"Libera la vita", a Roma una Via Crucis contro la tratta di persone
Adriana Masotti - Città del Vaticano
“Libera la vita”: è il tema della Via Crucis per la liberazione delle vittime di tratta e prostituzione che si terrà venerdì 17 marzo a Roma. Organizzata dalla diocesi in collaborazione con la Comunità Papa Giovanni XXIII e il Coordinamento diocesano anti tratta, a cui aderiscono almeno 12 tra associazioni, gruppi e congregazioni religiose femminili, oltre alle unità di strada che svolgono il loro servizio in diversi luoghi della capitale, sarà guidata dal vescovo ausiliare Dario Gervasi.
Le parole-segno della Via Crucis
La partenza della Via Crucis è prevista alle ore 20.15 dall’Istituto Sant’Anna, il percorso poi si concluderà presso la parrocchia di San Leonardo Murialdo. Ogni stazione, spiega il comunicato pubblicato sul sito della diocesi di Roma, sarà accompagnata da “parole segno”. Non giudicarmi sarà quella della prima stazione, nella quale Gesù è condannato a morte, per dire come la società, invece di condannare chi priva donne e uomini della loro libertà e dignità, spesso giudica le vittime. Nella seconda stazione, in cui Gesù è caricato della Croce, la parola scelta è Cercami: "La ferocia dei trafficanti, la perversione dei clienti e il silenzio di tanti - si spiega - di fatto incatenano uomini, donne e bambini innocenti, facendo pagare loro un peccato che è di tutta la società".
Liberare la vita che è tenuta prigioniera
All'iniziativa sarà presente anche il vescovo Benoni Ambarus, vescovo ausiliare per la Diocesi di Roma, con delega per la carità e i migranti, che spiega il significato del titolo "Libera la vita". "Va inteso - si legge ancora nel comunicato - su un doppio binario: vuole essere un invito alle persone coinvolte nel fenomeno della tratta ad avere il coraggio di liberare la propria vita. Molte ormai sono rassegnate, pensano di non avere una vita d’uscita, invece noi vogliamo spronarle a denunciare. Ma “Libera la vita!” è un invito anche a tutti noi, alle parrocchie, alla città intera: dobbiamo capire che nelle persone vittime di tratta c’è una vita che è prigioniera e che noi non vediamo. Tutti noi dobbiamo diventare 'liberatori di vita'”.
La commozione e l'ascolto di Papa Francesco
Il presidente della Comunità Papa Giovanni XXXIII, Giovanni Paolo Ramonda, ricorda un momento di grande emozione: "Papa Francesco, in uno dei Venerdì della Misericordia, ha abbracciato come un nonno venti giovani ragazze nigeriane, ucraine, albanesi e rumene liberate dalla schiavitù della prostituzione dalla Comunità. Quando ha suonato il campanello della casa famiglia in via di Pietralata le giovani sono scoppiate in pianto. L’ascolto delle loro storie, con le violenze subite, ha commosso il viso attento e paterno del Pontefice". In un contesto in cui la tratta delle persone cresce in maniera preoccupante, la Comunità nel 2022 ha sostenuto 94 vittime di tratta a scopo sessuale, sfruttamento lavorativo e accattonaggio, di età dai 26 ai 33 anni. Questo ci racconta ai nostri microfoni Enkolina Shqau, animatrice generale nell'ambito anti-tratta della Papa Giovanni XXIII che, di origine allbanese, vive a Roma e collabora all'organizzazione della Via Crucis di venerdì:
Enkolina Shqau, che cosa si intende quando si parla di tratta e di traffico di persone, specie di donne, e quali Paesi coinvolge?
La tratta di esseri umani è una pratica dove tu porti o costringi una persona a fare ingresso e a soggiornare in un altro territorio rispetto al suo e la sfrutti per fini lavorativi, sessuali o accattonaggio. Queste sono le principali ma poi ci sono anche altre forme di sfruttamento, perché qui si apre un mondo se vogliamo parlare della tratta che in sintesi è quella che noi chiamiamo una forma moderna di schiavitù perché ci sono organizzazioni che impongono la volontà sulle vittime sfruttando la loro impotenza e piegando la loro volontà con mezzi di pressione. Coinvolge tutti i Paesi e per quanto riguarda l'Europa coinvolge soprattutto i Paesi dell'Est ed è soprattutto a fini sessuali. Dagli anni 2000 in poi abbiamo visto un arrivo di ragazze in Italia anche dall'Asia, soprattutto dalla Cina, e trans dall'America Latina, ma riguarda un po' tutti i Paesi.
Quando parliamo di tratta comprendiamo anche tante donne che sono costrette alla prostituzione nelle nostre città? Intendo dire: le vittime di tratta sono visibili? Ciascuno di noi può dire di aver visto vittime di tratta?
