Sudan, il nunzio: la situazione è grave, speriamo non sfoci in una guerra civile
John Baptiste Munyambibi e Antonella Palermo - Città del Vaticano
Inaspriti gli scontri tra esercito governativo e Forze paramilitari in Sudan. Il sindacato dei medici ragguaglia sul numero di feriti dall'inizio di questi eventi: 942 includendo civili e militari. Il capo della missione Onu in Sudan, Volker Perthes, si è detto "estremamente deluso" dal fatto che le due parti in gioco abbiano rispettato solo "parzialmente" la "tregua umanitaria" di tre ore che avevano affermato di voler accettare domenica, il giorno dopo l'inizio delle ostilità in Sudan.
Gli interessi economici sul Paese
L'esercito di Burhan, presidente del Consiglio Sovrano di Transizione - de facto capo di Stato del Sudan dopo il colpo di Stato del 25 ottobre 2021 - ma anche le milizie paramilitari di Hemdti, hanno enormi interessi economici. L'esercito controlla molta parte dell'attività economiche del Paese, le FSR hanno nelle mani diverse miniere d'oro, una la condividerebbero anche con i mercenari russi della Compagnia Wagner. Hmedti, infatti, ha stretti legami con Mosca, mentre il maggior partner commerciale del Sudan rimane la Cina. I due non hanno mai avuto una sincera collaborazione, ma solo l'interesse contingente di estromettere i civili dal potere. Hemedti ha più volte denunciato il "fallimento" di un golpe che secondo lui, avrebbe restaurato il vecchio regime di al-Bashir. Il dissenso vero, tuttavia, è nato quando si è trattato di firmare l'accordo per l'avvio del processo politico che avrebbe riportato nelle mani dei civili il potere in Sudan. Sugli sviluppi vilenti nel Paese si è pronunciato anche il presidente della Repubblica italiana Sergio Mattarella al termine del colloquio con il presidente polacco Andrzej Duda: "Quanto avviene in Sudan è allarmante - ha scandito - e l'azione della Wagner in tanti Paesi africani richiama a grande allarme la Nato e la Ue e richiede un'azione dell'Unione europea attiva e protagonista che si impegni su questo fronte".
Muñoz Cárdaba: rischio che l'accordo di transizione salti
Nel centro di Khartoum, la capitale, stamattina ci sono stati "bombardamenti aerei, cannoneggiamenti e lancio di missili terra-terra", anche nella zona dove si trova l'Ambasciata d'Italia: lo riporta l'Ansa citando fonti informate. La situazione umanitaria è critica: l'Unione dei medici sudanesi ha denunciato che gli ospedali di Khartum e di altre città del Paese sono stati attaccati con cannoni e armi da fuoco e diversi di essi sono stati "completamente inattivi" durante gli scontri. Raggiunto al telefono il nunzio apostolico monsignor Luís Miguel Muñoz Cárdaba, racconta: "Oggi è il terzo giorno di questi combattimenti, di fatto una guerra fra i militari delle Forze armate e i paramilitari delle Forze di supporto rapido. Dopo giorni e settimane di tensione, purtroppo è scoppiata una guerra di fatto. La situazione è grave, seria, con combattimenti nella capitale ma anche in altre città del Paese. Combattimenti forti, pesanti, con artiglieria, aerei... Siamo in una situazione preoccupante e anche rischiosa per la vita, soprattutto per i civili. La gente è chiusa nelle proprie case, senza poter uscire, senza poter andare nei mercati a comprare perché è veramente rischioso".
Nei pressi della Nunziatura, situata in una zona a nord della capitale, tradizionalmente "tranquilla e serena", dove sono situate le ambasciate e la residenza del Primo ministro (attualmente assente) "purtroppo ieri la situazione al mattino era molto grave", spiega il nunzio. "I combattimenti erano vicinissimi. Tre gruppi di soldati sono entrati nella Nunziatura durante la Messa, sono arrivati i soldati, volevano forse usare il giardino della Nunziatura come postazione per combattere gli altri, i nemici. Ma, grazie a Dio, dopo una mezz'oretta sono andati via senza incidenti. Qui le pallottole volano come in tutta la città". Si tratta di "diversi soldati" che "sono entrati, forse scappando dagli altri, hanno scavalcato il recinto della Nunziatura e sono rimasti una mezz'ora qui. Altri sono passati, fuggendo, ma senza incidenti particolari".
