Naufragio migranti, a Crotone la Camera ardente tra urla di dolore e l’affetto dei cittadini
Salvatore Cernuzio - Città del Vaticano
“Se la nostra spiaggia di Steccato non ha accolto i vostri figli per la vita, ma per la morte... Perdonateci”. Il cartellone bianco, scritto da un gruppo di “donne e madri” di Steccato di Cutro, sventola fuori dal Palamilone, il palazzetto dello sport della città di Crotone dove questa mattina alle 9 è stata aperta la camera ardente dei migranti morti nel naufragio di domenica 26 febbraio al largo delle coste calabresi. Sessantasei bare allineate sul parquet della struttura usata solitamente dai crotonesi per gare di basket e altre manifestazioni artistiche e sportive. Alcune sono di colore bianco, circondate da peluches, ad indicare la presenza di cadaveri di bambini. Come il piccolo feretro con sopra impressa la sigla “KR46M0”, dove lo 0 indica che il bimbo lì riposto – la vittima numero 46 - non aveva neppure un anno. Sopra era sistemata una macchinina della polizia, a dimostrazione del cordoglio anche delle Forze dell'Ordine impegnate per gli aiuti. Su 23 bare c’è invece una targa col nome: sono gli uomini, le donne e i minori che in questi giorni sono stati identificati dalla scientifica e dai parenti. Molti altri corpi il mare li sta restituendo ancora, in queste ore. Proprio questa mattina è riemerso quello di una bimba di 4-5 anni.
La preghiera dell'arcivescovo e dell'imam
In ginocchio e con le braccia aperte, attorniati dai 27 sindaci dei comuni del circondario e dagli amministratori locali, l'arcivescovo Angelo Raffaele Panzetta e l’imam della Moschea di Cutro, Mustafa Achik, hanno elevato insieme, all’apertura del palasport, preghiere congiunte per queste persone afghane, pakistane e di altre nazionalità, prevalentemente di fede islamica. Le anime dei morti sono state affidate al “Dio della pace, Dio della vita”, al quale l'arcivescovo e l'imam hanno domandato consolazione per i sopravvissuti e i familiari. Alcuni di loro erano presenti questa mattina al Palamilone, insieme a rappresentanti della comunità marocchina della cittadina calabrese, venuti a dare sostegno ai loro “fratelli”. Due donne con il hijab sul capo si sono buttate sopra un feretro, poggiando il volto e urlando per il dolore. In particolare una ragazza afghana con il suo grido sopra la bara della sorella ha spezzato il silenzio che vigeva nel Palamilone fino a quel momento. Un’altra, ricoperta di ecchimosi tra la fronte e gli occhi, teneva un mazzo di fiori gialli tra le mani, una delle quali fasciata.
Disegni, striscioni, peluche
“Uno spettacolo straziante”, ripete la gente – centinaia di persone – disposte in fila fuori dal cancello dove sono stati sistemati fiori, cartelli, striscioni. Alcuni denunciano chi ha responsabilità di questo ennesimo dramma; altri, come il manifesto dei tifosi del Crotone, chiedono “silenzio e giustizia per le vittime del mare”. Tanti i disegni affissi su muretti e cancelli da parte delle scolaresche, a cui è stato permesso di partecipare al momento di cordoglio che ha scioccato la comunità cittadina. Quadri con disegnati il mare, i volti dei bambini, gli arcobaleni e il mappamondo a rappresentare la fraternità, l'essere un’unica famiglia. E poi corone di fiori, lumini, giocattoli.
Lo strazio della gente
“Vedere lo strazio di tante persone anche molto giovani che perdono i loro familiari, figli, fratelli, mogli, mariti è una cosa veramente difficile”, confida a Vatican News suor Loredana Pisani, direttrice dell’Ufficio Migrantes dell’Arcidiocesi di Crotone. “Questi sono i giorni dell'aiuto umano fraterno, ma sono i giorni anche del silenzio”. Silenzio al quale, invece, sembrano anteporsi le urla di dolore e le polemiche politiche, oltre le pubbliche denunce per questa che – si legge su un biglietto giallo – era una “tragedia annunciata”.
“La questione migratoria è complicata, me ne rendo conto”, spiega suor Loredana. “Certo è che se non si parte dal concetto base che qualsiasi sia la persona che si trova a essere rifugiata è una persona da accogliere e che quindi che non si debbano fare parzialità, allora è inutile stare a discutere. La questione migratoria, come ha detto tante volte il Santo Padre, come dicono i nostri vescovi, è una questione di umanità”.
Accanto ai superstiti
L’Ufficio Migrantes si è attivato da subito dopo la tragedia per dare sostegno e aiutare i sopravvissuti, intervenire nelle necessità urgenti o anche stare semplicemente accanto a questa gente. Tutta Crotone l’ha fatto, in segno di quella ospitalità e accoglienza che contraddistingue questa antica città della Magna Grecia, terra di Pitagora, crocevia di popoli e culture. In particolare, i volontari di Migrantes, di concerto con i Vigili del Fuoco e la Croce Rossa, sono attivi al Cara di Isola Capo Rizzuto e nel locale ospedale, dove molti sono ricoverati con fratture e profonde lesioni dopo lo schianto sulla secca, a 200 metri dalla costa, di questo “barcone pietoso, vecchissimo”, dice suor Loredana. “È arrivato in accelerazione, si è completamente staccato, ripiegato su sé stesso, poi frantumato”.
Il dolore di una madre
Dei tanti volti e storie incrociate in queste 72 ore, la religiosa cita quella di una mamma di tre figli, due dei quali annegati in mare. “Voleva venire in Italia per poi proseguire verso la Germania e riunirsi alla sorella. Invece ha perso due figlie: una è stata riconosciuta, l’altra ancora dispersa. Anzi, lei pensava che fossero morti tutti e tre perché l’altro non si trovava. In realtà era ricoverato in ospedale nel reparto Covid… Fortunatamente lui era salvo, glielo abbiamo detto, ma neanche questo ha consolato”.
“Perché ci hanno fatto questo?”, è la domanda che la donna ha rivolto alla suora. “Evidentemente si riferiva agli scafisti… Loro sanno che chi si mette in viaggio, deve mettersi d’accordo per questo tipo di viaggi illegali con delle persone. Da questa donna c’era la sorpresa di essere stati completamente abbandonati su questo barcone impazzito alla deriva. Loro pagano per partire… ‘Perché ci avete fatto questo?’, ci domandano. Perché – dico io - una madre deve raccogliere i corpi senza nemmeno poterli nemmeno più abbracciare, nemmeno da morti?”.
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