Senz'altro, la maggior parte delle donne che sono sulle strade - io parlo per quanto riguarda la città di Roma - sono vittime di tratta. Basta uscire di sera a Roma e nelle strade vedi tantissime ragazze costrette alla prostituzione e dietro a questo c'è sempre un motivo. Il nostro fondatore, don Oreste Benzi, ci diceva che nessuna donna nasce prostituta, che c'è sempre qualcosa o qualcuno che la fa diventare così e noi con la nostra attività di strada vediamo queste donne. È ovvio che al primo impatto, non avendo un rapporto di fiducia, nessuna o molto raramente, ti dice: "Sì io sono vittima di tratta", però dopo vari incontri o magari nel momento in cui decidono di lasciare la strada e di fidarsi, emerge che quasi tutti i casi che abbiamo incontrato sono casi di tratta. Ed è solo quella parte che noi vediamo perché poi c'è tutta la parte della prostituzione indoor, dove è praticamente quasi impossibile entrare per capire come si sta evolvendo questo fenomeno. Tutte le donne, ad esempio, che si prostituiscono nei centri massaggi o negli appartamenti. In questi ultimi anni, infatti, la prostituzione da questo punto di vista è cambiata parecchio, perché è passata dalle strade all'aperto, dove un minimo contatto con le ragazze ci poteva essere, agli appartamenti che lo ha reso molto molto difficile.
Dai dati che voi possedete il traffico di essere umani è un fenomeno in crescita?
Sì e purtroppo la pandemia ha aumentato questo dramma con il passaggio dalla strada agli appartamenti, le vittime sono sempre di più, basta vedere i diversi siti ma anche le diverse indagini che la polizia postale ha fatto negli ultimi anni per vedere una crescita dello sfruttamento sessuale sia online sia indoor.
Contro la tratta voi, insieme a tante altre associazioni e alla Caritas di Roma, avete lanciato l'idea di una Via Crucis. Perché? A che cosa può servire?
Intanto è un segno, per noi è un segno e anche un messaggio, è una speranza che tanta gente venga sensibilizzata riguardo a questa realtà. Noi come associazioni scendiamo in strada oppure accogliamo, aiutiamo le ragazze che stanno sulla strada e quindi la Via Crucis è un modo per dare loro il messaggio che noi ci siamo e anche per pregare e cercare di arrivare verso le persone che sono un po' all'oscuro di questo fenomeno.
Slogan della Via Crucis di venerdì è “Libera la vita”. Che significa esattamente? E’un invito a fare che cosa e a chi è rivolto?
È rivolto a tutti, anche alle persone che sono sfruttate, a trovare il coraggio di lasciare quella vita ricordando che noi ci siamo e insieme ce la possiamo fare. È anche un invito e un messaggio per chi è dall'altra parte, diciamo, per chi può accogliere, per chi può dire una buona parola, per chi vede queste ragazze che stanno sulla strada e può liberarsi da tutti i pregiudizi, da tutto quello che non conosciamo e magari ci spaventa, è rivolto anche alle parrocchie perchè si aprano a questa vita che noi abbiamo di fronte che però spesso non comprendiamo.
E' un invito rivolto anche a chi sfrutta queste donne, queste ragazze?
Senz'altro, perchè si mettano una mano sul cuore e capiscano che comunque davanti a loro c'è un essere umano. Sia chi sfrutta queste ragazze, sia i clienti che vanno con queste ragazze devono capire che davanti a loro c'è una persona sfruttata, una persona che non ha scelto questa vita, una persona che muore ogni volta che è costretta a fare quello che non vorrebbe.
È possibile per una donna uscire dalla schiavitù, è possibile liberarsi dalle catene dei trafficanti?
Sì, è possibile. Non è facile però è una cosa possibile. In questi anni abbiamo visto situazioni che io a volte chiamo miracoli, situazioni dove tu pensavi che davvero quella data persona non avrebbe mai trovato il coraggio di liberarsi perché magari aveva dei debiti da pagare, perché dietro c'è una famiglia in povertà estrema e quindi la prostituzione è vista come l'unica soluzione possibile. Ci vuole tanto coraggio, ci vogliono delle persone che le aiutino, ci vuole il sostegno non solo delle persone del volontariato, ma anche quello che viene dalla politica perché una parte fa l'accoglienza, l'altra parte deve aiutarle nell'inserimento, nel riprendersi, nel sostegno psicologico, in tutto quello che è il percorso dell'uscita. Per uscire non basta dire di sì una volta, è un sì che va detto ogni giorno perché la ripresa è una strada che vale la pena fare ma è molto faticosa.
Che cosa può fare uno di noi quando incontra sulla strada una di queste donne ridotte in schiavitù? Da che cosa cominciare?
