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I rappresentanti delle congregazioni religiose unite nel progetto del Global Solidarity Fund ad Addis Abeba per il sostegno a migranti, rifugiati e sfollati interni. Al centro don Petros Berga, e. alla sua sinistra, suor Nieves Crespo I rappresentanti delle congregazioni religiose unite nel progetto del Global Solidarity Fund ad Addis Abeba per il sostegno a migranti, rifugiati e sfollati interni. Al centro don Petros Berga, e. alla sua sinistra, suor Nieves Crespo

Pasqua in Etiopia, sete di riconciliazione e speranze per migranti e sfollati

Nel Paese più grande del Corno d’Africa, la piccola comunità cattolica celebra la Resurrezione di Cristo il 16 aprile, seguendo la maggioritaria Chiesa copto-ortodossa etiope. Le voci di don Berga, della Commissione socio-pastorale dell’arcidiocesi di Addis Abeba e di suor Nieves, missionaria salesiana spagnola, sulle speranze di vera pace nel Tigray, e la “resurrezione” di rifugiati e ultimi sostenuti dalla rete intercongregazionale nata da un progetto del Global Solidarity Fund

Alessandro Di Bussolo – Addis Abeba 

In Etiopia, dove i cattolici sono un piccolo gregge che non raggiunge il 2 per cento della popolazione, celebreranno la Pasqua lo stesso giorno della grande Chiesa ortodossa etiopica, che ha più di 32 milioni di fedeli, oltre il 43 per cento degli abitanti. Quindi il 16 aprile, una settimana più tardi rispetto agli altri cattolici di rito latino. E nel Paese più grande del Corno d’Africa, uscito con gli accordi di pace del novembre 2022 da più di due anni di guerra civile nella regione del Tigray, si sottolinea che quest’anno la Pasqua cristiana si festeggia pochi giorni prima della fine del Ramadan musulmano, che cade il 21 aprile.  “Visto che quest’anno il nostro digiuno quaresimale coincide con quello musulmano del Ramadan – ci racconta don Petros Berga, responsabile della Commissione socio-pastorale dell’arcidiocesi di Addis Abeba, e visitatore apostolico per i cattolici etiopi in Europa – domenica scorsa, la sera, l'amministrazione comunale di Addis Abeba ha organizzato una cena per tutti i leader musulmani e cristiani insieme. Grazie a Dio, c'è una buona collaborazione tra le comunità religiose in Etiopia”.

Il lungo digiuno verso la Fasika, la Pasqua copto-ortodossa

Don Petros ci spiega che, seguendo la tradizione della Fasika, la Pasqua dei copto-ortodossi etiopi, anche i cattolici osservano 55 giorni di digiuno durante la Quaresima, un periodo chiamato Hudade o Abye Tsome. “Ci si astiene totalmente da qualsiasi tipo di carne e latticini – racconta - Secondo la tradizione, si mangiano solo verdure, cereali, lenticchie piselli, cereali, frutta e varietà di stufato di verdure accompagnati da injera. In alcune zone si digiuna anche di pesce”. Durante il digiuno il primo pasto della giornata, ci spiega ancora, “viene consumato dopo le 15, tranne il sabato e la domenica, quando è consentito un pasto dopo la Messa del mattino. Alla vigilia di Pasqua i fedeli vanno in Chiesa per una celebrazione che inizia alle 18 e termina alle 2 della notte.  Tutti vanno a casa a rompere il digiuno con pollo o agnello, macellati la sera precedente, dopo le 18”. In questo periodo di Quaresima, in Etiopia ci sono state anche “alcune iniziative ecumeniche, come preghiere comuni e attività di beneficenza organizzate da diverse chiese: ortodosse, cattoliche, evangeliche”. Soprattutto nell'attuale contesto etiope, sottolinea don Berga, “la testimonianza di unità e di solidarietà tra i cristiani è molto importante per promuovere la pace, la riconciliazione e la solidarietà tra i popoli”.

