Nelle Marche un museo di opere salvate dal terremoto
Maria Milvia Morciano - Città del Vaticano
MARec è l’acronimo del Museo dell'Arte Recuperata Arcidiocesi Camerino – San Severino Marche e ha una particolarità: non è il risultato dalla lenta formazione di una collezione o del lascito di antichi signori, a farlo nascere è stata l’idea, o per meglio dire la tenerezza, dell’arcivescovo che non si è rassegnato a tenere così tante opere d’arte salvate dal terremoto del 2016-2017 imballate e nascoste alla vista della gente del luogo o di chi viene da lontano per ammirare una regione tanto bella e ricca di storia quali sono le Marche. Monsignor Francesco Massara, arcivescovo di Camerino-San Severino Marche ci parla di questa iniziativa, partita verso la metà dello scorso anno.
Come è nata l'idea del museo?
“L'idea del museo è nata perché un giorno sono stato in questo palazzo che è il Palazzo del vescovo e ho visto 3000 opere nel deposito che rischiavano di rimanere lì per tantissimi anni, non visibili al pubblico e alle varie comunità, così ho pensato di poter realizzare un museo. Ho partecipato a un bando europeo tramite la regione Marche, che abbiamo vinto. In questo modo abbiamo realizzato questa opera di bellezza che non è solamente di questo territorio ma, credo, dell'umanità intera”.
Quindi in questo modo ha ridotto i tempi di deposito degli oggetti che erano stati ricoverati dal terremoto?
Sì, una parte è rimasta nel deposito in quanto le opere sono tantissime, con un'altra parte è stato realizzato il museo, che è diviso in sezioni in base ai Paesi di provenienza. Mediante una convenzione con l'Accademia delle Belle Arti di Macerata e l'Istituto di Restauro di Roma è stato creato anche un laboratorio di restauro.
Sono soprattutto opere di arte sacra?
Sì, sono soprattutto opere d'arte sacra che provengono dalle 350 chiese danneggiate nel nostro territorio. Sono statue, dipinti, crocifissi e innumerevoli altri generi di opere d'arte che sono un patrimonio e rappresentano l'identità delle nostre comunità.
Il museo è stato realizzato di concerto tra la Diocesi, la Soprintendenza ai Beni culturali delle Marche...
C'è stata una collaborazione con tutte le istituzioni. Noi abbiamo fatto questo progetto con i fondi europei tramite la Regione Marche, ma c'è stata la collaborazione anche della Soprintendenza delle Marche e di tutte le altre istituzioni. Sicuramente è un gioiello del recupero dell'arte che è messo a disposizione non solo della comunità locale ma dell'intero territorio d'Italia e anche dell'estero, perché abbiamo tanti visitatori che vengono anche da fuori regione a visitarlo.
Ad aprile ci sarà una inaugurazione importante...
Il 14 aprile alle ore 17 presenteremo il catalogo del museo che, credo, sarà anche un ulteriore modo per divulgare questa bellezza dell'intero territorio. Veramente rappresenta la bellezza delle Marche.
Ma secondo lei queste opere torneranno prima o poi ai luoghi d'origine? O il tipo di geomorfologia del territorio rende più prudente che rimangano in questo museo?
Per la sicurezza sarebbe meglio che rimanessero nel museo, tuttavia l'idea è che fino a quando le chiese non saranno restaurate le opere rimangono all'interno del museo e dei depositi. Man mano che una chiesa viene restaurata, è giusto che ritornino lì da dove provengono, che quell'opera d'arte sia fatta ritornare alla comunità da cui proviene, sapendo però che la ricostruzione richiede tempi molto lunghi. Ma almeno c'è la possibilità di poterle ammirare. La diocesi è proprietaria di sei musei, di cui alcuni sono già pronti ma altri sono in corso d'opera. Sono in corso lavori di restauro per risarcire i danni del terremoto e quando saranno finiti i musei saranno messi in rete. Si darà l'opportunità di visitare non solo un museo, ma un'offerta turistica che consentirà di poter visitare tutti i musei.
Quindi un modo per rilanciare un luogo che è stato ferito molto profondamente.
Il territorio è stato ferito in modo molto profondo. Basti pensare che su 500 chiese, 350 sono state danneggiate. Nelle chiese si trova il 70% di opere d'arte totali di tutte le Marche. Lei può immaginare il grande danno anche inferto alla nostra storia, alla nostra tradizione, alla nostra fede, alla nostra cultura. Però, credo che questi piccoli segni diano una speranza sia alla comunità, sia al mondo della cultura.
"Vorrei essere la direttrice di un museo destinato a durare poco", dice Barbara Mastrocola, direttrice del MARec che ne spiega la ragione sottolineando che si tratta pur sempre di un museo di deposito. L'esposizione, infatti, aggiunte Mastrocola, "non segue criteri di eccellenza o di ordine cronologico. Sono invece opere riunite per provenienza, a rimarcare l'identità di ciascun luogo". "Abbiamo voluto ridare - è la conclusione della direttrice del MARec - una piazza ai borghi che non ce l'hanno più. Le comunità ci chiedono delle opere per poter celebrare le ricorrenze con opere che per loro non sono soltanto artistiche, ma parte di un'identità di fede. Ad esempio con l'approssimarsi della Pasqua chiedono i Cristi deposti, che sono espressione tipica dell'arte in questi luoghi. Ecco che dietro all'esposizione c'è tutto un lavoro che riguarda la catalogazione e alcune volte il restauro, specie in alcune statue in terracotta andate in frantumi".
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