Sud Sudan, quando l’ecumenismo è solidarietà
di Giovanni Zavatta
«Servitori» in pellegrinaggio per la pace e la giustizia, solidali con il popolo del Sud Sudan per «amplificare le sue grida mentre continua a soffrire a causa di conflitti, inondazioni e carestie»: l’arcivescovo di Canterbury, Justin Welby, primate della Comunione anglicana, e il reverendo presbiteriano Iain Greenshields, moderatore dell’Assemblea generale della Chiesa di Scozia, sono intervenuti ieri (anche con un tweet) per ricordare l’importanza dello storico pellegrinaggio ecumenico che li vedrà insieme a Papa Francesco, dal 3 al 5 febbraio, in Sud Sudan. Mentre il Pontefice si appresta a partire per il viaggio apostolico in Repubblica Democratica del Congo, i due leader cristiani invitano i fedeli alla preghiera. «Sarà una visita storica. Dopo secoli di divisione — afferma Welby in una dichiarazione — i rappresentanti di tre diverse parti della Chiesa si riuniscono in un modo senza precedenti» per dare risposta a un’altra preghiera, la preghiera di Gesù, «affinché i suoi seguaci possano essere uno (Giovanni, 17, 21)», sapendo che «il suo Spirito Santo è all’opera in Sud Sudan e ha il potere di trasformare i cuori». È attraverso di Lui, spiega il primate anglicano, che «troviamo la nostra pace più profonda e le più intense speranze di giustizia. Perciò vi chiedo di pregare con noi per il popolo» di questo Paese africano.
«Non vediamo l’ora di essere insieme a Juba tra pochi giorni», sottolinea Welby, «servitori per ascoltare e amplificare le grida del popolo sud sudanese, che ha sofferto così tanto e continua a soffrire». L’arcivescovo di Canterbury ricorda che negli ultimi tre anni, e in particolare dal luglio scorso, la violenza si è intensificata in molte regioni. La speranza è di «rivedere e rinnovare gli impegni presi dalla leadership sud sudanese in Vaticano nel 2019» (nell’aprile di quell’anno le autorità civili ed ecclesiastiche del Sud Sudan si riunirono in Vaticano per un ritiro spirituale di due giorni). «Veniamo come fratelli in Cristo per adorare insieme e testimoniare il Dio che ci riconcilia. Le comunità del Sud Sudan hanno un’eredità di forte testimonianza della loro fede. Lavorando insieme, sono stati segno e strumento della riconciliazione che Dio desidera per tutto il loro Paese e per tutto il creato. Speriamo — conclude Welby — di costruire e ridare energia a quell’eredità».
Per il reverendo Greenshields, «è un privilegio unirci a Papa Francesco e all’arcivescovo di Canterbury in questo storico pellegrinaggio ecumenico. Le Chiese in Sud Sudan, presbiteriane, anglicane e cattoliche, hanno un ruolo importante da svolgere nel sostenere gli sforzi per portare la pace». In particolare il moderatore ha ricordato che la Chiesa di Scozia ha lavorato a stretto contatto con la Chiesa in Sud Sudan dal 2015 per sostenere l’opera di riconciliazione e la risoluzione dei conflitti.
Durante la visita in Sud Sudan, Francesco, Welby e Greenshields vedranno i leader politici, terranno una veglia ecumenica di preghiera (sabato 4 presso il Mausoleo “John Garang”) e incontreranno le persone sfollate a causa del conflitto. L’arcivescovo di Canterbury sarà accompagnato dalla moglie Caroline che ha già effettuato diverse visite nella nazione africana per sostenere le donne nella Chiesa, nel loro ruolo di costruttori di pace. In una nota la signora Welby sottolinea che le donne del Sud Sudan, molte delle quali «sopportano il dolore della guerra e vivono il trauma dello sfollamento, della violenza sessuale e la paura quotidiana dei maltrattamenti nelle proprie case», sono «incredibilmente forti, lodano Dio e si rivolgono a Lui per il loro ristoro». Come accade anche in altre parti del mondo, le donne portano «le cicatrici dei conflitti in maniera profonda, spesso invisibile». Ed è per le donne, per le madri, a volte guide spirituali delle proprie comunità, per le loro voci sovente inascoltate, che Caroline Welby chiede di pregare, affinché ciò possa essere l’inizio di un cammino di «guarigione e riparazione».
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