Donne migranti e sfollate interne, con i loro bambini, nella missione delle Figlie di Maria Ausiliatrice a Zway (Etiopia
Donne migranti e sfollate interne, con i loro bambini, nella missione delle Figlie di Maria Ausiliatrice a Zway (Etiopia

Il Consiglio interreligioso di Addis Abeba e l'aiuto ai migranti

Ad Addis Abeba, la capitale dove hanno sede tutte le istituzioni religiose del Paese, metropoli in continua espansione con oltre 4 milioni di abitanti, è stato creato un Consiglio interreligioso. Un Consiglio che, spiega ancora il responsabile della Commissione socio-pastorale dell’arcidiocesi, insieme all’amministrazione comunale, “organizza anche attività di solidarietà per i bisognosi di tutte le fedi, anche i seguaci delle religioni tradizionali”. E non solo nella capitale. Tra questi, molti sono sfollati interni, dalle zone dove ancora ci sono scontri armati, migranti dai Paesi vicini e profughi “di ritorno”, etiopi che hanno cercato una vita migliore in Arabia Saudita, Yemen o altre nazioni arabe e sono stati rimpatriati a forza o sono rientrati dopo un’esperienza comunque negativa. Con più di un milione di migranti “internazionali” accolti (definizione delle Nazioni Unite) l’Etiopia è al secondo posto dopo l’Uganda tra i Paesi della regione. E gli sfollati interni sono più di 2 milioni e mezzo, in gran parte causati dalla guerra in Tigray.

Il progetto pilota del Global Solidarity Fund

Per queste persone in grave difficoltà, il Global Solidarity Fund, innovativa alleanza tra congregazioni religiose, aziende private e organizzazioni internazionali, dalla fine del 2020 ha avviato un progetto pilota che coinvolge salesiani e salesiane (Figlie di Maria ausiliatrice), Suore Orsoline, Missionarie della Carità e Gesuiti (attraverso il Jesuit Refugee Service), coordinati dalla Commissione socio-pastorale dell’arcidiocesi.  Ogni congregazione, con le sue specificità, ha un ruolo in questo “consorzio” o rete inter-congregazionale, che finora ha aiutato più di 1500 beneficiari ad acquisire, con la formazione professionale, competenze per entrare nel mercato del lavoro locale, assunti in un’azienda o avviando una propria microimpresa.

Don Petros Berga (il primo a sinistra) e il nunzio apostolico in Etiopia, monsignor Antoine Camilleri (accanto a lui) visitano  un progetto di microimprenditorialità
Don Petros Berga (il primo a sinistra) e il nunzio apostolico in Etiopia, monsignor Antoine Camilleri (accanto a lui) visitano un progetto di microimprenditorialità

La festa di Pasqua delle mamme e bambini del Nigat Center

“Così, insieme, stiamo trasformando la vita di molti rifugiati, sfollati interni e rimpatriati – ci dice ancora don Berga – mentre ci prepariamo a celebrare la Festa della Risurrezione, pensiamo anche ai momenti di luce. Le persone in movimento portano con sé una profonda speranza e cercano sempre di rialzarsi e di ricominciare. Se ricevono aiuto, hanno dentro di sé il potere nascosto di cambiare la loro vita e quella dei loro familiari. Molti giovani aspirano a una vita migliore e fuggono da situazioni di conflitto e hanno bisogno di aiuto. Questo progetto è per loro un dono che trasforma la vita”. Per questa Pasqua, come in passato, nel Nigat Center di Addis Abeba, gestito dalle Missionarie della Carità, dove vengono accolte ragazze-madri rifugiate, abbandonate dai compagni, “ci sarà un momento di incontro e festa, per le mamme e i loro bambini - ci dice Girma Anto Muane, responsabile del progetto Gsf per le suore di Madre Teresa – anche per quelle che vivono nei rifugi che abbiamo per loro”.

Don Berga: fiducia nella riconciliazione col Tigray

Guardando alla situazione in Tigray, dove in due anni di guerra sono morte più di 500mila persone, e nelle zone ad ovest del Paese, al confine con Sudan e Sud Sudan, dove in questi giorni ci sono stati scontri con vittime, don Petros si augura che la festa di Pasqua “porti speranza e guarigione per le persone che hanno sofferto molto a causa di situazioni di conflitto”.  Dopo la firma dell'accordo di pace, “la gente guarda con fiducia ad un nuovo futuro di riconciliazione. Preghiamo anche per le situazioni di conflitto in altre parti del mondo, soprattutto in Ucraina. Che la potenza della Risurrezione del Signore trasformi il nostro mondo con la sua pace duratura, in modo da poter testimoniare che la Risurrezione di Cristo sta guarendo il nostro mondo”.

Suor Nieves: grazie al progetto, i migranti passano dalla morte alla vita

Andiamo infine a Zway, città sull’omonimo lago, a 3 ore d’auto a sud di Addis Abeba, dove le Figlie di Maria Ausiliatrice hanno una missione con un Centro di Formazione Professionale. La direttrice è suor Nieves Crespo, spagnola di Madrid, in Etiopia dal 2002, che si occupa anche del progetto Gsf nella capitale. Ecco la sua testimonianza sulla Pasqua 2023 in Etiopia.

