociali, per la Cultura e l’Educazione e per il Dialogo Interreligioso. Da Prevosto di Lecco, nella Diocesi di Milano, ha ricordato come sant’Ambrogio avesse notato che “Caino e Abele non sono solo due personaggi autonomi del racconto biblico” ma “due parti interne del soggetto, l’indice di una divisione che attraversa ciascuno di noi”; “dentro di noi ci sono entrambi”.
Carucci: Caino non se n'è mai andato, ma ci insegna a pentirci
Una mescolanza sottolineata anche dal rabbino Benedetto Carucci Viterbi, che, rispondendo alla provocazione iniziale del moderatore, il teologo cattolico Brunetto Salvarani, ha dichiarato che “Caino non se n’è andato mai, perché Caino siamo anche noi, è irreale l’ipotesi che ci sia qualcuno del tutto buono. Conoscere significa anche mescolare e mettere insieme. Siamo un impasto costante di bene e di male, e se ce ne rendiamo conto, possiamo entrare il dialogo con gli altri. Questo ci insegna Caino, insieme alla possibilità di pentirci e ottenere il perdono di Dio”.
La lettura di male e violenza nell'induismo e buddhismo
A questa dualità dell’essere umano si è legata anche la monaca Svamini Shuddhananda Ghiri, referente per l’Unione Induista Italiana, sottolineando che è solo una semplificazione “dire che siamo tutti buoni o tutti cattivi”, e che nelle scritture della tradizione indù, ci sono figure simili a Caino e Abele. Dopo di lei il buddhista Guglielmo Doryu Cappelli, collegato online, ha ricordato che le religioni, con i loro precetti, cercano di dare indicazioni su come evitare il male, ma fonte di violenza è anche il tentativo di estirpare il male. Così il giusto e lo sbagliato si mescolano, e “purificare il cuore”, per i buddhisti, è andare al di là delle dicotomie.
Garrone: la zona grigia di chi non è nè Caino, nè Abele
Per il presidente della Federazione delle Chiese Evangeliche in Italia, il biblista Daniele Garrone, il problema di noi gente comune, che non siamo Caino, assassino, e nemmeno Abele, martire, è come vivere in un mondo di tanti Caino e Abele, in una zona intermedia, grigia. Il rischio tra i cristiani è la retorica di Abele, “l’attrazione delle vittime, se sei vittima sei buono… Se reagisci non lo sei più. I problemi della pace e della guerra – ha concluso - non li possiamo risolvere con la dicotomia bene-male, ma fare i conti con la nostra ambiguità e quella del mondo”.
Salvarani: crisi delle democrazie, il ruolo delle comunità religiose
Nella sua sintesi, Brunetto Salvarani, docente presso la Facoltà Teologica dell’Emilia-Romagna, che aveva chiesto come elaborare una strategia comune “per vivere Fratelli e Sorelle tutti”, ha ripreso tre spunti dal dibattito. La persistenza del paradigma di Caino, “e questo è un problema, perché vorremmo che se ne andasse”. Ma siamo tutti Caino e Abele, “c’è questa mescolanza, non possiamo assumerci il ruolo di carnefice o vittima per sempre. E questo deve interrogare le Chiese e anche i governi e le società”. Per monsignor Milani forse le comunità religiose dovrebbero “diffondere un antidoto, contro la visione istintuale del male, una visione spirituale, che innalzi l’uomo dalla sua materialità. Altrimenti Caino vince, e se si reagisce alla sua violenza con altra violenza, diventa ancora più forte. Ma l’uomo è di più dei suoi istinti”. Al termine del convegno, ecco le parole di Salvarani a Vatican News:
Come rispondere alla domanda che si è fatto in apertura? Quando mai Caino se n’è andato dal palcoscenico della storia?
Purtroppo non se n'è mai andato, come vediamo benissimo anche in questi mesi queste settimane. Oggi è emersa un’altra cosa, che in fondo c'è una parte di Caino e una parte di Abele in noi, c'è una convivenza, purtroppo del ruolo di vittima del ruolo di aggressore, questo ci dicono i Testi sacri. Direi che è emersa una terza cosa molto importante: nello spazio pubblico le religioni oggi sono chiamate, non da sole, ma insieme a tutte le donne e gli uomini di buona volontà, a dire la loro per portare un messaggio di pace, di nonviolenza, di pacificazione e di convivenza di cui c'è un enorme bisogno. Quindi c'è bisogno di un'anima, di una spiritualità nella lettura anche del conflitto, perché il rischio è che l'uomo rimanga semplicemente quell'animale che pure è. Se rimaniamo solo questo, però, non c'è una grande prospettiva e non c'è una grande speranza per il futuro.
Il rabbino Carucci Viterbi ha detto però che forse alla fine le religioni devo fare un passo indietro perché rischiano di entrare sempre in conflitto, come Caino e Abele, sul campo dove lodare Dio, ognuno vuole che il tempio sia sul proprio terreno. Quindi forse è meglio incontrarsi come persone…
Infatti quelle che dovrebbero incontrarsi sono soprattutto le persone. Infatti c'è sempre questo equivoco, quando si parla di dialogo interreligioso, non si parla mai di un lavoro sulle teste delle persone: non sono le religioni che dialogano, sono le persone. Oggi, anche in questa crisi della democrazia, in questa crisi di rappresentanza, le persone che fanno parte delle comunità religiose, invece, hanno un ruolo decisivo e io credo che davvero l'avranno sempre di più in prospettiva.
Uno sguardo positivo è venuto però sempre dal rabbino, che ha ricordato che Caino è quello che uccide, però è anche quello che poi alla fine si pente…
C’è stata questa bella sottolineatura, soprattutto da una certa esegesi ebraica: Caino è il primo pentito, ed è addirittura l'educatore di suo papà, nel senso che Adamo, sapendo che c'è la possibilità di pentirsi, allora si interroga e chiede addirittura a Caino: “ma allora è vero che Dio perdona, che la Misericordia è la sua chiave di lettura?”. E Caino, in questo caso pedagogo di suo padre, dice di sì. Quindi la speranza è che si vada in questa direzione anche da parte nostra.
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