RD Congo, le scuole cattoliche a sostegno dell'istruzione
Xavier Sartre e Tiziana Campisi – Città del Vaticano
Si ritroveranno allo Stadio dei Martiri di Pentecoste di Kinshasa, che ha una capacità di 80mila posti ed è utilizzato principalmente per incontri internazionali, eventi sportivi o culturali, il 2 febbraio per incontrare Papa Francesco e far conoscere le loro storie, pronti anche ad ascoltare le sue parole. I giovani della Repubblica Democratica del Congo rappresentano la gran parte della popolazione, ma si scontrano giornalmente con tante difficoltà, il sistema scolastico carente, la mancanza di lavoro, le scarse prospettive di una realizzazione professionale. A cercare di aiutare i giovani a costruirsi un futuro migliore è la Chiesa cattolica.
La scuola Saint-Augustin a Kinshasa
Le scuole cattoliche sono uno dei pilastri dell'istruzione nella Repubblica Democratica del Congo. Per vari decenni sono state un elemento essenziale in tutto il Paese per la formazione dei congolesi. Diversi religiosi sono impegnati nell’educazione, come i salesiani o gli agostiniani. Questi ultimi hanno aperto a Kinshasa, nel comune di Limete, il complesso scolastico Saint-Augustin, vicino all’ampio crocevia dominato dalla statua di Pascal Lumumba, l'eroe dell'indipendenza, e dalla Torre Echangeur, alta poco più di 2 metri. Dal 2017 hanno accolto 1.800 studenti, dalla scuola dell'infanzia alla scuola superiore.
Padre Eric Biyali è il superiore della comunità agostiniana di Kinshasa. In tutto gli agostiniani nella Repubblica Democratica del Congo sono 71, di cui 41 sacerdoti e 30 religiosi in formazione. Sono tutti congolesi, 3, invece, sono originari del Sud Sudan.
La Repubblica Democratica del Congo è un Paese molto giovane, tuttavia, non tutti i bambini vanno a scuola. La vostra comunità lavora molto nel campo dell'istruzione. Secondo lei, qual è la sfida principale che deve affrontare l'istruzione nel Paese?
La maggior parte della popolazione, specialmente qui a Kinshasa, è giovane e a volte senza un'istruzione di base, cioè senza una buona formazione. La sfida è la qualità dell'insegnamento, perché questo ha un impatto sull'educazione dei bambini. C'è anche un problema infrastrutturale, in particolare per quanto riguarda le scuole. Occorre trovare buoni edifici e sorvegliare i bambini. Queste sono le realtà che affrontiamo e cerchiamo di fare del nostro meglio nella nostra scuola - il collegio Saint-Augustin - per offrire una buona formazione.
Pensa che lo Stato congolese sia pienamente coinvolto nell'istruzione?
Direi che lo Stato sta cercando di fare la sua parte, ma c'è molto da fare. Il Governo lavora sull'istruzione gratuita da diversi anni. Nella Repubblica Democratica del Congo si pagano le tasse scolastiche ogni mese. Ma non è da molto che il Governo si sta impegnando per garantire l'istruzione gratuita, che purtroppo non funziona bene. Alcune scuole fanno ancora pagare, altre no. Quanto alla Chiesa, sta facendo del suo meglio. Circa il 40% delle scuole è gestito dalla Chiesa. I religiosi cercano di fare del loro meglio per l'istruzione di base. Ci sono diversi organismi della Chiesa, ci sono diverse congregazioni, gli agostiniani, i salesiani. Ognuna di queste congregazioni ha le sue scuole nei suoi diversi settori.
C'è cooperazione tra tutte queste congregazioni?
Abbiamo, in ogni arcidiocesi, quello chiamiamo il “coordinamento delle scuole”. C'è un sacerdote coordinatore e c'è un parroco, a livello diocesano, che cerca di coordinare le attività delle scuole private cattoliche, di armonizzare le attività delle nostre scuole.
Per quanto riguarda il vostro plesso scolastico, quali difficoltà avete?