Appello a fermare i combattimenti
L'appello di monsignor Muñoz Cárdaba è sulla scia del messaggio che il Papa ha rivolto al popolo sudanese ieri al Regina Coeli. In modo particolare il nunzio si rivolge "agli attori della guerra", chiedendo "di fermare i combattimenti e di trovare soluzioni di dialogo e di pace. Un messaggio condiviso da tanti altri gruppi, Paesi, organizzazioni internazionali che stanno cercando di mediare e di fermare questa tensione - sottolinea il rappresentante diplomatico. "È arrivata proprio in un momento molto triste perché con questi scontri forse si può frustrare la possibilità di raggiungere un accordo politico tra diversi partiti, i gruppi armati, la società civile. C'era la speranza. Era prevista all'inizio di aprile la firma di questo accordo di transizione democratica e anche la formazione di un nuovo governo civile. Ma purtroppo adesso c'è il rischio che questo possa saltare per aria e che questo conflitto si possa allungare e provocare anche, il Signore non lo permetta, una guerra civile, speriamo di no, speriamo bene".
Comboniane: chiuse in casa, senza luce, sparatorie continue
In effetti, molti analisti concordano nell'affermare che difficilmente potranno ripartire le trattative prima che una delle due parti possa prevalere sull'altra o che entrambe subiscano perdite pesanti, tanto da indurle a trattare. Molti sostengono che, anche in caso di vittoria di una delle due parti, in particolare nella capitale Khartoum, la guerra potrebbe continuare in altre parti del Paese. Intanto, ad andarci di mezzo è la popolazione civile. Più di un terzo dei 45 milioni di abitanti sudanesi già necessitavano di aiuti umanitari prima dello scoppio di questa crisi.
Anche le missionarie comboniane nel Paese vivono giorni di grande trepidazione. A raccontare la loro situazione, solo in base ai pochi messaggi via WhatsApp che si riesce a ricevere, è da Roma la consigliera generale della Congregazione, suor Eleonora Reboldi: "Le nostre consorelle che sono nella città di Khartoum sono chiuse da tre giorni nella loro casa senza nessuna possibilità di uscita. La luce è stata tagliata, in pratica sono circondate e c'è una continua sparatoria", riferisce la religiosa. "Ci sono questi gruppi che si stanno combattendo soprattutto per prendere l'aeroporto. Le sorelle sono lì e chiedono di pregare. Stanno aspettando che la situazione si calmi un pochino. Sono in contatto con le altre congregazioni nel Paese e con le altre comunità telefonicamente".
La sofferenza è pesante, forte la richiesta di preghiere
Il servizio che svolgono le comboniane nel Paese si concentra soprattutto in ambito scolastico e sanitario. Sono circa una trentina le suore di questa congregazione in Sudan, nella sede di Kharthoum sono 7-8 le sorelle. Sia nel reparto di maternità, che gestiscono nella capitale sia nelle scuole, stanno cercando di portare avanti i loro ministeri in una situazione di tensione che ora è precipitata.
Alla luce degli sviluppi preoccupanti in Sudan, Suor Eleonora si fa portavoce della bellezza che ha pervaso le consorelle che hanno vissuto la recente visita del Papa in Africa, in particolare nel vicino Sud Sudan: "Hanno sentito la prospettiva di pace che il popolo sta vivendo come una opportunità e un'apertura per passi concreti verso questa pace desiderata che purtroppo stenta a essere realizzatata. Questa situazione di conflitto - osserva - riporta la gente in una condizione di sofferenza pesante perché la mancanza di pace mette tutti in una condizione di sconforto e per questi Paesi, dove la pace manca da tanto tempo, la pace è un sogno che le persone si portano nel cuore".
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