Sant’Egidio compie 55 anni, Zuppi: “Famiglia universale che non dimentica nessuno”
Anna Poce - Città del Vaticano
“La guerra spegne anche i sogni e gli slanci. La Comunità di Sant’Egidio li riaccende, li difende, germoglio di pace che continua a fiorire, anticipo della pace che può fare fiorire la vita. Sant’Egidio tutto è un popolo di operai di pace, perché avvicina i cuori, combatte le barriere, abbatte i muri, costruisce luoghi dove Fratelli tutti non è solo una visione grande ma la realtà di comportamenti e parole”. Con queste parole il cardinale Matteo Zuppi, arcivescovo di Bologna e presidente della Cei, ha sintetizzato l'anima e la missione della Comunità di Sant’Egidio, che ieri sera ha celebrato i suoi 55 anni di vita in maniera solenne nella Basilica di San Giovanni in Laterano. A rendere omaggio ed esprimere vicinanza alla Comunità e riconoscenza per l’azione svolta in tutti questi anni, c'erano cardinali, arcivescovi e vescovi, esponenti del mondo politico e culturale, di altre confessioni religiose, e soprattutto immigrati, profughi, anziani e senzatetto, il “popolo” di Sant’Egidio.
"È sempre possibile cambiare questo mondo”
“Qui l’amicizia non finisce mai”, ha sottolineato il cardinale Zuppi, facendo proprie le parole di un amico del movimento, Valdo Vinay, e precisando come la Comunità si sia “sempre fatta vicina alle ferite che segnano le persone, i poveri”, e “il grido di pace di interi popoli” abbia trovato “in questa Arca di Noè ascolto, protezione, compagnia, casa, luce, calore”. La Comunità - ha detto il porporato – “non ha mai smesso di cercare una soluzione, ben diversa da compiaciute e facili dichiarazioni e commozioni digitali e da spettacolo”, concentrandosi non su quello che si poteva, ma su ciò che serviva fare. Il cardinale ha quindi ricordato, tra le tante iniziative intraprese nel corso degli anni, i corridoi umanitari “che – ha osservato – hanno aperto il muro impenetrabile del ‘non c’è niente da fare’, ‘si può solo aspettare’”, dando un futuro a migliaia di persone. Tutte le iniziative avviate in questi anni hanno confermato “che è sempre possibile amare la vita, difenderla, cambiare questo mondo perché la fraternità sia reale” e “che tutti possono farlo e che farlo riempie di felicità, libera dalla tristezza o da un amore ridotto ad adrenalina”.
Accendere luci di speranza
Pregando per coloro che vivono “in situazioni difficili, di rischio o di minoranza”, Zuppi ha invitato tutti a continuare “ad accendere luci di speranza e a mostrare un mondo migliore quando intorno c’è il buio della violenza, della guerra, ma anche quello della solitudine e dell’insignificanza. Scegliamo tutti di essere operatori di pace, di conservare un cuore umano di agnello - ha affermato - anche quando il mondo diventa lupo, crede solo nelle armi e non sa più trovare umanità”.
Senza confini
Il presidente della Cei ha infine ringraziato il fondatore, Andrea Riccardi, e la presidenza della Comunità, “diventata una famiglia universale, davvero senza confini, che come una madre non dimentica nessuno”. “Siete un popolo di poveri e di umili, di vecchi e giovani, di fratelli più piccoli e fratelli che si fanno piccoli e così diventano tutti grandi. Siete operai che possono sempre, ed è una grazia, lavorare per il Signore e quindi per il prossimo”, ha precisato il cardinale. E ha concluso sottolineando come sia stata “la Parola di Dio che continua a chiamare e a mandare” a custodire la Comunità. Essa infatti “non smette di renderci sensibili a nuovi aspetti di povertà e anche a capire in modo nuovo e più profondo i vecchi”. Al termine della liturgia, il presidente Marco Impagliazzo ha rivolto un saluto finale ai presenti, rivolgendo un pensiero a Papa Francesco e un saluto al Presidente della Repubblica italiana Sergio Mattarella.
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