La Basilica di Santa Sofia a Roma, la raccolta e la spedizione degli aiuti umanitari in Ucraina La Basilica di Santa Sofia a Roma, la raccolta e la spedizione degli aiuti umanitari in Ucraina

Dalla comunità ucraina di Santa Sofia a Roma un nuovo appello alla solidarietà

La Basilica, sin dal primo giorno di conflitto in Ucraina è stata un centro di raccolta delle donazioni. È da lì che oggi parte una nuova richiesta di aiuto a sostegno dei civili prostrati dal conflitto e ora anche dall’inverno. Il rettore don Marco Semehen: bussiamo ai grandi cuori degli italiani e preghiamo per la fine della guerra

Svitlana Dukhovych – Città del Vaticano

A più di nove mesi dall’inizio della terribile guerra in Ucraina, gli aiuti umanitari inviati dalla comunità internazionale restano ancora l’unica fonte di sopravvivenza per la popolazione. Ora, con le rigide temperature invernali e con le infrastrutture colpite ripetutamente dai bombardamenti russi, le richieste di aiuto si fanno più pressanti.

L’invio dei camion da Roma

A Roma il centro di raccolta è divenuto, sin dal primo giorno dell’invasione, la Basilica di Santa Sofia. È da qui che partono i camion con i doni frutto della generosità di tante persone. Le richieste dei civili, che passano attraverso i sacerdoti del luoghi recentemente liberati dalle forze ucraine, riguardano soprattutto coperte calde, cibo, alimenti per neonati e bambini, vestiti, medicinali. Ma le necessità sono tantissime e comprendono anche l’acquisto di finestre, porte, generatori, power bank.

Si preghi per la fine della guerra

Le necessità e le richieste aumentano. Questo è il motivo per cui il rettore della basilica di Santa Sofia don Marco Semehen sta rilanciando l’appello alla solidarietà con il popolo ucraino: “Anche un piccolo contributo - sottolinea - fa accendere la luce della speranza. Tante persone hanno un cuore molto grande e noi, preparandoci al Natale, ci troviamo di nuovo a dover bussare a questi cuori grandi, chiedendo l’aiuto e soprattutto la preghiera per la fine della guerra”.

Ascolta l'intervista con don Marco Semehen

Don Marco, dal primo giorno della guerra vi impegnate nell’aiuto alle vittime della guerra in Ucraina. Adesso, a più di nove mesi della guerra, cosa vi spinge a rilanciare l’appello?

Sicuramente uno dei motivi è la richiesta che arriva direttamente dall’Ucraina. Abbiamo visto che all’inizio della guerra l’aiuto è stato straordinario, poi durante l’estate, si è praticamente fermato e da novembre abbiamo ricevuto parecchi appelli da parte dei nostri amici, dai nostri vescovi, dalle persone che conosciamo. Arrivano le informazioni che la situazione economica si sta aggravando e poi, come abbiamo visto, i bombardamenti delle centrali elettriche hanno, praticamente, paralizzato molto ambiti della vita quotidiana. Da lì è nata l’idea di lanciare di nuovo l’appello, di sostenere il popolo ucraino e aiutarlo a sopravvivere l’inverno molto duro.

Quali sono i bisogni maggiori delle persone che vivono soprattutto nelle zone recentemente liberate dall’occupazione, ma dove in tanti sono rimasti senza casa?

Le persone hanno bisogno dei beni primari perché da quello che ci dicono i sacerdoti, che adesso stanno tornando nei luoghi liberati, sappiamo che i soldati russi, in alcuni casi, hanno portato via quasi tutto dalle case, rovinando anche le stesse abitazioni. Perciò oggi arrivano le richieste che vanno da una semplice coperta fino al contributo per pagare una finestra, una porta della casa, un fornello, cibo in scatola, kit igienici per potersi lavare senza acqua. Hanno bisogno di tutto ciò che necessita una persona per sopravvivere ad un periodo dell’inverno così duro e per sopravvivere almeno finché lo stato non riuscirà a riparare il sistemi elettrico e idrico.

L'arrivo degli aiuti a Kharkiv
L'arrivo degli aiuti a Kharkiv

Quanti aiuti avete ricevuto, dall’Italia soprattutto? Avete la possibilità di tracciare la provenienza di queste donazioni che inviate in Ucraina e anche a chi poi arrivano?

