Caritas Libano invoca la pace e prepara l'accoglienza dei profughi
Marco Guerra – Città del Vaticano
“I libanesi di qualsiasi confessione non vogliono un nuovo conflitto, la guerra non deve entrare nel nostro Paese”, parlando a Vatican News, il presidente di Caritas Libano, padre Michel Abboud, racconta i timori e il clima di tensione che stanno scuotendo il popolo libanese dopo l’attacco di Hamas ad Israele ed il conseguente riacutizzarsi del conflitto israelo-palestinese.
Sale la tensione nel sud del Libano
Il religioso libanese riferisce dei preparativi della Caritas per accogliere i primi profughi libanesi, in fuga dalle zone del sud del Paese dei Cedri dove, nei giorni scorsi, si sono verificati scambi di colpi di artiglieria e lanci di razzi tra le milizie Hezbollah e l’esercito israeliano. Oggi il ministro dell'Informazione libanese ad interim Ziad Makari ha dichiarato che il governo libanese è impegnato a "studiare la possibilità di essere pronto per - Dio non voglia - un deterioramento della situazione". Makari ha aggiunto che l'esecitivo è anche impegnato a sostenere i palestinesi di Gaza ma, precisa, vuole mantenere la calma lungo il confine meridionale con Israele per evitare una nuova guerra, come quella avvenuta nel 2006. Sale quindi la paura di un allargamento della guerra in tutta la regione mentre questo venerdì, in diverse città del mondo arabo-musulmano, si svolgono manifestazioni di solidarietà al popolo palestinese. Questi raduni rispondono anche all’appello di Hamas che per oggi ha indetto il ‘venerdì della rabbia’. Intanto la Turchia invita i suoi cittadini che si trovano in Libano a evitare le zone vicine al confine con Israele, le aree nel sud, consigliando di rimanere nelle regioni a nord del fiume Litani.
Padre Abboud (Caritas): presenza dei siriani alza la tensione
“In Libano ora abbiamo paura che possa scoppiare una guerra, questa preoccupazione viene dall’esperienze precedenti, nel 2006, a seguito del conflitto tra Hezbollah e Israele, tanta gente è fuggita dal sud del Paese e temiamo che questo possa ripersi”, spiega ancora il presidente di Caritas Libano, secondo il quale ora lo scenario è simile a quello di 17 anni fa e tante persone iniziano a spostarsi verso il nord. Inoltre il religioso fa notare che rispetto al 2006 nel Paese dei cedri sono presenti due milioni di profughi siriani fuggiti dalla guerra che ha colpito la loro nazione. “Il popolo libanese è di quattro milioni – ricorda padre Abboud – quindi due milioni di profughi siriani non sono facili da accogliere e provocano molti problemi di gestione”.
Il presidente della Caritas si dice particolarmente allarmato per l’arrivo, “tramite canali irregolari”, negli ultimi mesi, di decine di migliaia di giovani uomini siriani. “I libanesi – prosegue – hanno paura che questi uomini siriani siano venuti a preparare una guerra nel nostro Paese”. Un timore che, racconta Abboud, è alimentato anche dai recenti sequestri di armi che l’esercito libanese ha effettuato nei campi profughi siriani.
Caritas pronta ad accogliere i profughi
Di fronte a questa situazione che prospetta molti rischi, la “Caritas si sta preparando a ricevere i primi profughi che stanno scappando dal sud del Libano, sono stati allertate scuole e conventi”, “stiamo preparando anche le scorte alimentari per dare loro pasti caldi”. Padre Abboud chiede anche forniture di medicine e finanziamenti per garantire il riscaldamento delle strutture d’accoglienza, visto che l’inverno è alle porte. “Se dovesse arrivare la guerra ci faremo trovare pronti per aiutare la gente – evidenzia il presidente della Caritas – in caso contrario useremo questo raccolto per aiutare i poveri”. Intanto i primi sfollati dal sud stanno raggiungendo i parenti che vivono nelle altre aree del Paese e le famiglie che accolgono iniziano a rivolgersi alla Caritas per un aiuto concreto.
Un appello per gli aiuti
“Il popolo libanese non vuole assolutamente essere coinvolto in questa guerra scoppiata in Palestina”, rimarca poi Padre Abboud, “anche Hezbollah ha detto che non parteciperà al conflitto, ma nelle guerre non ci sono certezze, non possiamo dire di essere al sicuro, per questo ci siamo preparati a tutte le eventualità”. Il religioso pone anche la questione della grande comunità palestinese che vive da decenni in Libano con la quale la convivenza non è stata sempre semplice: “Sul nostro territorio abbiamo palestinesi, abbiamo siriani, abbiamo quindi il perenne timore riguardo a cosa può succedere nel futuro, per questo tanti libanesi lasciano il Paese per cercare una vita in pace all’estero”.
Infine il presidente della Caritas ricorda che tutto questo succede mentre il Libano è afflitto da una crisi interna, sia economica sia politica, senza precedenti. “Non c’è un governo, non si riesce ad eleggere un presidente della Repubblica, per questo tutta la Chiesa libanese ha deciso di aumentare lo sforzo per aiutare il popolo”. Il religioso ringrazia per il ruolo svolto sia dai libanesi della diaspora che, con i loro aiuti, consente alle famiglie rimaste in patria di sopravvivere, sia dalle donazioni delle Chiese occidentali. “Faccio un ultimo appello a non lasciarci soli, purtroppo nel 2023 stiamo registrando una diminuzione degli aiuti economici del 40%”.
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