È una scuola ancora giovane. Abbiamo aperto la struttura cinque anni fa. La difficoltà principale è che molti genitori vogliono iscrivere qui i propri figli. Quindi abbiamo un problema di spazio. Lo spazio è limitato. A volte rifiutiamo dei bambini che comunque potrebbero studiare nel nostro istituto.
La formazione professionale offerta dai salesiani
Ma non è solo l’istruzione di base il problema dei giovani nella Repubblica Democratica del Congo, non è facile, per molti trovare un lavoro, per questo il Centro professionale Don Bosco Masina di Kinshasa offre una formazione professionale. L’obiettivo è far sì che le nuove generazioni trovino occupazione e non finiscano in strada. Quest'anno la scuola, che si trova alla periferia della capitale della Repubblica Democratica del Congo, festeggia 20 anni. Oggi gli iscritti sono 132, ragazze e ragazzi, dai 17 ai 30 anni. “Giovani vulnerabili, in ritardo nell'istruzione”, spiega fratel Apollinaire Mukinayi, salesiano di Don Bosco e direttore del centro. Alcuni sono venuti spontaneamente per imparare un mestiere, altri sono stati sensibilizzati dalle attività pastorali dei salesiani nei quartieri circostanti”. Quello cui si punta è “fornire ai giovani l'inserimento socio-professionale” con un'istruzione di base e un mestiere, precisa il direttore. Alcuni hanno lasciato la scuola molto presto, altri non ci sono nemmeno andati. La maggior parte si è trovata a vagare per le strade per guadagnare abbastanza per sopravvivere o portare a casa qualcosa da mangiare. Uno studente ha anche sperimentato la prostituzione. Imparare a leggere, scrivere e contare è il minimo. Imparare un lavoro che li faccia vivere è una necessità se vogliono tirare avanti e pianificare il futuro”.
L’esperienza di alcuni giovani
Il centro Masina offre diversi corsi: saldatura, falegnameria, muratura, panetteria e taglio e cucito. I corsi hanno una durata complessiva di tre anni. Per i docenti il compito non è facile, ammette Dady Mungana, che insegna disegno tecnico. “Questi sono giovani pigri. Dobbiamo riqualificarli in modo che abbiano la possibilità di avere una formazione tecnica. Riusciamo comunque a sostenerli, a metterci nei loro panni”. Per Jacques, uno degli studenti più giovani, l’edilizia è un sogno. “Imparo come allestire un edificio, l’aspetto della salute e la sicurezza sul lavoro, come disegnare progetti e produrre preventivi”, spiega. Tracciare correttamente le linee sul quaderno è il primo passo verso questo obiettivo, prima di recarsi in laboratorio per il lavoro pratico. Nel laboratorio di panetteria-pasticceria, esce dalla classe una giovane donna di trent'anni, con un copricapo bianco in testa. “Ho sempre avuto la passione per la pasticceria fin da piccolissima”. Sposata, casalinga, decide di intraprendere questa avventura professionale per creare una propria attività e assumere personale.
Necessari fondi per garantire una struttura all’avanguardia
Per aiutare gli studenti alla fine del loro percorso, la scuola salesiana ha anche un ufficio per l'impiego, in contatto con aziende per trovare stage o impieghi. "Accompagno i giovani durante i loro tre mesi di tirocinio - spiega il manager, Jacques Mbianshu -. Vedo come si evolvono, quali sono le loro difficoltà, le loro prestazioni". I migliori fanno strada, i meno bravi si muovono verso l'autoimprenditorialità. Nella struttura salesiana c’è pure un ufficio che fornisce un supporto psico-sociale per promuovere l'integrazione. Ma la scuola deve affrontare anche diversi problemi. Il primo è quello finanziario: “Questi giovani sono poveri, non hanno mezzi. È quindi necessario disporre di fondi per formarli”, dice il direttore. Altro problema è l'attrezzatura che è insufficiente e mancano, poi partner che supportino quotidianamente la missione dei salesiani. Un aiuto arriva da privati o aziende che a volte effettuano ordini di oggetti o articoli: sedie, vestiti, oggetti metallici. Gli studenti possono così ricevere un po' di soldi per il lavoro svolto e possono pagare parte delle tasse.
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