Ucraina, in classe mentre infuria la guerra
Svitlana Dukhovych - Città del Vaticano
Oggi, primo settembre, in Ucraina inizia ufficialmente l’anno scolastico, per la seconda volta in condizioni di guerra. Ed è il momento di ricordare che non c’è nessun minore nel Paese che in un modo o nell’altro non sia stato colpito da questa tragedia. Tanti bambini e ragazzi non potranno frequentare più la scuola perché le loro vite sono state spezzate dal conflitto: fino al 30 agosto del 2023, secondo la Procura generale, 503 bambini sono morti e più di 1117 sono rimasti feriti a causa della guerra. Quasi mezzo milione di bimbi ucraini sono dovuti fuggire con i loro genitori, per lo più con le mamme, all’estero dove sono stati inseriti nel sistema d’istruzione locale. Quelli che sono rimasti in patria, ora devono fare i conti con il fatto che sul terreno del loro Paese continuano a cadere missili russi che non risparmiano né asili, né scuole, né università: dall’inizio dell’invasione da parte di Mosca, in Ucraina sono stati danneggiati 3.389 edifici scolastici e universitari, 361 dei quali sono andati completamente distrutti.
Nonostante tutto, oggi in tante scuole e università ucraine inizia il nuovo anno scolastico. «Dopo un lungo periodo d’insegnamento online a causa della pandemia prima e dell’esplosione della guerra poi, i bambini vogliono andare a scuola, incontrare i loro coetanei, costruire legami sociali attraverso la comunicazione dal vivo — dice in un’intervista ai media vaticani il capo del dipartimento per l’Istruzione della Chiesa greco-cattolica ucraina, il salesiano don Petro Mayba —. Però c’è la questione di sicurezza e questa è la priorità numero uno, per cui laddove questo è possibile, si cercherà di tornare alla normalità, per quello che si riesce; mentre laddove ci sono dei rischi, i ragazzi continueranno a studiare online». Il requisito indispensabile per una scuola che vuole offrire lezioni in presenza è un rifugio antiaereo adeguato. Secondo quanto affermato dal ministero dell’Istruzione ucraino, delle 13.000 scuole attualmente attive nel Paese, 7.500 inizieranno l’anno scolastico con l’insegnamento in presenza e circa 3.800 avranno un formato misto, perché le dimensioni dei rifugi sono troppo piccoli rispetto al numero di allievi iscritti. Inoltre, per motivi di sicurezza, circa 2.500 scuole, situate per lo più nelle zone maggiormente a rischio, opereranno solamente in modalità online.
Un altro problema che deve affrontare il sistema scolastico di Kyiv a è la mancanza di docenti. «Tanti sono fuggiti all’estero all’inizio della guerra e non tutti riescono o vogliono tornare — dice don Mayba—. Nelle scuole manca quindi il personale necessario ad avviare il normale inserimento degli studenti. Ma una delle difficoltà che vivono gli insegnanti è il salario basso che già prima della guerra non era alto, e ora con il conflitto è peggiorato, poiché il Paese deve sostenere tante spese militari». Fare l’insegnante mentre infuria una guerra non è facile anche dal punto di vista psicologico: «I docenti devono affrontare in primo luogo il proprio stress, ma poi devono anche sostenere i ragazzi — spiega il salesiano—. Senza dimenticare che in Ucraina non esiste una zona completamente sicura: i russi lanciano missili ovunque e nessuno sa dove cadono. Per esempio, recentemente a Leopoli un missile è caduto nel cortile di un asilo nido che è stato completamente distrutto. Fortunatamente non c’era nessuno al suo interno. E quindi, ogni volta che scatta l’allarme antiaereo, i primi a muoversi in una struttura scolastica sono educatori e insegnanti che devono proteggere i bambini e accompagnarli nei rifugi».
Oggi, dunque, i bimbi e i ragazzi sono felici di incontrare i loro coetanei perché la vita che cresce è sempre più forte di ogni avversità. Però quest’anno tanti di loro tornano sui banchi di scuola con un peso nel cuore che è troppo pesante da sostenere da soli. Don Petro Mayba parla di un grande dolore che percepisce parlando con i ragazzi e i giovani: «Una delle cose più difficili — spiega — è quando i bambini perdono i genitori, soprattutto i padri, che muoiono al fronte». Senza dimenticare le donne: a giugno 2023, se ne contavano 60.000 arruolate nelle forze armate ucraine, della quali 5.000 in prima linea. «Tanti genitori muoiono in guerra — sottolinea il salesiano —. È una tragedia in famiglia, una difficoltà e un dolore che tante volte è difficile aiutare a superare, così come è difficile accompagnare un ragazzo o una ragazza in questa situazione. Poi tanti giovani vivono costantemente nella preoccupazione perché uno dei genitori sta combattendo al fronte. Ogni giorno pensano: “Sarà vivo o no? Cosa succederà?”». Un’altra situazione di grande disagio, continua il sacerdote, si verifica quando «i genitori tornano dal fronte feriti, oppure con dei problemi psicologici e allora alcuni cominciano a bere, a comportarsi male. Da un certo punto di vista, si cerca di comprendere queste persone, ma d’altro canto al bambino viene tolta la normalità della vita quotidiana e quindi occorrono tanta fiducia e pazienza per la guarigione dei loro cari».
A volte, conclude don Mayba, «è difficile sia ascoltare il dolore di coloro che hanno perso un marito o un genitore, sia trovare le parole giuste per sostenerli e aiutarli». L’unica cosa che si può fare, che è anche «la più importante», è «restare loro vicini, farli parlare e cercare di aiutarli a riprendersi».
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