Violenze in calo in El Salvador, il cardinale Rosa Chávez: "Il prezzo però è molto alto"
Patricia Ynestroza e Luana Foti – Città del Vaticano
El Salvador, il Paese più piccolo del continente americano ha smesso di essere lo Stato più pericoloso d’America. E il suo presidente, Nayib Bukele, ha celebrato questo risultato di fronte all’Assemblea generale delle Nazioni Unite attribuendolo alla misura dello Stato d’eccezione che ha imposto nel Paese dal 27 marzo 2022. Dopo aver partecipato ai lavori sinodali, il cardinale Gregorio Rosa Chávez, primo vescovo ausiliare della storia a ricevere la porpora e primo cardinale di El Salvador, condivide con Vatican News le sue preoccupazioni circa lo Stato d’eccezione vigente nel suo Paese d’origine e la garanzia dei diritti umani della popolazione salvadoregna. “Bukele dice che ha bisogno di avere i tre poteri dello Stato allineati e un tavolo pulito per raggiungere il suo obiettivo di portare la sicurezza nel Paese. Tuttavia, davanti alle Nazioni Unite, non ha mai menzionato la situazione dei diritti umani nel suo Paese”, dice il cardinale.
Lo Stato d’eccezione e i diritti umani
Lo Stato d’eccezione, la cui proroga è stata approvata per oltre un anno e mezzo dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite, ha implicato la sospensione di molte garanzie costituzionali come la libertà di espressione, riunione e associazione, il diritto alla difesa, l’inviolabilità della corrispondenza o la durata massima della detenzione amministrativa. E ha permesso l’arresto di 72 mila persone, anche se oltre 7 mila sono state liberate dopo mesi perché si trattava di detenzioni arbitrarie.
“Il disprezzo per la dignità umana è il prezzo della drastica riduzione della violenza”
Da 106 omicidi in media ogni 100 mila abitanti nel 2015, El Salvador potrebbe chiudere il 2023 registrando un tasso di omicidi pari a 3,4 omicidi ogni 100 mila abitanti, stima il centro studi sulla criminalità organizzata in America Latina e i Caraibi In Sight Crime. “Il piano sta funzionando perché da quando questo progetto (si riferisce allo Stato d’eccezione) è stato messo in marcia abbiamo un Paese con pochi omicidi. Però, il prezzo che stiamo pagando è altissimo: il disprezzo della dignità umana”, spiega il cardinale Rosa Chávez. E continua dicendo che questo contraddice la visione della Chiesa secondo la quale la persona umana deve stare al centro, “il che significa che ogni uomo e ogni donna devono sentirsi realmente a casa nel proprio Paese, contenti e senza timori, in un clima di serenità e pace”. Questo, dice rammaricato, è quello che hanno perso i cittadini salvadoregni con lo “Stato d’eccezione” che dura da oltre un anno e mezzo.
La linea della Chiesa
Rosa Chávez dice che la Chiesa chiede di essere una comunità in cui tutti si sentono rispettati nel proprio modo di essere, di pensare di offrire il meglio di ognuno e costruire insieme il bene comune. E ribadisce che è questo ciò di cui ha bisogno il Paese “perché nello stato di eccezione tutto questo si perde, visto che non esiste la libertà di esprimersi liberamente, di avere il diritto a un giudizio giusto e al dovuto processo. La Chiesa ha sempre lottato per questi ideali. Il suo proposito è che il Vangelo di Gesù cristo si converta in fratellanza e pace, in una sana convivenza che renda felice la vita”.
La situazione dei detenuti
Il cardinale ricorda che Bukele ha parlato davanti all’Onu dei risultati ottenuti sulla diminuzione della violenza senza toccare il tema dei diritti umani dei detenuti. “Bukele all’Onu ha detto che grazie al fatto che i criminali stanno in carcere, abbiamo un Paese che gode della pace. Però, non ha parlato di quello che succede dentro le carceri. Certamente, le misure repressive estreme che lui aveva promesso le sta compiendo. Ma le testimonianze di chi è riuscito a recuperare la libertà sono preoccupanti. Quello che sappiamo che succede là dentro fa paura. Di fronte a questo dramma umano, i cardinali salvadoregni chiedono dal principio l’umanizzazione della realtà carceraria”. Perché, come dice il porporato, la persona umana “deve stare al centro di qualsiasi progetto politico e la sua dignità deve essere rispettata anche se si tratta del peggiore criminale”.
Il messaggio di monsignor José Luis Escobar Alas
In nome di tutti i vescovi, monsignor José Luis Escobar Alas, arcivescovo di San Salvador, ha ribadito questa posizione nell’omelia del 6 agosto, durante la solennità della trasfigurazione del Signore, festa titolare della repubblica di El Salvador. Nel messaggio si ribadisce l’urgente necessità di "umanizzare la realtà vissuta nelle carceri". Inoltre, è stato ricordato che nella detenzione dei membri delle bande sono stati coinvolti molti ragazzi innocenti, motivo per cui tra le richieste avanzate dall'arcivescovo, vi è la liberazione degli innocenti, dare assistenza spirituale ai detenuti, il diritto all'assistenza sanitaria, affrontare “con urgenza i gravi problemi di salute di molti di loro”, incoraggiare un uso utile del tempo libero e facilitare i processi educativi.
Cosa direbbe monsignor Romero davanti a questa situazione?
Ancora il cardinale Rosa Chávez ricorda le parole del Papa in una lettera all’arcivescovo in occasione della beatificazione di San Romero, con le quali definiva il nuovo Santo “un nuovo Mosè che ha ascoltato il clamore del popolo”. “I pastori di questo Paese - dice - avendo questo modello, sono chiamati a essere pastori che aiutano ogni persona a sentirsi popolo, non semplice massa, a sperimentare che Dio è vicinanza, tenerezza e misericordia come tante volte ripete il Vicario di Cristo. Per questo, non solo dobbiamo dare la buona notizia di Gesù, il Vangelo, ma anche essere noi stessi una buona notizia. E non convertirci in puri amministratori o funzionari”.
La paura, la protagonista dello stato d’eccezione
Infine, il cardinale ha detto che quando si vive in uno stato d’eccezione, la paura è la principale protagonista. La paura paralizza: “Molta gente nel mio Paese è vittima della paura. È naturale che sia così quando non c’è nessuno che ci difende dalle arbitrarietà che commettono gli agenti dello Stato”. La Chiesa nel El Salvador ha la missione del “Buon Samaritano” che si è fermato davanti allo straniero, lo ha visto con occhi di compassione, si è avvicinato a lui per curare le ferite e dargli supporto. “Questa è la missione della Chiesa nel El Salvador in tempi di “stato d’eccezione”: essere una chiesa samaritana. Non è facile, però è necessario. Che il Signore ci aiuti affinché non passiamo oltre indifferenti a quello che sta succedendo”, dice il cardinale Rosa Chávez.
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