Dall’inizio della raccolta presso la Basilica di Santa Sofia a Roma abbiamo mandato 64 camion da 20 tonnellate ciascuno. Di ogni tir spedito abbiamo le tracce, non in tutti i casi abbiamo le foto per motivi di sicurezza, però abbiamo tutti i resoconti. E il primo tir che abbiamo mandato dopo le vacanze estive, con le cose di prima necessità donate dall’Università Unicusano, è partito per Kyiv a disposizione dell’arcivescovo maggiore, Sua Beatitudine Sviatoslav Shevchuk. Il secondo camion è stato caricato con vestiti caldi ed è stato spedito per la sua Fondazione “Mudra Sprava” (in italiano "Opera Saggia"). Due altri camion sono stati mandati a Kharkiv, da dove abbiamo già ricevuto le foto, sia del momento dell’arrivo, sia del momento della consegna degli aiuti da parte del vescovo e del personale dell’Esarcato. Stiamo preparando un carico per Zaporizhzhia e continueremo ad aiutare la gente nei territori liberati. Per quello che riguarda i donatori, ovviamente, vengono qui i privati che danno quello che possono. Sicuramente, molto grande è l’attenzione del Santo Padre espressa tramite il suo Elemosiniere, il cardinale Konrad Krajewski, che in continuazione arriva con un pullmino pieno delle cose necessarie che poi spediamo in Ucraina. Aiuti arrivano anche da Croce Rossa, Banco Alimentare, Banco Farmaceutico e dalle diverse ditte che vogliono offrire e contribuire alla nostra missione umanitaria.

Qual è il suo messaggio per tutta la gente, in questo periodo di Natale che in Ucraina si trascorrerà con poca luce e poco calore?

Il Natale è sempre una festa familiare, una festa che ci fa tornare alle nostre case e dobbiamo capire che in Ucraina adesso c’è tanta gente che vive in case senza riscaldamento, poco confortevoli, o che una casa proprio non ce l’ha più. Nonostante questo, dobbiamo ricordare che anche Gesù è nato in una stalla dove ovviamente non c’era la luce e non c’era il caldo, però è arrivata la pace. Perciò, nel tempo natalizio, auguriamo che l’Europa rinnovi la propria fede in Cristo, e, allo stesso tempo, che si possano aiutare gli ucraini con gesti concreti, con le donazioni, le opere di carità e, in questo modo, accendere la luce della speranza e dire alle persone che stanno sotto le bombe, che hanno perso i propri familiari e che sono disperate, che non sono soli, che Dio attraverso l’uomo sempre poggia la Sua mano su ogni persona che si fida di Lui.

Sin dai primi mesi della guerra, ma anche nei mesi successivi, abbiamo visto arrivare nel cortile di Santa Sofia tantissime macchine piene di aiuti umanitari. Lei si aspettava questa grande solidarietà da parte della società italiana?

Non ci saremmo aspettati questa solidarietà, siamo stupiti e siamo molto grati a tutti gli italiani, dal singolo cittadino, alle grandi aziende che hanno fatto le loro offerte e le donazioni per sostenere la missione non soltanto qui a Roma, ma anche in diverse comunità della Chiesa greco-cattolica ucraina in Italia. All’inizio è stato fatto un grande sforzo per aiutare, soprattutto gli sfollati interni ed i rifugiati arrivati in Italia, adesso aiutano anche la gente nei territori liberati.

Si ricorda di qualche caso dell’aiuto offerto che l’ha particolarmente colpita?

Quello di un imprenditore che ha portato articoli per l’igiene per 23 mila euro di fatturato. Una donazione molto grande. Poi mi viene in mente anche un caso molto commovente: una volta è arrivata una persona disabile sulla sua carrozzina elettrica, portando due pacchetti di pasta e uno di farina. Mi ha detto: “Padre, questo è tutto che posso dare ai vostri compaesani che soffrono”. Io ho capito che tanti italiani hanno un cuore molto grande e noi, preparandoci al Natale, ci troviamo di nuovo a dover bussare a questi cuori grandi, chiedendo l’aiuto e soprattutto la preghiera perché finisca presto la guerra.

Un video per rilanciare l'appello alla solidarietà con il popolo ucraino

 


 

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14 dicembre 2022, 12:12