Intanto si può cominciare con un saluto, con il chiedere come stanno. Poi, se devo parlare per la nostra esperienza, noi con le nostre unità di strada, quando incontriamo una ragazza nuova, ci presentiamo, le raccontiamo chi siamo, cerchiamo di avere un rapporto di fiducia. Le diciamo che se ha bisogno noi ci siamo, le lasciamo un nostro numero di telefono sempre attivo dove in qualsiasi momento ci può chiamare e noi l'aiutiamo. Le diciamo che c'è un'altra vita, che si può fare diversamente, che non è sola.
Ecco forse fornire un numero di telefono può essere un primo aggancio…
Sì, c'è il numero verde anti-tratta del ministero dell'Interno, l’800 290 290 anche questo attivo 24 ore su 24, 7 giorni su 7 e le persone possono chiamare. E poi ci sono tutti i numeri delle varie associazioni che aiutano le ragazze che stanno sulla strada. Occorre un grande lavoro per combattere la tratta, ma devo dire che ci sono dei passi che si stanno facendo a livello europeo e a livello nazionale, sia per ridurre la domanda che favorisce la tratta degli esseri umani, sia per la protezione che per la prevenzione. E ovvio che su questo siamo tutti in cammino.
Lei prima accennava a tanti contatti che voi avete lungo le strade. Si ricorda un episodio in particolare, una storia che l'ha colpita?
Devo dire che il numero delle ragazze che lascia la strada non è molto alto, anzi negli ultimi anni purtroppo è diminuito parecchio, però non scorderò mai una sera, dopo tante sere che incontri le ragazze, parli, prendi un tè caldo, stai con loro, e una sera così all'improvviso, era inverno faceva davvero molto freddo, incontriamo una ragazza che era incinta al sesto mese e stava sulla strada. Era la prima volta che incontravano questa ragazza. Ci siamo presentati, abbiamo raccontato chi eravamo, le abbiamo chiesto: "Vuoi venire con noi? Possiamo aiutarti". E lei ha detto subito di sì. Poi è venuta nella nostra casa. Dopo un po’ ha denunciato i suoi sfruttatori. E' nato un bimbo bellissimo che oggi ha circa quattro anni e va a scuola. Ma ci sono anche le storie tristi sulla strada. Ricordo ragazze che spesso abbiamo trovato in lacrime e che non abbiamo mai più rivisto. Preferisco credere che abbiano lasciato la strada, anche se ne dubito dai racconti che negli anni abbiamo sentito.
Secondo lei che cosa occorre per combattere la tratta e che cosa chiederete in questa Via Crucis?
Per combattere la tratta servono delle scelte politiche e io credo che l'Italia deve imparare dagli altri Paesi. Si è visto negli anni che l'unico modello che ha funzionato per combattere la tratta è il modello nordico, un modello che sostanzialmente decriminalizza le persone prostituite e offre loro dei servizi per favorire l'uscita dalla prostituzione, e invece riconosce come reato l'acquisto del sesso, cioè i clienti. L’obiettivo è quello di ridurre la domanda, perché è la domanda quella che alimenta la tratta degli esseri umani, perché se non c'è domanda non c'è l’offerta. E in questi anni la Svezia, la Finlandia, ultimamente anche la Francia hanno introdotto questo sistema. Ciò che vorremmo da questa Via Crucis è che coloro che vedono non facciano finta di non vedere, che non chiudano gli occhi mentre vedono una ragazza in sofferenza, girandosi dall'altra parte perché è una ragazza che si prostituisce e non sanno andare oltre, vogliamo che aprano un po’ i cuori.
Per quanto riguarda la lotta al fenomeno della tratta c'è il vostro impegno come Comunità e c'è l'impegno di tante altre associazioni e gruppi che lavorano nella diocesi di Roma…
Sì, è importante essere insieme perché l'unione fa la forza. Noi in questi anni di Coordinamento anti-tratta, abbiamo visto concretamente come il lavorare insieme migliori sia il servizio che noi diamo alle ragazze, sia la vita delle ragazze che escono dallo sfruttamento. Starei ore a raccontarle situazioni dove un'associazione non riusciva a fare qualcosa e allora veniva sempre in aiuto un'altra associazione e quindi, ognuno facendo la suo parte, siamo riusciti a fare dei progetti bellissimi per la vita di qualche ragazza fino al suo inserimento lavorativo e alla sua completa autonomia: chi pensa al sostegno psicologico, chi offre l'accoglienza, chi aiuta per i documenti, chi offre un tirocinio, e altro. Mettendo quindi insieme tutti questi pezzi con le diverse associazioni, e grazie anche ad alcuni progetti europei che ci aiutano, possiamo dire di riuscire a fare un buon lavoro, almeno per qualcuna di queste ragazze.
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