Ascolta l'intervista a suor Nieves Crespo (Figlie di Maria Ausiliatrice)

Come vivrete questa Pasqua nelle vostre missioni e nei centri di formazione delle Figlie di Maria Ausiliatrice in Etiopia?

Qui in Etiopia, come Suore Salesiane abbiamo sei missioni. L’impegno principale è l’educazione, e con preferenza ai più poveri. Come celebriamo e come viviamo la prossima Pasqua? In questo momento io mi trovo nella missione di Zway, nella regione Oromia, dove abbiamo più di 2600 bambini della scuola materna, la scuola professionale e dove svolgiamo anche un programma di nutrizione con tanti bambini, molti davvero scheletrici, che arrivano dai villaggi. La Pasqua per noi è speranza e nuova vita. E in un contesto dove stiamo lavorando insieme pochi cattolici, con parecchi ortodossi e tanti musulmani, la Pasqua cerchiamo di viverla, cerchiamo di prepararla non soltanto a livello di quello che facciamo in Chiesa, tra cattolici, ma anche con tutti questi giovani e bambini.

Suor Nieves e i bambini ospiti nelle missione di Zway
Suor Nieves e i bambini ospiti nelle missione di Zway

Nelle settimane prima della Pasqua abbiamo questo momento che è proprio salesiano che chiamiamo “buongiorno” e nel quale cerchiamo di preparare questo cammino verso la Pasqua sempre considerando che abbiamo con noi tanti musulmani che in questo momento stanno vivendo il Ramadan. Nelle nostre scuole professionali, soprattutto in quella di Addis Abeba, vivono con noi 17 mamme giovani, ognuna con un bambino e che sono molto povere, per questo cerchiamo di condividere tutto con loro. Le donne studiano nella scuola di formazione professionale, e loro sì, le facciamo partecipi di un modo molto più esplicito delle nostre celebrazioni cattoliche che abbiamo nella missione, anche se loro provengono da altre religioni.

Infatti, molte giovani donne e uomini che aiutate sono cristiani di altre confessioni e molti musulmani. Potrete vivere con i primi momenti di preghiera ecumenica e con i secondi momenti di festa interreligiosa?

Nella nostra Etiopia, che è una terra bellissima, dove si trovano insieme tante culture e anche tante religioni, noi, davvero pochi cattolici, conviviamo insieme con gli ortodossi, protestanti, musulmani e cerchiamo di avere dei momenti comuni. Per esempio, durante la Settimana di preghiera per l’ unità dei cristiani, abbiamo avuto incontri che quasi sempre organizziamo noi cattolici nella parrocchia, momenti di preghiera insieme. Invece adesso, nel periodo di Pasqua, la Chiesa ortodossa, che è molto presente nel Paese, e la cui presenza è storica, ha il suo rito particolare per Fasika, la Pasqua della Chiesa ortodossa copta etiope.  Anche i protestanti hanno le loro tradizioni e anche noi. Però noi cattolici ci uniamo, perché seguiamo il calendario ortodosso. La nostra Pasqua non è questa domenica, ma sarà una settimana più tardi, per unificare i momenti di questa grande festa di tutti cristiani che è la Pasqua. Allo stesso tempo, anche quest’anno, il Ramadan è molto vicino. Noi celebreremo la Pasqua il 16 di aprile e i musulmani il 21 aprile, venerdì concluderanno il Ramadan. E anche se con loro non riusciamo avere momenti specifici di preghiere, è bello vedere come tutti stiamo in questo momento di penitenza. Loro hanno questo digiuno molto forte, e noi la nostra Quaresima. Così tutti, pur nelle diverse tradizioni religiose e nelle diverse fedi, crediamo in un futuro diverso e poniamo la nostra speranza nella verità. E nei nostri centri di formazione abbiamo dei momenti insieme, come quelli del “buongiorno”.

Suor Nieves Crespo con alcuni bambini ospiti del Mary Help College di Addis Abeba
Suor Nieves Crespo con alcuni bambini ospiti del Mary Help College di Addis Abeba

La Pasqua di Resurrezione in Etiopia potrà essere anche di vera pacificazione in Tigray e nelle altre zone del Paese dove ci sono violenze? Che speranze ci sono anche sentendo le voci dei rifugiati dal Nord, che si possa davvero riconciliarsi e guardare al futuro?

