Il senso di Manzoni per la fede
Marina Tomarro - Città del Vaticano
Un’opera che spesso si conosce tra i banchi di scuola, ma di cui i personaggi rimangono nel cuore per sempre. Sono questi “I Promessi Sposi”, il capolavoro letterario scritto da Alessandro Manzoni nel 1827, dopo una primissima edizione del 1823 che l’autore aveva intitolato “Fermo e Lucia”. Figure emblematiche i protagonisti, i due fidanzati Renzo e Lucia, la madre di lei Agnese, e poi fra Cristoforo, don Abbondio, la monaca di Monza, l’Innominato, il cardinale Federico, perfino le figure negative di don Rodrigo e dei bravi, restano immortali nella mente di chi li ha incontrati. Se ne è parlato al convegno, promosso dalla Diocesi di Roma, sul tema “Fede e letteratura: il caso Manzoni a 150 anni dalla morte”, svoltosi alla Pontificia Università Lateranense, che ha voluto riflettere sull’opera manzoniana alla luce di una visione cristiana.
La Provvidenza: un filo rosso che attraversa il romanzo
“I Promessi Sposi sono sicuramente una grande opera letteraria - ha spiegato il cardinale Gianfranco Ravasi, presidente emerito del Pontificio Consiglio della Cultura - con una dimensione alta anche dal punto di vista linguistico. Un romanzo di grande intensità anche per la sfilata dei personaggi che vengono introdotti e di cui impariamo a conoscere ogni figura in maniera completa, sia dal punto di vista interiore che esteriore. Ma soprattutto, I Promessi Sposi rappresentano un testo di importanti dimensioni teologiche. Infatti troviamo il male, la storia, ma anche la redenzione, attraverso l’azione segreta, all’interno degli eventi, da parte di Dio, con la sua Provvidenza. E poi c’è anche il tema del perdono come legge fondamentale delle relazioni interpersonali e, alla fine, il tema del messaggio biblico in quanto tale, che ci ricorda soprattutto che da un lato l’umile viene esaltato alla luce di Dio, mentre chi è prepotente alla fine viene giudicato”.
La mano di Dio che non abbandona mai
Tra i passi più celebri dell’opera manzoniana “L’addio ai monti”, ossia le riflessioni malinconiche di Lucia mentre una barca la porta lontano dal suo paese natio, dal quale è dovuta fuggire per allontanarsi dalle morbose attenzioni di don Rodrigo. Pensieri che però si concludono con un affidamento alla volontà di Dio: “Chi dava a voi tanta giocondità è per tutto; e non turba mai la gioia de' suoi figli, se non per prepararne loro una più certa e più grande”. “Manzoni aveva un forte senso della prova e un forte senso del male del mondo - ha sottolineato il porporato -, eppure tutto il suo discorso mostra che se da un lato c’è certamente la prova, accanto, però, c’è sempre la mano di Dio, o comunque una presenza che riesce a dare alla fine una gioia maggiore, nonostante il molto dolore. Quindi, questa è una grande lezione, anche per l’umanità contemporanea, che non deve mai isterilirsi o disperarsi, ma continuare ad avere lo sguardo alto verso una speranza da conquistare attraverso un sentiero d’alture”.
Il tempo della notte nel romanzo
Il cardinale, nel suo intervento, ha ricordato anche il modo in cui Manzoni ha raccontato la notte nel suo romanzo. Che può rappresentare il tempo della dannazione, come per don Rodrigo, quando dopo una notte di bagordi si accorgerà di avere contratto la peste e sarà portato a morire in un lazzaretto, o il momento della redenzione, come quella dell’Innominato, che dopo il colloquio con il cardinale Federico Borromeo sente nascere in sè un uomo nuovo, o ancora l'attesa della salvezza, come la notte di preghiera e speranza di Lucia nel castello dell’Innominato. “La tenebra è la componente fondamentale dell’esistenza di tutti - ha evidenziato il cardinale Ravasi - anche la tenebra religiosa, cioè perdere il senso di Dio, per esempio, e sentirlo come un imperatore impassibile, lontano e remoto. Invece, si vede nei Promessi Sposi che la notte delle persone semplici, come ad esempio quella di Lucia, è sempre attraversata da una luce segreta, magari soltanto una lama di luce che fa sperare, ma soprattutto la notte, come nel caso dell’Innominato, può essere trasformata in un’alba di speranza”.
I promessi sposi: un esempio ancora attuale
Renzo e Lucia sono una coppia di sposi promessi in una storia ambientata nel seicento, ma la loro perseveranza nel non arrendersi a rinunciare al matrimonio e al per sempre diventa un esempio anche per le coppie di fidanzati del nostro tempo. “Ho notato che Papa Francesco ama citare spesso I Promessi Sposi - ha spiegato il professor Rosario Chiarazzo, direttore dell’Ufficio diocesano per la pastorale scolastica - proprio per il loro fidanzamento molto tumultuoso. Anche oggi le relazioni sono spesso complesse, hanno delle difficoltà, però l’importante è che non venga mai meno la finalità che lega due persone, cioè l’amore. Infatti, alla fine, ciò che lega tutti questi personaggi, malgrado le tante vicissitudini, è proprio questo amore sorretto da una fede che li accompagna ogni giorno della loro esistenza”.
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