Il primo martire Santo Stefano e i cristiani perseguitati oggi
Fausta Speranza – Città del Vaticano
Oggi la Chiesa commemora Santo Stefano (Grecia, 5 – Gerusalemme, 36), primo cristiano ad aver dato la vita per testimoniare la propria fede in Gesù Cristo e per la diffusione del Vangelo. Il suo martirio è descritto negli Atti degli Apostoli, dove sono evidenti sia la sua chiamata al servizio dei discepoli, sia il suo martirio, avvenuto per lapidazione, alla presenza di Paolo di Tarso che in seguito si convertì lungo la via di Damasco. Santo Stefano è venerato come protodiacono e protomartire. Il primo epiteto è dovuto al fatto che fu il primo e forse il più importante dei diaconi eletti in Gerusalemme. Il secondo è associato al suo nome sebbene il suo martirio sia cronologicamente preceduto da quello di Giovanni Battista, morto per decapitazione. Stefano è stato il primo dei sette diaconi scelti dalla comunità cristiana perché aiutassero gli apostoli nel ministero della fede.
Il perdono ai persecutori
Un aspetto particolare nel racconto degli Atti degli Apostoli, che avvicina Santo Stefano a Gesù, è il suo perdono prima di morire lapidato. Anche Dante nella Divina Commedia, racconta di aver assistito ad una scena toccante: quella della lapidazione di Stefano che, morente, invoca il perdono per i suoi persecutori. Santo Stefano dunque muore affidando la propria vita a Dio e perdonando i suoi persecutori.
Il culto
In un discorso tenuto nel 425, Sant'Agostino riferisce che, subito dopo il ritrovamento a Gerusalemme del corpo di santo Stefano, nel 415, iniziarono a verificarsi miracoli nei suoi luoghi di culto. Ci parla dell'"antichissima memoria di Santo Stefano" esistente ad Ancona fin dall'epoca del martirio, sorta in seguito all'arrivo in città di un marinaio che avrebbe assistito alla lapidazione del protomartire e ne avrebbe testimoniato la fede e il coraggio, viene pure citato un luogo di culto africano del Santo: Uzala, nei pressi dell'odierna Tunisi. Per il fatto di essere stato il primo dei martiri cristiani, la sua festa liturgica nella cristianità in Occidente si celebra il 26 dicembre, cioè immediatamente dopo il Natale che celebra la nascita di Cristo, mentre il 27 dicembre si celebra nella cristianità in Oriente. Il colore della veste indossata dal sacerdote durante la Messa in questo giorno è il rosso, come in tutte le occasioni in cui si ricorda un martire.
Testimoni fino al martirio
Guardando al XX e XXI secolo, la Chiesa conserva memoria di tantissimi testimoni della fede dell’Asia, dell’Oceania, del Medio Oriente, dell’Africa, delle Americhe. In particolare, si ricordano i testimoni della fede di Spagna e Messico e tutti i testimoni della fede uccisi sotto il regime comunista e sotto il regime nazista. In particolare, la Chiesa italiana celebra la Giornata in memoria dei missionari martiri il 24 marzo, ricordando la drammatica uccisione dell’arcivescovo di San Salvador Oscar Arnulfo Romero, assassinato proprio in questo giorno del 1980 e proclamato Santo da Papa Francesco il 14 ottobre 2018. Secondo gli ultimi dati pubblicati, nel mondo, dal 1 gennaio 2022 ad oggi, sono stati uccisi 14 sacerdoti e due religiose.
Le persecuzioni dei cristiani oggi
Cresce l’oppressione dei cristiani nel mondo e prevalentemente dagli estremisti di matrice islamica. “Perseguitati più che mai. Rapporto sui cristiani oppressi per la fede 2020-2022” è il titolo dell’ottava edizione del resoconto annuale della Fondazione pontificia «Aiuto alla Chiesa che soffre» (Acs), pubblicato nel novembre scorso. Nel 75 per cento dei 24 Paesi esaminati, l’oppressione o la persecuzione dei cristiani è aumentata. Il testo esamina, dall’ottobre 2020 al settembre 2022, i Paesi in cui le violazioni della libertà religiosa destano particolare preoccupazione: Afghanistan, Arabia Saudita, Cina, Corea del Nord, Egitto, Eritrea, Etiopia, India, Iran, Iraq, Israele e i Territori Palestinesi, Maldive, Mali, Mozambico, Myanmar, Nigeria, Pakistan, Qatar, Russia, Sri Lanka, Sudan, Siria, Turchia e Vietnam.
In Africa
L’Africa registra un forte aumento della violenza terroristica, a causa della quale oltre 7.600 cristiani nigeriani sarebbero stati assassinati tra il gennaio 2021 e il giugno 2022, dai terroristi di Boko Haram e della Provincia dell’Africa occidentale dello Stato Islamico (Iswap). I due raggruppamenti cercano da anni di fondare califfati nella regione del Sahel, ciascuno con il proprio wali (governatore) e con la propria struttura governativa, tutti basati sulla violenza più cieca, sull’odio più infernale. Anche in Mozambico la formazione terroristica islamica Al-Shabab ha intensificato la sua campagna di terrore, uccidendo i cristiani, attaccando i loro villaggi e appiccando il fuoco alle chiese. Il gruppo, affiliato al sedicente Stato Islamico (Is), ha provocato la fuga di oltre 800 mila persone e la morte di altre 4.000. Tra le testimonianze riportate c’è anche quella di monsignor Jude A. Arogundade, vescovo di Ondo in Nigeria, la cui diocesi è stata presa di mira da uomini armati che hanno ucciso più di 40 persone durante la celebrazione della Pentecoste nel giugno scorso. Commentando la presentazione del rapporto, il vescovo dichiara che, "nonostante il crescente allarme per l’aumento della violenza in alcune parti del Paese, nessuno sembra prestare attenzione al genocidio in atto nella Middle Belt della Nigeria. Il mondo tace mentre gli attacchi alle chiese, al loro personale e alle istituzioni sono diventati routine quotidiana".
In Medio Oriente
Dal rapporto emerge che "la crisi migratoria minaccia la sopravvivenza di alcune delle comunità cristiane più antiche del mondo. In Siria, i cristiani sono calati dal 10 per cento della popolazione, arrivando a meno del 2 per cento, passando da 1,5 milioni del periodo precedente la guerra ai circa 300 mila di oggi. Nonostante il tasso di esodo in Iraq sia più basso, una comunità che contava circa 300.000 persone prima dell’invasione da parte di Daesh/Is nel 2014, nella primavera 2022 si è ormai dimezzata". Dallo studio emerge anche che in Paesi diversi come l’Egitto e il Pakistan le ragazze cristiane sono abitualmente soggette a rapimenti e stupri sistematici, sempre da parte degli islamici.
In Asia
Il rapporto, guardando poi al continente asiatico, denuncia l’autoritarismo statale che ha portato a un peggioramento dell’oppressione anzitutto in Corea del Nord, dove fede e pratiche religiose sono ordinariamente represse. Il nazionalismo religioso ha innescato crescenti violenze contro i cristiani in India e Sri Lanka, dove si sono registrati episodi in cui le autorità politiche e militari hanno arrestato fedeli e interrotto le celebrazioni religiose. Inoltre, in vari Paesi, si deve parlare di aumento della pressione sui cristiani, mediante arresti indiscriminati, chiusura forzata delle chiese e uso di sistemi di sorveglianza oppressivi.
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