In Etiopia, negli ultimi anni, stiamo vivendo una situazione che non è facile, e per me è una cosa molto nuova. Io sono arrivata qui nel 2002, la prima volta, e veramente in questi ultimi anni la situazione del Paese sembra peggiorare sempre di più. E’ vero che, grazie a Dio, nel Tigray la situazione adesso è migliorata, ma anche perché prima era troppo drammatica. Si è fermata la guerra. Ma le notizie che ho dalle nostre sorelle che sono nella missione di Adua, ci dicono che ci sono tanti campi di rifugiati, c'è la fame e dopo questi più di due anni di guerra, non c'è più speranza fra i giovani. Perché tanti sono andati a combattere e tanti altri hanno perso ormai la scuola da tre anni. E questo non solo nel Tigray, perché anche qui, nella regione Oromia, la situazione è molto instabile e anche in altri punti del Paese, come la regione degli Amara e le zone a nord, al confine con l’Eritrea e col Sudan, quasi ogni giorno ci sono ancora dei morti. Preghiamo e chiediamo a Dio tutti insieme che questa strada che si è iniziata, sia una vera strada di pace e che sia proprio Gesù attraverso la Croce, come lo vediamo soffrire qui ogni giorno, in tanti giovani e in tanti bambini, a portarci la vera luce, la vera speranza e che ci illumini ad aprire cammini di futuro.

La Resurrezione è anche la prospettiva e la speranza per le vite di tante donne e uomini che formate, aiutate a trovare lavoro con il progetto pilota del GSF. Ci può raccontare una storia di Resurrezione?

Veramente Resurrezione e speranza, noi le stiamo vivendo non solo in questo tempo di preparazione alla Pasqua, ma ogni giorno. Perché siamo fortunate di convivere, nel nostro centro di Addis Abeba, con tante donne e ragazze giovani, in questo progetto che portiamo avanti con il Gsf. Ragazze e giovani che hanno sofferto tanto, che arrivano da noi attraverso le suore di Madre Teresa, perché per diverse circostanze hanno avuto un bambino. E dopo tre mesi di assistenza delle Missionarie della Carità, grazie a questo progetto, trovano un posto dove vivere con il loro piccolo bambino e dove ricevere una formazione. E grazie a questo progetto riusciamo anche a trovare a ciascuna un lavoro, che le cambia la vita e che è fonte di speranza.

Alcune delle giovani madri accolte con i loro bambini nel Nigat Center delle Missionarie della Carità ad Addis Abeba
Alcune delle giovani madri accolte con i loro bambini nel Nigat Center delle Missionarie della Carità ad Addis Abeba

Posso raccontare la storia di Hanan, una ragazza che è arrivata ad Addis Abeba quattro anni fa, quando aveva soltanto 15 anni. Viene da una famiglia molto povera, ed è arrivata per cercare un lavoro. Ad Addis Abeba è stata ingannata, è stata messa sulla strada ed è rimasta incinta. Allora è andata dalle suore di Madre Teresa che l’hanno aiutata ad accettare di avere questo figlio e Hanan poi è venuta di noi. Ha vissuto nella nostra missione di Addis Abeba, al Mary Help College, con le altre mamme e gli altri bambini, per i sei mesi del corso di taglio e cucito e dopo siamo riuscite, come per tante altre, a trovare un lavoro per lei. Adesso vive in una casa in affitto con altre tre donne, molto vicino alla nostra missione e ogni mattina alle 6 si alza, ci porta il suo bimbo, perché abbiamo anche questo servizio di assistenza, e va a lavorare. La sera alle sei e mezza torna, prende il suo bambino con le altre tre donne e torna nella sua piccola casa. È molto bello vedere la differenza: quando questa ragazza è arrivata dalle Missionarie della Carità non aveva futuro, non aveva speranza, non voleva nemmeno bene al suo bambino, perché per lei era un problema in più. Invece adesso è riuscita ad avere dignità, a credere in sé stessa, e anche nel suo modo di vestire, di avere cura di sé e del bambino. E’ completamente cambiata, nel modo di pensare al suo figlio, pensare al suo futuro. E’ veramente una ragazza che è passata dalla notte al giorno, una ragazza che in questo momento è piena di speranza. Grazie a questo lavoro insieme, in rete, che riusciamo a fare ad Addis Abeba, con questo progetto intercongregazionale del Gsf. E’ proprio un motivo di speranza, un motivo di gioia pasquale, un motivo per rendere grazie a Dio perché è passata dalla morte alla vita.

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06 aprile 2023, 08:30