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La copertina del libro La copertina del libro

Le suore "del secondo piano": Il libro di Ritanna Armeni sul salvataggio degli ebrei a Roma

La scrittrice e giornalista italiana, racconta nel romanzo: "Il secondo piano", edito da Ponte alle Grazie, la storia di alcune religiose francescane che, con coraggio e determinazione, riuscirono a salvare donne, uomini e bambini nella Roma occupata dai tedeschi. "Una storia sorprendente, queste suore hanno messo a rischio la loro vita per salvare quella di chi professava un'altra religione", afferma l'autrice

Andrea De Angelis - Città del Vaticano 

“L’accoglienza dei perseguitati è, per noi che ci siamo consacrate, l’unica strada da percorrere”. Questa riflessione, giunta dopo una cinquantina di pagine del romanzo, ne è forse l'essenza. Raccontare le storie di quelle suore che a Roma accolsero e protessero - con coraggio e determinazione, intelligenza e creatività – persone di religione ebraica perseguitate dai tedeschi è il messaggio centrale che arriva dalla lettura de “Il secondo piano”, il libro di Ritanna Armeni pubblicato da Ponte alle Grazie nella collana Scrittori, edito nel 2023 e ambientato nella Roma occupata. Un’opera frutto del desiderio di far emergere la bontà d’animo, la capacità di rendere priorità ogni singola vita umana delle religiose che nei conventi e negli istituti romani contribuirono a rendere meno nero il biennio 1943-44.

Migliaia di ebrei salvati nei conventi

Sono passati quasi 80 anni da quei mesi orribili, in cui l’odio e il sangue riempirono la quotidianità della capitale italiana. Sullo sfondo, però, ecco emergere storie di resistenza e speranza, di amore per il prossimo, di famiglie e nuovi nuclei, come quello formatosi in un convento francescano di periferia, tra i profumi del giardino e le finestre chiuse. Quelle del secondo piano, dove vivevano nascosti gli ebrei. "Per me è stato un racconto sorprendente, mi ha dato la possibilità di entrare nell'animo di queste religiose scoprendo una storia a me sconosciuta, quella dei conventi a prevalenza femminile che in quei mesi salvarono tanti ebrei", sottolinea Armeni, ospite del programma Doppio Click (clicca qui per ascoltare il podcast). L'autrice ricorda come la comunità ebraica romana fosse allora formata da quasi 10mila persone, di cui quasi la metà trovò rifugio proprio nei conventi. "Ho scritto questo libro - prosegue - perché nelle mie ricerche ho scoperto che si aprirono circa 250 conventi agli ebrei, di cui la gran parte femminili. Realtà dove vi sono, e ancor più allora, regole rigide". Tutto ciò avvenne in un contesto diverso da oggi. "Gli ebrei ottant'anni fa non erano considerati dai cattolici i fratelli maggiori, ma queste suore furono capaci di mettere a rischio la loro vita per salvare quelle di uomini, donne e bambini di un'altra religione. Questo è un fatto davvero sorprendente", evidenzia Armeni.

Una porta aperta e tante da aprire

Nel convento che ancora oggi si trova nel quartiere Trieste della capitale, i primi ebrei arrivarono bussando alla porta, come si faceva un tempo, quando i campanelli suonavano senza preavviso. A suor Lina, giovane religiosa del convento, “parvero in posa come per una foto di famiglia, di quelle – si legge nelle prime pagine del libro – che si scattano per gli anniversari importanti”. Tra loro “un uomo anziano, la lunga barba più bianca che grigia a coprirgli il volto”, e poi “una donna, anche lei non più giovane” e “un ragazzo con l’espressione di leggera spavalderia sul viso”. Accanto “una coppia più giovane, poi una ragazzina impaurita, lunghe trecce scure e un borsone”. Infine “un bambino, l’unico che non guardava verso l’alto e si stringeva all’uomo”. Saranno loro a sconvolgere, ricomponendola con nuove forme la vita delle suore del convento. Altre persone in cerca di aiuto arriveranno, così come alla porta busserà Remo, il sacrestano che simpatizzava per i tedeschi, un uomo più fragile che cattivo - come specifica l'autrice stessa nel corso dell'intervista -, che non riesce a concepire il cambiamento fascista: Busseranno gli stessi soldati, la cui infermeria si trova proprio al piano terra del convento, portando non pochi problemi alle religiose. A bussare è anche padre Giacomo, il cappellano, chiamato a rincuorare le suore dinanzi ai loro sacrosanti timori.

