L'ultimo saluto a Biagio Conte. Lorefice: la preghiera era la sua stella polare
Alessandra Zaffiro
Palermo si è fermata questa mattina per l’ultimo saluto a fratel Biagio Conte — il missionario laico fondatore nel 1993 della Missione di Speranza e Carità, destinata all’accoglienza degli ultimi, dei migranti, dei più fragili di ogni nazionalità e religione — morto giovedì scorso, a 59 anni, dopo una lunga malattia. Migliaia di persone, soprattutto palermitani e siciliani, ma anche provenienti da diverse città d’Italia e d’Europa, e poi religiosi, volontari della Missione, semplici cittadini, autorità, e i tanti fratelli e sorelle che sono stati accolti nel tempo dal grande cuore di fratel Biagio, si sono stretti come in un abbraccio struggente, commosso, senza fine, al missionario laico associato da molti a san Francesco d’Assisi per essersi dedicato agli ultimi dopo aver rinunciato a una vita in una famiglia agiata.
Le lacrime e le preghiere
Nella cattedrale di Palermo si fondono sentimenti di gratitudine per fratel Biagio e di dolore per un distacco arrivato troppo presto. In tanti non trattengono le lacrime: durante il rito funebre la preghiera, condivisa con chi sta accanto, lenisce lo strazio per la consapevolezza di aver perso l’angelo degli ultimi, che lascia a ognuno l’esempio e l’invito, se non la responsabilità, a proseguire nel solco da lui tracciato. «Siamo qui oggi a celebrare l’Eucaristia per un uomo che ha fatto della preghiera fiduciosa nel suo Dio la bussola, l’asse portante, la stella polare della sua esistenza», ha detto nell’omelia l’arcivescovo Corrado Lorefice: «Ti ringraziamo per il dono che hai fatto alla città di Palermo, alla Chiesa e al mondo: il dono di un cristiano. Il dono di un fratello che ha creduto alla tua Parola fino alla fine e fino in fondo».
L' amore per Palermo e le sue sofferenze
Mentre si ascoltano le parole di monsignor Lorefice, lo sguardo commosso di alcuni si posa sulla bara che accoglie le spoglie, realizzata con le traversine in legno dei binari delle ferrovie per ricordare il luogo dove nel 1991, dopo una crisi spirituale, Biagio, indossati il saio e i sandali, ha iniziato a dedicarsi ai più bisognosi, proprio agli emarginati e ai senzatetto che trovavano rifugio alla stazione di Palermo. «Padre buono — ha aggiunto il presule — il nostro fratel Biagio ha amato la sua Palermo, si è coinvolto nelle sue sofferenze e contraddizioni come il nostro don Pino Puglisi. Ha amato ogni città meta del suo lungo pellegrinaggio, ha amato ogni città del mondo. Padre, noi abbiamo anche visto piangere fratel Biagio. Fa’ che possiamo rimanere anche noi turbati perché “l’Amore non è amato” e avere lacrime come le sue. Come quelle dell’umile Frate d’Assisi che diceva: “Piango la passione del mio Signore. Per amore di lui non dovrei vergognarmi di andare gemendo ad alta voce per tutto il mondo”. Biagio capiva, o Padre, che il tuo Messia, Gesù Cristo, è assetato di amore. E noi possiamo e dobbiamo aiutarlo a estinguere questa sete che continua a gridarci dalla Croce, attraverso l’amore e il servizio ai più poveri tra i poveri, che “hanno sete di Chiesa”. Di una Chiesa povera, dei poveri e per i poveri», ha concluso citando don Giuseppe Dossetti.
Il messaggio del cardinale Zuppi
In un messaggio inviato a Lorefice, il cardinale presidente della Conferenza episcopale italiana, Matteo Maria Zuppi, ha scritto fra l’altro che «in una società in cui si cerca una felicità individuale, fratel Biagio ci ricorda che la vera felicità ce la dona il tempo speso per il prossimo, specialmente per chi è povero, scartato. Il suo amore per gli ultimi, la scelta di cercare delle risposte per non abituarsi mai allo scandalo della povertà e alla sofferenza dei poveri, l’accoglienza intelligente e generosa sono un’eredità preziosa, da raccogliere e continuare, non solo a Palermo ma in tutto il Paese». Biagio Conte riposerà nella chiesa della Missione di Speranza e Carità, in via Decollati, come da lui richiesto, per restare nella “cittadella del povero” che fondò trent’anni fa a tutela degli emarginati.
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