Le immagini che raccontano il Triduo Pasquale
Maria Milvia Morciano - Città del Vaticano
Nel pomeriggio del Giovedì Santo finisce la Quaresima e si apre il Triduo pasquale, tempo centrale dell'anno liturgico che, a sua volta, terminerà con i vespri del giorno della Domenica di Risurrezione. Le celebrazioni che si succedono in questi giorni sono collegate tra loro come in un unico flusso continuo, come un'unica celebrazione concatenata. Tutto questo si riflette nella liturgia: al termine della Messa in Coena Domini del Giovedì Santo, infatti, l’assemblea si scioglie in silenzio e non si chiude con le parole canoniche ite missa est, perché, appunto, i riti continueranno il giorno dopo.
Le iconografie cristiane più importanti appartengono al Triduo pasquale
L’arte riflette la liturgia di questi giorni in modo fedele e mostra ai credenti il Mistero in forma di immagini e di racconto. Immagini che si sono fissate in modo indelebile e riconoscibile e che ritroviamo nelle opere d’arte di ieri e di oggi, nella grande arte come in quella minore, nelle grandi basiliche, come nelle piccole parrocchie. Gli episodi del triduo pasquale sono raggruppati in cicli pittorici o scultorei ma possono vivere anche come immagini a sé stanti, isolate, tanto è forte la loro forza evocativa, tanto è fondamentale la loro simbologia. Prima fra tutte quella della crocifissione.
Le immagini del Giovedì Santo
Nel Giovedì Santo la prima immagine che appare è l’Ultima Cena, che ricorda l’istituzione del sacramento dell’Eucaristia. I dodici apostoli si dispiegano ai lati di Cristo, seduti intorno alla tavola più o meno imbandita. Ogni apostolo è riconoscibile per alcune caratteristiche somatiche o per età e finiscono per prendere un posto fisso, come assegnato. Il Battista poggia la testa bionda sulla spalla di Gesù, mentre Giuda è raffigurato spesso di spalle, oscuro e irrigidito dal suo tradimento. Tra le opere quella di Leonardo, nel cenacolo della Grazie a Milano, è certamente la più celebre, ma sono davvero tanti gli artisti che si sono cimentati in questa iconografia centrale della fede cristiana.
Sempre al Giovedì Santo è ascrivibile un episodio immediatamente successivo all’Ultima cena, ed è la lavanda dei piedi, iconografia diffusa soprattutto nel Tre e Quattrocento. Ad esempio prendiamo quella dipinta da Giotto nel ciclo delle Storie della Passione di Gesù nella Cappella degli Scrovegni di Padova che sembra, nei gesti e negli sguardi, descrivere con molta minuzia il racconto dei Vangeli.
E ancora l’orazione nel Getsemani, il bacio di Giuda, Cristo di fronte a Pilato, iconografia, quest'ultima, adottata soprattutto dagli artisti moderni che nel prefetto della Giudea hanno visto la proiezione dell'uomo contemporaneo e del suo scetticismo. Qui andiamo mostrando soprattutto il ciclo delle Passioni dipinto da Giotto agli Scrovegni per mostrare la coerenza narrativa e il filo che le lega e non soltanto stilistico o storico. La bellezza di questi affraschi è inarrivabile ma è esemplare anche perché in fin dei conti la sua iconografia così classica è la stessa che rivediamo ripetersi con più facilità nell'arte e specialmente in quella devozionale dei quadretti delle Vie Crucis presenti di ogni tempo e in ogni chiesa.
Il venerdì della Via crucis
Il Cristo che trascina la croce sul Calvario è un’iconografia largamente diffusa, soprattutto dalla fine del Medioevo, quando i francescani introdussero la devozione della Via Crucis. Lo Pseudo Bonaventura e santa Brigida ricostruirono le stazioni mistiche che furono messe in scena con le sacre rappresentazioni, ovvero “quadri viventi” poi riprodotti dagli artisti. La scena è costruita intorno alla figura di Cristo caduto sui ginocchi, spossato, attorno al quale vi sono soldati che lo scherniscono e Simone di Cirene, citato dai Vangeli (Mc 15,21; Lc 23,26), che lo aveva aiutato a portare la croce.
Lo sguardo di Cristo
Tra le immagini “concluse”, cioè indipendenti rispetto ai cicli concatenati di storie e isolati nella loro forza evocativa, oltre naturalmente al Crocifisso, ci sono il Cristo alla colonna (Mt 27,26; Mc 15,15) e l’Ecce Homo (Mt 27-31; Mc 15, 17-20; Lc 23, 11-12; Gv 19, 1-5), il Portacroce (Mc 15,21; Lc 23,26) e il Vir Dolorum (Is 53, 3-5). Cristo è isolato, in primo piano, e gronda lacrime di sangue. È incoronato di spine, porta uno scettro di canna e ha un mantello rosso gettato sulle spalle, talvolta il cappio al collo. Più spesso guarda chi lo sta guardando: noi spettatori ci sentiamo interrogati da quegli occhi dolenti. Queste iconografie, tra loro molto simili, al punto di essere talvolta confuse, sono diffuse soprattutto a partire dall’Umanesimo e poi nel Rinascimento. Pongono l’uomo al centro, spesso tagliato a mezzo busto, a riempire tutto lo spazio pittorico dallo sfondo scuro. Queste immagini si diffondono nella pittura fiamminga e tra gli artisti che a questa si sono ispirati, come Antonello da Messina, che ne dipinge una serie mirabile.
Infine, tipicamente al venerdì Santo è ascrivibile l'immagine della deposizione dalla Croce e infine la Pietà: la Madre che culla il Figlio morto. Un'immagine straziante di dolore che si riassume nell'opera celeberrima di Michelangelo nella Basilica di San Pietro.
Sabato Santo, giorno del silenzio
E a Maria è dedicato il Sabato Santo, il giorno del silenzio durante il quale tutto tace e cala nell'ombra. Si tratta di un giorno "aliturgico" senza liturgia. Il pensiero dei credenti si stringe allora intorno alla Madre, accompagnando il suo dolore con la preghiera silenziosa, nell'Ora della Madre, che nell'arte è espressa soprattutto dalle pitture, ma ancor di più dalle sculture dell'Addolorata.
La veglia di Pasqua e la Risurrezione
La realtà si riammanta alle volte di uno splendore più forte di ogni opera d'arte. Nella solenne liturgia della Veglia di Pasqua è la luce che piano piano si fa strada nel buio e diventa la più grande artista, portavoce della natura. Dopo gli altari spogli, le immagini di devozione velate e le campane legate, essa si apre all'iconografia della Risurrezione e usa ogni artifizio tecnico di cui sono capaci gli artisti per rendere lo splendore, con la profusione del bianco, del giallo e dell'oro. E il colore diventa gioia.
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