Croazia, l’arcivescovo di Rijeka: dalla parte delle vittime per fermare gli abusi
Alessandro Di Bussolo – Rijeka (Croazia)
Stare dalla parte delle vittime è l’unica via per fermare la “spirale di male” degli abusi, e il loro bene va messo al primo posto nell’impegno della Chiesa contro questa piaga. Lo sottolinea a Radio Vaticana-Vatican News l’arcivescovo di Rijeka-Fiume Mate Uzinić, presidente della Commissione per la tutela dei minori e delle persone vulnerabili della Conferenza episcopale croata. Il presule spiega come la Chiesa in Croazia si stia attivando con decisione per combattere contro questo fenomeno. Da maggio, sul sito della Conferenza episcopale, sono disponibili, in croato, due sussidi editi dal Servizio nazionale Cei per la tutela dei minori, “Le ferite degli abusi” e “Buone prassi di prevenzione e tutela dei minori in parrocchia”, rivolti a formatori, educatori e operatori pastorali. Presto sarà disponibile anche la traduzione di un terzo manuale della Conferenza episcopale italiana, “La formazione iniziale sugli abusi”, questa volta indicato per formatori al presbiterato e alla vita consacrata e per giovani in formazione.
Rijeka, scelta di trasparenza: “perché i drammi non si ripetano”
Monsignor Uzinić, alla fine di maggio, aveva convocato una conferenza stampa per chiedere perdono alle vittime di abusi, dopo che nella sua arcidiocesi erano stati segnalati nuovi casi alle autorità ecclesiastiche, attraverso lettere anonime. “Provo profonda tristezza e vergogna per gli abusi che minori e adulti hanno subito da sacerdoti o altre persone associate all'arcidiocesi di Fiume” aveva affermato l’arcivescovo, insediatosi nell’ottobre 2022 e come coadiutore dal novembre 2020. E si era commosso fino alle lacrime ricordando uno dei casi più drammatici. “Non importa quanti ostacoli incontrerò - aveva detto - non rinuncerò a questa lotta. L'arcidiocesi di Fiume dovrebbe e deve essere un luogo di tolleranza zero per qualsiasi forma di violenza”. Ecco come l’arcivescovo Mate Uzinić descrive a Vatican News l’impegno della Chiesa croata e fiumana contro gli abusi:
Lei ha istituito nell’arcidiocesi di Rijeka-Fiume un ufficio per la tutela dei minori e delle persone abusate da membri del clero e religiosi diocesani, su modello di quelli già creati nelle diocesi italiane. Che situazione ha trovato, quando è arrivato a Rijeka-Fiume, riguardo a questo dramma che porta vergogna nella Chiesa?
Nelle sue linee guida, e in accordo con le decisioni e le linee guida della Santa Sede, la Conferenza episcopale croata ha creato una struttura secondo la quale ogni diocesi dovrebbe avere un proprio commissario per la protezione dei minori e la denuncia degli abusi, e nelle sedi di ogni Chiesa metropolitana dovrebbe essere istituito un ufficio che abbia una rete di collaboratori, provenienti da diverse aree e con diverse competenze, con il compito di aiutare i vescovi nella prevenzione, nella conduzione delle indagini, nella comunicazione di crisi, e nella cura delle vittime e dei colpevoli. Ultimamente siamo venuti alla conclusione che, essendo una piccola conferenza episcopale, sarebbe stato molto più efficace istituire un unico ufficio presso la conferenza episcopale. Attualmente questo nuovo sistema è in preparazione. La situazione a Fiume era abbastanza difficile. A parte un caso archiviato e in qualche modo concluso, ma di cui l'opinione pubblica non era ufficialmente a conoscenza, ho dovuto avviare diverse inchieste previe per casi di cui ho appreso da lettere anonime, note sia alla Nunziatura apostolica a Zagabria che alla Santa Sede e in cui, oltre ad altre accuse a sacerdoti, c’erano anche quelle relative a gravi reati contro minori e persone vulnerabili.
In una conferenza stampa, a fine maggio, lei ha lanciato un appello alle vittime di abusi, perché denuncino all’ufficio diocesano l’accaduto, anche per aiutare chi potrebbe in futuro subire le stesse violenze. Ha avuto già qualche risposta a questo appello?
Ho voluto mostrare la trasparenza della Chiesa nel combattere questo male degli abusi. Molte persone, non solo dalla mia diocesi, ma da tutta la Croazia, mi hanno contattato per esprimere il loro supporto. Secondo me non c’è altra via, se non quella di stare dalla parte delle vittime, per fermare questa spirale di male.
È stato contestato per aver diffuso, in quella occasione, alcuni dati degli accusati di pedofilia ed altri abusi, e la descrizione degli eventi, per i nove casi conosciuti finora. Come risponde a queste critiche?
Sì, anche se non ho reso pubblici i nomi ma solo le iniziali di coloro contro i quali sono state condotte indagini previe per accuse di abusi su minori, e di coloro contro i quali sono state avviate altre indagini previe per altri motivi. Nell’occasione della festa del nostro patrono San Vito, ho inviato una lettera ai fedeli in cui ho cercato di spiegare le mie ragioni. Ho scritto anche una lettera indirizzata ai sacerdoti, e una lettera indirizzata agli insegnanti di religione. Successivamente ho incontrato la maggioranza dei sacerdoti dell’Arcidiocesi in una riunione e ho parlato con loro. È stata un’esperienza di purificazione sia per me che per loro. Perché ho agito così? Da un lato, perché ho pensato che il pubblico dovesse essere informato. Un altro motivo è che tutto questo stava per essere rivelato sulla stampa. La fonte non ero io, ma gli autori delle lettere anonime di cui ho parlato prima. Il modo di scrivere era sensazionalistico e con mezze verità. Si volevano accusare non soltanto i sacerdoti colpevoli, ma anche altri e la Chiesa di Rijeka-Fiume come tale. Ciò avrebbe potuto essere evitato soltanto se informazioni corrette fossero state rilasciate al pubblico. Uscendo con la verità ho deciso di proteggere chi non è colpevole, ma anche la Chiesa fiumana, che ha i suoi problemi, in fondo, come le altre Chiese, ma in nessun caso è così malandata come la si ritrae nelle lettere anonime, scritte da una o più persone le quali ovviamente non si preoccupano del bene della Chiesa ma vogliono nuocerle.
Secondo lei, come si può evitare che in futuro altri membri del clero commettano tali abusi, che minano la fiducia dei fedeli nei confronti della Chiesa?
A mio avviso, sarebbe meglio che questi temi fossero trattati da organi indipendenti e non dai vescovi stessi. In ogni caso, la trasparenza, come abbiamo dimostrato qui a Fiume, è importante affinché qualcosa di simile non si ripeta. Inoltre, è necessario lavorare di più sulla prevenzione, in modo che tutti i soggetti coinvolti conoscano meglio il problema. Naturalmente, dobbiamo lavorare di più su una migliore selezione delle persone scelte per i ministeri ecclesiali, utilizzando, tra le altre cose, test psicologici dei candidati. E, naturalmente, è anche molto importante che ogni possibile nuovo caso venga trattato nel modo giusto, tenendo conto principalmente delle vittime. Non deve accadere mai che la vittima e il suo bene non vengano messi al primo posto e senza fare di tutto per punire l'aggressore. La collaborazione con le istituzioni civili, che non dovrebbe mai mancare, è di grande aiuto in tutto questo.
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