Dichiarazione dei gesuiti sulla vicenda Rupnik
Vatican News
Si tratta di testimonianze di persone che si possono considerare davvero sopravvissute “dato il male che hanno narrato di aver subito”: è quanto si legge nella Dichiarazione dei Gesuiti sulla vicenda Rupnik pubblicata questa mattina sul sito della Compagnia e intitolata “Verso un riconoscimento della verità”. Il testo si basa sulle denunce raccolte negli ultimi mesi dal Team Referente della Delegazione per le case e opere Interprovinciali Romane della Compagnia di Gesù. Il padre delegato, Johan Verschueren, esprime la propria gratitudine “a tutte le persone che hanno avuto la forza di raccontare le proprie esperienze, a volte con la interiore sofferenza di dover far emergere di nuovo molti episodi dolorosi”.
I comportamenti di padre Rupnik denunciati, si afferma, riguardano periodi diversi (Comunità Loyola, persone singole che si dichiarano abusate in coscienza, spiritualmente, psicologicamente o molestate sessualmente durante personali esperienze di relazione con padre Rupnik, persone che hanno fatto parte del Centro Aletti), coprendo un arco temporale di più di trent’anni, dalla metà degli anni ’80 al 2018: “Il grado di credibilità di quanto denunciato o testimoniato - si legge nella Dichiarazione - sembra essere molto alto”.
Il Team, che ha proposto a padre Rupnik di poterlo incontrare al riguardo senza successo, ha redatto un dossier esaustivo del proprio lavoro corredato da conclusioni sulle diverse possibilità relative a ulteriori procedimenti legali civili e canonici e dalle proprie indicazioni e raccomandazioni alla Compagnia sui possibili passi da adottare.
“La natura delle denunce pervenute - si dichiara - tende a escludere la rilevanza penale, di fronte alla autorità giudiziaria italiana, dei comportamenti di padre Rupnik. Tuttavia – si precisa - ben diversa è la rilevanza di questi da un punto di vista canonico e concernente la sua vita e la sua responsabilità religiosa e sacerdotale”.
La Dichiarazione riporta tre scelte che può prendere il Superiore Maggiore: può imporre al gesuita ogni tipo di restrizione ministeriale (limitata o totale). Può anche obbligarlo a trasferirsi in un luogo specifico per un periodo di tempo determinato o indefinito. Se il dossier mette in evidenza degli atteggiamenti che sono motivo di dimissione necessaria (c. 695) o facoltativa (c. 696) dall’istituto religioso, il Superiore Maggiore può decidere di avviare un procedimento di dimissione dalla Compagnia di Gesù. “Naturalmente - si precisa - la persona interessata ha il diritto di essere assistita e di difendersi in questo procedimento. Se si tratta di un motivo di dimissione facoltativa, ha anche la possibilità di ravvedersi dopo aver ricevuto l’ammonizione stabilita dal c. 697. In questo caso, la procedura di dimissione non può andare avanti. Da notare che per questo tipo di procedure che non sono penali, la prescrizione non è contemplata". Infine, se gli atteggiamenti denunciati corrispondono a un delitto che non è di competenza del Dicastero per la Dottrina della Fede, il Superiore Maggiore può decidere di avviare un procedimento penale amministrativo. Anche questo procedimento può portare, tra l’altro, alla dimissione dell’accusato. Tuttavia, per certi delitti, il Superiore Maggiore alla fine del processo può anche decidere di non procedere alla dimissione dall’istituto, ma di adottare altre misure.
Come primo passo, padre Verschueren intende promuovere un procedimento interno alla Compagnia. Ha inoltre reso più rigide le norme restrittive nei confronti di padre Rupnik vietandogli per obbedienza qualunque esercizio artistico pubblico, in modo particolare nei confronti di strutture religiose (come ad es. chiese, istituzioni, oratori e cappelle, case di esercizi o spiritualità). Tali restrizioni si aggiungono a quelle già attualmente in vigore (divieto di qualunque attività ministeriale e sacramentale pubblica, divieto di comunicazione pubblica, divieto di uscire dalla Regione Lazio).
“Vogliamo avere davanti a noi – afferma padre Verschueren - la chiara possibilità di un cammino che persegua il pieno riconoscimento della verità dei fatti da parte dei responsabili e un percorso di giustizia per il male fatto”.
Le decisioni sono state rese note sia a padre Rupnik che alle persone che hanno offerto le loro testimonianze.
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