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La professoressa Pina De Simone all'Assemblea continentale del Sinodo a Praga La professoressa Pina De Simone all'Assemblea continentale del Sinodo a Praga

Sinodo, De Simone: la Chiesa è accoglienza, non persegue l’uniformità

Voce della delegazione italiana nell'assemblea continentale europea, la docente napoletana sottolinea la necessità di disporsi ad accogliere le sollecitazioni interne ed esterne che arrivano in questo cambiamento d'epoca. "Non dare nulla per scontato", avverte. E sulle donne: "Se pure avessero ruoli apicali ma restasse il sospetto, la diffidenza, la critica, non avremmo risolto nulla. Gli abusi? "La Chiesa deve recuperare l'umiltà"

Antonella Palermo - Praga

Alla terza giornata di lavori, l'Assemblea continentale sinodale in corso a Praga sta ultimando la fase di raccolta delle condivisioni realizzate nei vari gruppi di lavoro. Della delegazione italiana fa parte la professoressa Pina De Simone, ordinaria di Filosofia della religione e coordinatrice della specializzazione in Teologia fondamentale alla Facoltà teologica dell'Italia meridionale (Napoli). L'abbiamo intervistata:

Ascolta l'intervista a Pina De Simone

Professoressa, quali sono stati i temi priotari emersi nei lavori di gruppo?

Il grande tema della corresponsabilità, della ministerialità e dei diversi carismi da comporre nella vita della Chiesa. Il tema della dignità battesimale è tornato moltissimo, di formarsi a una fede adulta capace di testimonianza. La diversità è tenuta insieme da una unità che ci precede perché è data da Gesù Cristo, il fulcro vivo della nostra fede. Bisogna tornare all'essenziale, perché così possiamo vivere in maniera più significativa e profonda il dialogo con le istanze che vengono dal tempo in cui viviamo e leggerne i segni. Recuperare l'inclusione: da Cristo viene la luce, l'apertura dello sguardo, il sale, il lievito, in questa epoca per l'umanità tutta.

Sono state manifestate in assemblea anche frizioni importanti dentro la vita di alcune Chiese. Bisogna farne tesoro?

Certo, c'è da far tesoro della diversità che c'è sempre stata nella Chiesa. La Chiesa non persegue l'uniformità. Non solo dunque non dobbiamo spaventarci che ci siano differenti percorsi, sensibilità, velocità, ma dobbiamo anche farne tesoro perché è ricchezza per tutti. Credo che sia di fondamentale importanza perché solo così si vive quella comunionalità che è la Chiesa. Le tensioni che stanno emergendo sono non solo tra dimensioni diverse - tradizione e cambiamento; verità e misericordia... - ma anche tra storie diverse nella vita della Chiesa. Dobbiamo imparare ad abitarle, perché non è nel cercare ad ogni costo la convergenza ma nel rispetto della diversità la vera sfida. Anche perché spesso questa differenza delle specificità è legata non per forza ad ideologie ma ai diversi contesti culturali in cui la Chiesa opera. Essa è legata quindi alla logica dell'incarnazione. 

A cosa porteranno?

Porteranno sicuramente anche a delle decisioni ma non credo che si debba avere la pretesa di risolvere tutti i problemi. Per esempio, i temi della partecipazione dei laici, dei giovani - in modo che non si parli solo di loro ma che siano loro a parlare di sé stessi - la questione della trasmissione della fede, da non dover dare mai per scontata, della liturgia da reimparare a vivere e di cui ritrovare l'eloquenza, la trasparenza... Ecco sono tutti temi che rivelano un cambiamento d'epoca, quello che stiamo vivendo. Si tratta di disporsi ad accogliere le sollecitazioni che arrivano nella realtà più ampia e nella vita della Chiesa e imparare a cercare insieme la strada, questa è la vera novità.

Qualcuno ha detto che è il tempo delle donne. È così?

Tante donne hanno preso parte e hanno preso la parola in questi giorni: è molto bello e molto significativo. La loro presenza c'è sempre stata nella vita della Chiesa, ma ora va valorizzata ulteriormente, non nella logica di una occupazione di spazi quanto piuttosto di una stima reciproca che faccia emergere fino in fondo l'apporto che le donne sono in grado di dare. Il che significa recuperare la percezione di una grazia che non fa discriminazione, ma che investe in ciascuno per ciò che è e per ciò che ha da dare. È vero che la questione passa anche attraverso la scelta di assegnare alle donne ruoli apicali - sono scelte queste emblematiche- ma io non credo che ciò non sia di per sé sufficiente. Bisogna evitare logiche di contrapposizione. Se pure mettessimo le donne in ruoli apicali ma restasse il sospetto, la diffidenza, la critica, non avremmo risolto nulla. 

Quali sono i contorni da dare al tema degli abusi e come si prevengono?

Non so se c'è un modo per prevenirli, sicuramente è una questione che richiama la Chiesa ad un atteggiamento di umiltà in un cammino di conversione continua e di purificazione. Gli abusi sono la punta dell'iceberg di autoritarismi e di manipolazione che possono determinarsi quando si ha a che fare con la coscienza delle persone, quanto di più delicato, intimo e sacro si ha. In questo senso, la comunità ecclesiale deve avvertire tutta la responsabilità di accompagnare e sostenere chi ha un ruolo di governo, di educazione. Non si deve dare nulla per scontato. Torna ancora la necessità di una conversione non puramente intellettuale, e anche questo è venuto fuori dai nostri lavori.

 

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08 febbraio 2023, 15:25