Cerca

Campagna 2023 di Renovabis Campagna 2023 di Renovabis 

La campagna di Pentecoste di Renovabis: l'educazione dei giovani in Albania e Kosovo

L'organizzazione umanitaria per il sostegno ai Paesi dell'Europa dell'est ha dedicato l'edizione di quest'anno della sua campagna alla forza lavoro che lascia le regioni orientali del vecchio continente e si sposta verso l'occidente, in particolare verso Italia e Germania. Monsignor Dodaj, arcivescovo di Tirana: l'Europa deve mostrarsi più unita nella gestione dei flussi migratori e nella integrazione dei rifugiati. Molti giovani stanno rientrando in Albania, la Chiesa è impegnata per formarli

Antonella Palermo e Gudrun Sailer - Città del Vaticano

Sebbene l’Albania presenti diverse ragioni di attrazione, non ultima quella turistica che sta incrementando di anno in anno, i giovani aspirano a lasciare il Paese: il salario medio mensile, infatti, è qui di 400-600 euro, la disoccupazione giovanile è del 25% in Albania e raggiunge il 50% in Kosovo. Il welfare non è sviluppato e il desiderio di trasferirsi altrove è per poter trovare migliori opportunità all’estero. Diffuso è il precariato e le garanzie sanitarie sono deboli. L'Albania guarda all'Italia, il Kosovo alla Germania, attualmente sono quasi 200 mila i kosovari che ci vivono, circa un decimo della popolazione del Kosovo.

L'impegno di Renovabis nelle scuole

L’organizzazione umanitaria cattolica tedesca per l’Europa orientale, Renovabis, ha aperto la sua campagna nazionale di Pentecoste richiamando l’attenzione proprio sulle condizioni dei lavoratori migranti, spesso pessime, in particolare quelle di coloro che giungono dall’Europa orientale in Germania. Renovabis è impegnata nella formazione in modo da supportare le nuove generazioni in loco e valorizzare i loro talenti. Nel 2005, per esempio, a Lezha è stata aperta una scuola diretta dai padri rogazionisti: “Abbiamo anche molti bambini poveri – dice il direttore, l’italiano padre Antonio Leucci - soprattutto rom, che in seguito potranno frequentare l'università". La frequentano più di 350 bambini e bambine, provenienti da famiglie cattoliche, musulmane e ortodosse, sottolinea il religioso. "Cerchiamo di trasmettere il sentimento di amicizia e di unione. Per fortuna in Albania non c'è questa lotta tra cristiani e musulmani. Siamo fratelli e sorelle. Questa è una realtà che spero duri nel tempo".

L'aiuto della Caritas nel creare lavoro 

In Kosovo si può vivere bene. La guerra è finita da 24 anni, è ancora una ferita, ma molte cose stanno cambiando. Ne sono convinti diversi religiosi impegnati nelle scuole locali che danno l’opportunità ai giovani di restare. C’è un progetto che la Caritas sta cercando di implementare su larga scala in Albania e in Kosovo, sostenuto da Renovabis. “Si chiama Your Job e consiste nell'integrare nel mercato del lavoro i giovani tra i 15 e i 35 anni", spiega Juliana Bici di Caritas Albania. "Corsi e stage che aiutino nell'integrazione. Forniamo consulenza per la creazione di piccole imprese. Non facciamo tutte queste cose da soli, ma le organizziamo".

Monsignor Arjan Dodaj, arcivescovo di Tirana, ha una personale storia di persona migrante in Italia con alle spalle una drammatica persecuzione all'epoca della dittatura comunista. In Italia ha conosciuto la fede:

Ascolta l'intervista a monsignor Dodaj

Lei ha una storia di rifugiato in Italia. Alla luce di tante storie di chi fugge da situazioni di guerra e povertà, quale è il suo pensiero sulle politiche migratorie dell’Italia e dell’Europa?

Guardi, quando le cose vanno bene il merito è di qualcuno, quando le cose vanno male il difetto è sempre solo di uno. Io credo che le politiche europee ci sono ma non sono state applicate, basti pensare al Trattato di Dublino. Ciò che chiede il governo italiano è che sia considerata l’Europa unita anche in questo caso, cioè se siamo uniti la frontiera non è solo dell’Italia ma anche dell’Europa. Non può l’Italia reggere da sola la risposta di un continente. In occasione della tragedia di Cutro, per esempio, abbiamo visto ancora una volta che è la disperazione che spinge le persone a spostarsi. Sentivo in questi giorni che i migranti a Lampedusa superano di quattro volte la capacità dei posti a disposizione.

Tanti giovani albanesi cercano una vita migliore non solo verso l’Italia ma anche verso la Germania. Possiamo parlare di "emorragia"? E la Chiesa cattolica in Albania come reagisce a questo fenomeno?

Bisogna tener conto che questo fenomeno è più grande della risposta di un governo stesso. Lo spirito dei giovani è uno spirito libero di muoversi. Noi come Chiesa dobbiamo dare ragione ai nostri giovani che questo Paese lo si farà solo grazie al contributo degli albanesi, non possiamo aspettare che l’Albania la facciano gli altri. Gli altri ci possono aiutare ma noi dobbiamo assumerci la nostra responsabilità, rimboccarci le maniche. La cultura della responsabilità poggia sulla considerazione che tutto si può fare con il sacrificio e nella gradualità.

In Albania c’è una convivenza pacifica tra le religioni. Avete un comune interesse a mantenere i giovani nel Paese?

L’emigrazione colpisce tutta la realtà albanese indipendentemente dalla appartenenza politica o religiosa. Noi ci confrontiamo su questo perché l’emigrazione è nella natura dell’uomo. È vero pure che c’è un bel rientro di tanti che tornano per reimpostare la loro vita in Albania.

Grazie per aver letto questo articolo. Se vuoi restare aggiornato ti invitiamo a iscriverti alla newsletter cliccando qui

18 maggio 2023, 10:25