Ritanna Armeni ospite del programma Doppio Click
Ritanna Armeni ospite del programma Doppio Click

Una carità universale

Sono tantissime le suore che in quei mesi così difficili hanno rischiato pur di salvare vite, proteggendo giovani e anziani, uomini e donne, talvolta interi nuclei familiari. Tra loro le suore di clausura di Santa Susanna, incoraggiate anche dai sacerdoti. Emerge così nelle pagine la storia di don Libero che, nel convincere la badessa, le disse che per non contravvenire ai suoi doveri “non avrebbe aperto la porta, sarò io a infrangere la clausura, lei deve solo togliere il catenaccio”. Così don Libero aprì quella porta e un’altra famiglia ebrea trovò rifugio. Le suore francescane, compresa la madre superiora, sono tormentate dal pensiero di peccare e si domandano quale fosse la linea indicata dalla Santa Sede. È padre Giacomo a ricordare loro come, riferendosi proprio all’episodio delle suore di clausura, al vicariato dissero a don Libero che “aveva fatto bene”. Nel romanzo si cita anche una pagina de L’Osservatore Romano del 25 ottobre 1943, circa “l’operosa carità universalmente paterna del sommo Pontefice, la quale non si arresta davanti ad alcun confine né di nazionalità, né di religione, né di stirpe”. “Né di stirpe, madre, c’è scritto né di stirpe”, ripeteva padre Giacomo mostrando la copia del quotidiano della Santa Sede a madre Ignazia. Per la superiora quell’articolo era importante, “le aveva fatto capire che anche ai vertici della Chiesa c’era consapevolezza di quanto fossero aumentate le sofferenze di tanti”.  

La serenità dei numeri

In un contesto di terrore, nascondimento, incertezza anche le piccole cose possono fare la differenza. Come la marmellata, che suor Lina spalmava sul pane (spesso sulla sua razione, messa da parte dal pranzo) per la merenda del piccolo Lele. “Sono quasi morta di vergogna. Ogni giorno – scrive nel suo diario la giovane religiosa – mettevo la mia fetta di pane da parte, credevo di passare inosservata. Ma oggi alla fine del pranzo madre Ignazia mi si è avvicinata con la sua porzione, e poi suor Emilia con la sua”. Dinanzi alla follia umana, alla brutalità della guerra e della persecuzione il sollievo si può trovare anche nella razionalità dei numeri, in grado di restituire un po' di quiete. Al piccolo Ruben, infatti, piaceva contare. “Contava tutto. Quante volte nella settimana avevano mangiato la minestra. Quanti bicchieri c’erano sulla tavola, le finestre nella stanza. La serenità dei numeri”. Il personaggio preferito dall'autrice è la superiore, madre Ignazia. "Una francescana, tedesca, molto rigorosa, attenta che le sorelle facciano fino in fondo il loro dovere. Nel suo diario - dice Armeni - racconta come non possa far altro che aprirsi alla carità". La scrittrice ospite negli studi di Radio Vaticana - Vatican News si sofferma infine sul linguaggio scelto nello scrivere questo libro. "Ho dovuto utilizzare davanti alla violenza, al terrore, alla morte altre parole nel parlare di quel dramma, parole come carità, accoglienza, fede. Parole con le quali queste suore hanno dato una risposta alla storia, e - conclude - lo hanno fatto con i loro comportamenti". 

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18 febbraio 2023, 13:08